I giornali bocciano l’olandese protagonista di un altro fallo di mano. Stavolta l’arbitro non ha potuto non fischiarlo. È costato 75 milioni

Scrive Maurizio Crosetti su Repubblica che in camera caritatis Allegri lo aveva detto, aveva informato che De Ligt non era il giocatore adatto.
Prosegue intanto l’asimmetria del ragazzo De Ligt: ogni suo fallo di mano (due volte su tre è rigore) viene pagato a peso d’oro. L’olandesone non è tranquillo, e forse nel difendere non è neanche così enormemente forte come si credeva (in camera caritatis, Allegri lo aveva confidato agli amici).
Di lui si occupano questa mattina i quotidiani. È stato lui a commettere il fallo di mano che ha provocato il rigore per il Lecce. La scorsa settimana un altro suo fallo di mano è stato graziato dall’arbitro, altrimenti sarebbe stato rigore per il Bologna. Rigore che solo per Nicchi non c’era. Lo sappiamo: quando c’è di mezzo la Juve, la già precaria obiettività di Nicchi si annacqua ulteriormente.
Scrive il Corriere dello sport:
Ma cos’ha De Ligt? (…) Se leggiamo dentro la stessa partita, notiamo il Matthijs double face che non fa certo bene alla salute. Anche ieri a Lecce: primo tempo dignitoso. Ma anche dentro il primo tempo di via del Mare lo abbiamo notato spaesato da perdere i collegamenti, da farsi scavalcare, come se avesse bisogno di una continua spinta psicologica. E l’ennesimo braccio da rigore, poi trasformato da Mancosu, non lo ha reso sereno. Nel finale qualche uscita sbagliata, un appoggio impreciso, come se lui stesso volesse interrogarsi e non si desse spiegazioni logiche o plausibili. Ora, si potrebbe andare su Demiral, il sostituito naturale, ma significherebbe perderlo. Oppure confidare che il tempo medichi le ferite e gli consenta di acquisire la sicurezza smarrita. Non è una cosa semplicissima. Alzi il braccio chi si aspettava un De Ligt così. No, così no: per il momento il braccio lo alza soltanto lui, purtroppo per la Juve.
La Gazzetta gli rifila 5 in pagella:
Non ci siamo. E non soltanto per il rigore che può succedere (ma a lui più spesso). Timido in impostazione, fuori tempo di testa, come avesse perso le certezze.