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Napoli-Brescia, brutto secondo tempo, ma non esageriamo col pessimismo

C’era da superare la pesante eredità della partita persa contro il Cagliari. Mertens si è dimostrato leader in campo e fuori

Napoli-Brescia, brutto secondo tempo, ma non esageriamo col pessimismo
Napoli-Cagliari non è stata solo un’amara beffa per un match nel quale gli avversari sino all’ottantasettesimo minuto non avevano mai fatto sporcare i guanti a Meret: oltre i tre punti persi, quella partita ha lasciato anche diversi strascichi, tutti emersi nel sofferto (e giocato male) secondo tempo degli uomini di Ancelotti contro il Brescia. La prima eredità avuta dalla partita contro i sardi è stata l’espulsione di Koulibaly: contro la squadra di Corini l’assenza del fortissimo difensore senegalese si è rivelata più pesante del previsto, soprattutto dopo le premature uscite dal campo di Manolas -a prescindere dal secondo gol con la maglia azzurra, il greco ha giocato la sin qui migliore partita ufficiale col Napoli- e di Maksimovic.

La pesante eredità della partita persa contro il Cagliari

Sicuramente nel secondo tempo si è concesso troppo a Balotelli e compagni, ma non va dimenticato la sostanziale differenza esistente, per qualunque squadra al mondo, tra giocare con i centrali titolari e trovarsi invece a partita in corso con una linea difensiva totalmente inedita, composta dal quarto centrale per minutaggio in rosa (Luperto), un’altro calciatore (Di Lorenzo) al suo esordio in quel ruolo e da un terzino (Hysaj) che in stagione non aveva giocato nemmeno un minuto. Soprattutto, però, la sconfitta con il Cagliari ha tolto tante certezze a un gruppo che ora avverte inconsciamente di non poter sbagliare più nulla, se vuole continuare a stare attaccato al treno delle prime in campionato: in particolar modo dopo aver subito il gol di Balotelli -quando la coppia centrale era già diventata Di Lorenzo-Luperto, disimpegnatasi per il resto della partita piuttosto bene- gli uomini di Ancelotti hanno giocato con la paura di subire una nuova beffa nel finale. Uno stato d’animo che li ha fatti muovere in campo non più liberi di testa e sbagliare così le scelte quando avevano il possesso palla, sino a perdere la caratteristica capacità di palleggio insita nel dna della squadra.

Due pesi e due misure

Il Brescia tecnicamente è decisamente più scarso del Napoli e questa deve essere la premessa di ogni ragionamento, ma non va nemmeno dimenticato che in questo momento la squadra lombarda gioca con entusiasmo e fiducia: è arrivata al San Paolo avendo vinto entrambe le trasferte affrontate (a Cagliari e Udine) e solo qualche giorno fa aveva costretto la Juve -che già tanti disfattisti napoletani dopo sei giornate vedono irraggiungibile per il Napoli- a vincere, grazie anche a un autogol, proprio per un 2-1, un punteggio qui tanto contestato.
Del resto è questo il metro di giudizio che contraddistingue tante analisi sul Napoli: contro i sardi la prova è stata perfettibile, ma in ogni caso la squadra azzurra ha tirato diciassette tiri in porta (centrando due volte i pali), il portiere avversario è stato il migliore in campo, mentre Meret non ha subito un tiro nello specchio della porta per ottantasette minuti. Poiché però alla fine il Napoli ha perso quella partita, tutto, non solo il risultato, è stato un disastro. Mentre invece all’Inter, altra squadra che adesso viene decantata come fortissima, che contro i rossoblu alla seconda giornata aveva prodotto molto di meno (in quanto a tiri verso la porta sarda e controllo della partita tramite possesso palla), ma aveva vinto, si dedicano peana, schiavi come si è nel giudizio del solo risultato. Tutti hanno già dimenticato la bruttissima prova offerta dai nerazzurri contro lo Slavia Praga e che nemmeno due settimane fa il Napoli sconfiggeva invece i campioni d’Europa, i quali, per inciso, in Premier League continuano a essere a punteggio pieno. Si valuta solo l’ultimo (al massimo si può risalire al penultimo) risultato, mentre l’andamento della partita è un particolare insignificante. Il nome dell’avversario e il suo stato di forma non contano quasi mai: anzi, può essere citato solo per sminuire quanto di buono fatto, vedasi quanto accaduto dopo la vittoria con il Liverpool, dato grossolanamente per bollito e che poi ha invece vinto anche le tre partite successive a quella del San Paolo.
Non sorprende così, che a settembre per molti commentatori questa stagione sia già quasi compromessa e che invece Inter e Juventus possano dormire sonni tranquilli per i loro sogni di vittoria.

Un Napoli diverso da quello della scorsa stagione

Per carità, contro il Brescia si sono visti tanti difetti ancora strutturali in questa squadra molto forte, capace anche di divertire quando è sgombra con la testa, come accaduto anche in tante fasi del primo tempo contro i lombardi. Con una formazione che ha visto tra i titolari il rientro di Ghoulam e Fabian Ruiz, disposto come centrale di centrocampo, il riposo di Insigne e lo schieramento di Zielinski come esterno di sinistra (una curiosità: il polacco sinora è l’azzurro col maggiore minutaggio in stagione,  per pochi minuti davanti a Callejon, Di Lorenzo e Fabian) si sarebbe potuto chiudere i primi quarantacinque minuti di gioco con un vantaggio ancora più ampio. Sarebbe stata però necessaria una maggiore voglia di segnare e un pizzico di minore voglia di rimirarsi nella qualità del palleggio: l’unico che non soffre di questi problemi è Llorente, contro il Brescia autore di un’altra prova positiva. L’attaccante nato traentaquattro anni afa  Pamplona è davvero bravo sulle palle alte (un aspetto nel quale, considerando anche le doti in tal senso di Manolas e Di Lorenzo, il Napoli di questa stagione è molto migliorato), ma anche nel dialogare con i compagni e a fornire un’alternativa -i cross alti dal fondo- per arrivare al gol, rispetto all’ormai tradizionale fraseggio insistito delle punte del Napoli. Vedendo giocare l’ex Tottenham, si capisce ancora meglio come Milik -ottimo giocatore che non appena avrà ritrovato la piena condizione fisica saprà trovare spazio e gloria nelle prossime settimane- non sia mai stato, per fisico e movimenti, una prima punta nel senso classico del termine, come invece lo è Llorente.

Mertens leader in campo e fuori

La partita è stata sbloccata da un gol (su assist di Callejon, il quarto in questo primo scorcio di 2019-20 per lo spagnolo) di Mertens l’altro attaccante schierato titolare nella coppia di attacco, quella che attualmente sembra la più affidabile nel rendimento tra quelle a disposizione di Ancelotti. Il belga è sempre più leader di questa squadra: non solo per il quinto gol stagionale -che aumenta il distacco con i compagni come bomber della squadra- ma per come rappresenta, per esperienza e carattere, un punto di riferimento, forse il più importante, per la tifoseria e lo spogliatoio. Le sue parole nel post-partita, severe verso il secondo tempo giocato da lui e dai compagni, sono quelle di un trentaduenne calciatore maturo, che sa di potersele permettere.
Gli infortuni ai difensori centrali a partita in corso hanno sicuramente cambiato i piani in corsa di Ancelotti, che avrà voluto tenerlo fresco per il prossimo sprint tra Champions e Torino, ma non si può negare che esista al momento un problema Lozano: l’acquisto più costoso della storia del Napoli, nelle ultime tre partite ha giocato soli ottantasette minuti. Molto probabilmente l’ex PSV sta vivendo solo una fisiologica fase di adattamento al calcio italiano e i timori di chi teme non stia giocando in un ruolo a lui congeniale presto svaniranno: Ancelotti però, che tanto lo ha voluto, sembra convinto che l’attuale posizione occupata nel Napoli dal messicano non sia un problema e, sino a prova contraria, non si può non credergli.
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