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I giornali su Boban e Maldini: “ruoli così decisivi non si improvvisano dalla sera alla mattina”

La gestione del caso Giampaolo ha dimostrato l’impreparazione e l’assenza di mestiere dei due dirigenti rossoneri che adesso sono chiamati a fare blocco perché presto saranno giudicati

I giornali su Boban e Maldini: “ruoli così decisivi non si improvvisano dalla sera alla mattina”

“Campioni si nasce, dirigenti si diventa. Forse, magari, chissà”.

Sono le parole di Gigi Garanzini su La Stampa. E riassumono bene ciò che si legge oggi sui giornali a proposito del ruolo dei dirigenti del Milan, leggi Maldini e Boban, nell’esonero di Giampaolo.

Un esonero che ha assunto le tinte del grottesco. Con l’allenatore che comprende guardandoli in faccia di essere ormai fuori dal progetto (nonostante la vittoria sul Genoa). Che aspetta un faccia a faccia con la società che non arriva. Che, dopo due giorni di silenzio e i media che già parlano di ricerca del successore, deve accontentarsi della telefonata di chi, più di ogni altro, lo aveva voluto al Milan, Maldini, che invece lo saluta ringraziandolo. Solo per citare alcuni degli episodi che hanno fatto da corollario alla questione.

Una gestione disastrosa, quella della panchina rossonera. Che i commentatori addebitano appunto a Boban e Maldini, colpevoli di essersi improvvisati dirigenti senza averne né la stoffa né la preparazione.

A proposito di Maldini, Gigi Garanzini ricorda che si era tenuto lontano da qualsiasi offerta o lusinga gli fosse arrivata per un ruolo da dirigente, fino a quella della nuova proprietà rossonera. Ha ceduto solo perché Elliott forniva garanzie rassicuranti e anche un po’ perché, avendo appena compiuto 50 anni, forse non ce ne sarebbero state altre.

A distanza di 15 mesi, però, c’è da chiedersi innanzitutto se lo rifarebbe e poi, cosa più importante,

“se la coabitazione con Boban rappresenti un valore aggiunto o non piuttosto una diminutio, se è vero per esempio, come si racconta, che la scelta di Giampaolo è da ascrivere a lui, Maldini, e la decisione di cacciarlo a quell’altro, Boban”.

Di certo, il Milan sta vivendo “un cortocircuito in piena regola”.

La panchina di Giampaolo è stata in bilico, poi salva, poi è arrivato l’esonero,

“la cui ufficialità tarda perché, guarda un po’, va trovato e possibilmente annunciato il sostituto”.

E qui subentra anche la cattiva gestione del caso Spalletti. Si dice, scrive Garanzini, che fosse già la tentazione del Milan prima di Giampaolo. Ma la società scopre

“proprio all’ultimo, con tutto il tempo che avrebbe avuto mentre il feeling con Giampaolo calava a vista d’occhio, che Spalletti avanza soldi dall’Inter e non è disposto a rinunciarvi. Così nel giro di poche ore ripiega su Pioli che in questo modo, prima ancora dell’investitura, è già un allenatore dimezzato. Oltre che contestato dalla piazza”.

Ma per trattare la scelta di un allenatore o il suo cambio ci vogliono astuzia e mestiere, scrive Franco Ordine sul Corriere dello Sport.

Nel caso di Spalletti, ad esempio, Maldini e Boban avrebbero dovuto sapere che era sotto contratto con l’Inter e che,

“prima di sondarne la disponibilità a raccogliere l’eredità di Giampaolo, era indispensabile liberarlo da quel vincolo per avere le mani libere e discutere della nuova intesa”.

Non solo,

“in questi casi sarebbe stato opportuno un sondaggio preventivo presso la dirigenza interista per capire le intenzioni del club coinvolto indirettamente nel negoziato. Fosse stato realizzato, avrebbero scoperto un particolare molto interessante che consigliava Marotta e Ausilio a non considerare la possibilità di regalare un “incentivo all’esodo” all’ex Spalletti. Eccolo: per effetto delle regole del FFP, il costo del contratto del tecnico di Certaldo e del suo staff esonerati, valore 24 milioni al lordo delle tasse, è stato inserito come posta passiva nel bilancio chiuso il 30 giugno scorso. Pertanto, nel caso di rescissione consensuale del rapporto con Spalletti, l’Inter avrebbe guadagnato per il prossimo bilancio una plusvalenza di quasi 20 milioni (4 sono stati già versati da luglio a settembre), come se avessero ceduto un calciatore per quella cifra. Perciò sono stati intransigenti”.

Due ex campioni non devono per forza essere grandi dirigenti, scrive Pedullà sullo stesso Corriere dello Sport.

Maldini e Boban non hanno

“il background che serve in occasioni del genere, non per colpa loro, ma perché hanno avute poche (scarse, rare) possibilità di studiare. E un ruolo così decisivo non può essere improvvisato dalla sera alla mattina. Al massimo ci sarebbe qualche backstage di frizioni, nervosismi, spaccature nelle idee”.

A questo punto, augurando a Pioli tutto il meglio, c’è solo da augurarsi che Maldini e Boban facciano blocco.

“Intuendo come le spaccature siano la peggiore cosa in una nuova avventura, immaginando che il loro lavoro sarà giudicato inevitabilmente presto. Le prime avvisaglie non sono certo buone. Se Pioli facesse male, non potrebbe esserci la versione di Paolo e quella di Zvonimir. Conta solo il Milan, il bene del Milan, l’unanimità per il Milan. E il ritardo è già considerevole”.

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