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Il Napoli 2.0 di Ancelotti, una squadra pensata e costruita per vincere in molti modi

L’identità del Napoli è evidente, con la novità del doble pivote e lo sviluppo del gioco in ampiezza. Oltre alla capacità di ribaltare l’inerzia mentale del match

Il Napoli 2.0 di Ancelotti, una squadra pensata e costruita per vincere in molti modi

Siamo solo all’inizio

Fiorentina-Napoli è stata una classica partita di inizio stagione, in cui le due squadre in campo hanno mostrato le loro intenzioni (tattiche) rispetto all’anno che verrà, non certo la loro versione definitiva. Ciò che si è visto allo stadio Franchi è anomalo per quanto riguarda le dimensioni del punteggio, difficilmente si rivedranno 7 gol in un match della Fiorentina o dello stesso Napoli; però si rivedranno gli stessi atteggiamenti, gli stessi meccanismi, solo più precisi ed efficaci, perché rodati e magari non condizionati da situazioni contingenti – l’entusiasmo per la prima in casa della squadra viola, il rigore che ha sbloccato il risultato dopo pochi minuti, gli episodi che caratterizzano ogni partita, in senso assoluto.

Allora partiamo da ciò che si è visto e che – presumibilmente – si rivedrà. Il Napoli è entrato in campo con spaziature e posizionamenti ormai consolidati: 4-2-3-1 come modulo solo potenziale, perché in realtà lo schema di Ancelotti è molto rigido in fase difensiva (4-4-2 puro) ed estremamente liquido in quella offensiva. Questa fluidità si nota facilmente nello screen sotto, che mostra le posizioni medie degli azzurri in possesso di palla. Praticamente un 2-4-4, con Fabián Ruiz nello slot ibrido di sottopunta, più spostato verso destra, alle spalle di Mertens. La grande novità riguarda il doble pivote: Allan ha occupato soprattutto il centrosinistra, mentre Zielinski si è mosso – con maggiore libertà rispetto al brasiliano – sul centrodestra.

Gli schieramenti di Fiorentina e Napoli nei primi 45 minuti di gioco

La Fiorentina, come si percepisce dall’immagine sopra, ha risposto con un 4-3-3 classico; Badelj vertice basso davanti alla difesa e Pulgar e Castrovilli in posizione di mezzali. Più che lo schieramento, però, è stato interessante l’atteggiamento della squadra di Montella: aggressivo, intenso, ambizioso. In tutte le fasi di gioco. Il Napoli, a inizio partita, è stato sopraffatto da una Fiorentina che pareva indemoniata. Le esperienze degli ultimi anni ci hanno detto/insegnato che la squadra di Ancelotti – ma anche quella di Sarri – dava il meglio di sé con il pallone tra i piedi, quando riusciva a tenere il possesso palla. Ecco, la Fiorentina ha inibito proprio questo: al 20esimo minuto, il dato dei passaggi effettuati era a favore dei viola (78-76).

In questo modo, la squadra di Montella ha impedito al Napoli di giocare. È un modo offensivo di difendere, però resta appunto una tattica difensiva. Non a caso, tutto si è “risolto” con un rigore procurato (in un’azione episodica) e in una sola conclusione in porta oltre la trasformazione di Pulgar. Tra l’altro, quest’unico tiro è stato scoccato dalla distanza. Come dire: l’ottima partita e l’efficace piano di gioco della Fiorentina sono serviti giusto per limitare il Napoli, inducendo i giocatori di Ancelotti a sbagliare dal punto di vista tecnico. E solo nei primi 20 minuti. Ovvero, l’autonomia fisica di una squadra a inizio stagione, soprattutto a certi ritmi. Dal 20esimo minuto in poi, la squadra di casa ha dovuto necessariamente abbassare la sua intensità di corsa, e da lì il Napoli ha ricominciato a tessere la sua tela. All’intervallo, non a caso, il dato di passaggi effettuati vedeva avanti la squadra di Ancelotti (216 – 177). E il risultato era di 1-2.

La difesa in avanti di Montella: su un retropassaggio, 5 giocatori della Fiorentina salgono in pressing. Ne arriveranno altri 2. Dopodiché la squadra di Montella recupererà il pallone.

Come vuole (vorrebbe) giocare il Napoli

La sensazione, alla fine dei primi 45′, era che il Napoli avesse giocato un primo tempo meno brillante rispetto alla Fiorentina. Il risultato diceva però il contrario, e anche gli indicatori confermavano che l’1-2 non fosse un punteggio del tutto sbagliato: rigori a parte, la squadra di Ancelotti aveva tirato 2 volte nella porta di Dragowski; la Fiorentina, come detto, solo una. Quando l’intensità estrema della Fiorentina è venuta a mancare, il Napoli ha mostrato il suo nuovo volto: la caratteristica più evidente degli azzurri è stata l’utilizzo ripetuto del gioco in ampiezza, che non vuol dire solo avere quattro giocatori (due per fascia) sempre molto larghi, piuttosto significa cercare di azionarli e di fargli arrivare il pallone quante più volte è possibile.

Insigne-to-Callejón, in un’altra zona di campo. Da esterno a esterno, per aprire le maglie della difesa avversaria.

È una conseguenza delle nuove spaziature in campo: il 4-2-3-1 è meno indicato rispetto al 4-3-3 per una risalita dal campo sincopata, attraverso il possesso; manca un catalizzatore centrale di palloni, allora il gioco parte dalle fasce e si esprime ancora sulle fasce, mediante appoggi continui sulle frequenti sovrapposizioni tra terzino ed esterno offensivo, e lo strumento del cambio di gioco. Soprattutto questo aspetto rappresenta una novità per il Napoli: ieri sera, la squadra di Ancelotti ha effettuato 48 passaggi lunghi; 15 di questi sono serviti a cambiare il fronte da una fascia all’altra. I giocatori che hanno utilizzato maggiormente questa soluzione sono stati, nell’ordine, Insigne, Fabián Ruiz e Zielinski. Sotto, una mappa di Whoscored che mostra i loro cambi di gioco.

Il sito Whoscored non permette di visualizzare una mappa con la direzione di tutti i passaggi, ma fidatevi: sono tutti cambi di gioco sull’altro lato del campo.

L’idea del Napoli in fase di possesso è quella di allargare il più possibile il gioco sugli esterni per “richiamare” la squadra avversaria al pressing. Poi, la soluzione più utilizzata è cambiare il fronte per sfruttare il lato debole. È un modo per sfruttare le qualità dell’organico: Insigne a sinistra è più a suo agio rispetto al ruolo di sottopunta; Callejón a destra è sempre perfetto nei tempi di inserimento; Zielinski e Fabián Ruiz hanno il piede per servire con precisione i compagni sull’esterno; Di Lorenzo e Mario Rui sono terzini offensivi, bravi ad appoggiare l’azione.

La ripresa

Il secondo tempo è un’appendice del primo, aggiunge poco alla pura analisi tattica del match. Anzi, la stanchezza delle due squadre ha alimentato la tendenza dei reparti a scollarsi tra loro, ad allungarsi sul campo. I due gol della Fiorentina nascono da azioni casuali (un corner e una grande giocata di Castrovilli e Boateng), i due del Napoli da cambi di gioco (vedi sopra) da sinistra a destra (Insigne-Callejón e Mertens-Callejón con tocco finale di Insigne).

Nel finale, Ancelotti ha modificato un po’ l’assetto della squadra con Elmas che di fatto ha agito come quinto centrocampista in fase difensiva, e poi con Di Lorenzo esterno alto, Hysaj terzino destro di contenimento e Callejón unica punta. Non ci sono altri pattern tattici da segnalare, anche perché – come detto in precedenza – la stanchezza e il clima caldo di fine agosto hanno portato le squadre a smarrire più frequentemente un’impostazione coerente.

Conclusioni (anche se siamo appena all’inizio)

Come detto in apertura, abbiamo assistito a una partita che ha preannunciato cosa vedremo in questa stagione. Il Napoli 2.0 di Ancelotti è una squadra pensata e costruita per vincere le partite in molti modi diversi, non solo attraverso il dominio del gioco (una cosa che sa fare) ma anche dal punto di vista emotivo. Questo vuol dire assorbire un pessimo inizio, gestire situazioni negative, ribaltare l’inerzia mentale. Soprattutto, vuol dire determinare il punteggio. A Firenze, la missione è stata compiuta grazie alla superiorità tecnica ed esperienziale di un gruppo ormai collaudato, soprattutto nei meccanismi offensivi.

Ma restano, ovviamente, delle criticità: lo smarrimento iniziale sulla partenza a mille della Fiorentina e soprattutto l’incapacità di addormentare il gioco con il possesso palla (o con altri strumenti) dopo il primo e il secondo vantaggio. Questo aspetto è migliorato dopo il quarto gol, dal 71esimo in poi il Napoli ha concesso una sola conclusione alla Fiorentina, e solo su azione d’angolo (il tiro di Pezzella finito a lato). Complice, ovviamente, anche la stanchezza della squadra di Montella.

L’identità del Napoli è chiara, evidente. La costruzione di questa squadra è iniziata l’anno scorso, ed è stata consolidata in questo precampionato. Ci sono delle certezze, ora bisognerà lavorare soprattutto sugli aspetti di controllo e gestione, sull’automazione di quei meccanismi (soprattutto difensivi) che non mettono in pericolo e/o tengono al sicuro il numero dei gol, il punteggio. Ad esempio, l’efficacia del pressing: ieri sera, la Fiorentina si è resa (potenzialmente) pericolosa tutte le volte in cui è riuscita a trovare le linee di passaggio che le permettevano di saltare il centrocampo. Un problema di distanze: troppo spazio tra i reparti, per difficoltà fisiche e di assemblaggio del nuovo assetto, ancora più ambizioso rispetto al passato.

Una delle pochissime occasioni potenziali per la Fiorentina dopo il gol del 3-4. Come si vede dagli ampi spazi vuoti, il Napoli ha gestito male le distanze tra i reparti.

Il fatto che ieri sera, al Franchi, gli uomini di Ancelotti non si siano mai scomposti è segno di maturità. Come dire: hanno segnato tutte le volte che volevano. O meglio: tutte le volte che ne avevano bisogno. Sono serviti 4 gol perché la Fiorentina è stata brava e fortunata a trovarne 3, eppure non è bastato ai viola – che hanno le potenzialità per mettere in difficoltà chiunque, soprattutto al Franchi. Se tanto mi dà tanto, se il Napoli migliora laddove deve migliorare, difficilmente subirà di nuovo 3 gol. Ma ha dimostrato di avere gli strumenti per poterne realizzare 4 con relativa facilità. Quindi pure con una certa frequenza. Non male, come punto da cui ripartire.

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