Tuttosport dedica due pagine al dirigente del Napoli che scrive romanzi. «Boniek mi disse: “se sapessi anche giocare a calcio, saresti perfetto”»
Oggi Tuttosport dedica due pagine a Paolo De Matteis team manager del Napoli. Ruolo che ricopre dal 2013. Sì proprio quel ruolo che tanti tifosi sostengono che a Napoli non esista, il ricordo tra le varie anime del club, il cuscinetto tra presidenza,. allenatore, giocatori. De Matteis ha una particolarità, ama scrivere e ha già pubblicato due romanzi. Il terzo, lo ha appena concluso. Nelle due pagine di di intervista ci si sofferma molto, e giustamente, sulla scrittura.
Ma racconta anche la sua carriera di calciatore. Ha giocato in Serie C. Era terzino sinistro, all’occorrenza anche mediano. Di quantità, precisa, non di qualità. Ricorda il suo percorso.
Sono cresciuto nel vivaio della Lazio, sì. Poi a 17 anni l’Atalanta mi prese. Così partii da Roma. Fu la prima volta in cui cominciai a vivere lontano da casa, dai genitori. Da solo. A Bergamo rimasi nel settore giovanile nerazzurro per 3 mesi. Poi me ne andai. Per nostalgia. Tornai a Roma. Più avanti mi pentii.
E “Vanessa Atalanta” fu il titolo del suo primo romanzo. Oggi, anni dopo, non ha rimpianti per la sua carriera di calciatore.
Boniek
Ricorda che con la Sambenedettese hai avuto Boniek allenatore. Racconta un aneddoto:
Un giorno gli feci: “Mister, domani non potrò venire all’allenamento, ho un esame di Sociologia”. E lui: “Ah sì? Studi? Caro Paolo, se tu sapessi anche giocare saresti perfetto!”.
Si laureò in sociologia. A Napoli è arrivato subito dopo Mazzarri, con Benitez. Lo portò Bigon. Descrive i tre allenatori con cui ha lavorato.
«Benitez mi ricorda Cervantes, l’autore del Don Chisciotte. È un uomo ironico, intelligente».
Ancelotti
«Anche Ancelotti è un monumento vivente: come tecnico, ovviamente, ma anche come persona. È di un livello assolutamente superiore. Mi fa venire in mente l’eroe dei due mondi, Garibaldi: è andato dappertutto e ha vinto dappertutto. È un uomo molto intelligente, aperto, con un afflato internazionale, ha una visione a 360 gradi su tutto. È molto semplice e umile nella sua grandezza».
Sarri
«Sarri mi ricorda l’Enrico IV di Francia. Quello di “Parigi val bene una messa”. Che comunque fu un personaggio storico importante. Inseguì per tutta la vita un ideale, finché poi ce la fece a diventare sovrano. Dovette abiurare, però. Cambiare religione».
La scrittura
Della sua passione dice: «Certe volte mi pare che i polpastrelli si muovano da soli sulla tastiera del computer. D’altra parte l’ispirazione è come inseguire un pallone che rotola: gli corri dietro, lo controlli, lo passi e vai avanti. E io in vita mia ho inseguito tanti palloni. E da anni inseguo l’ispirazione: un’idea, un personaggio, una storia, una frase. Scrivere mi procura una felicità incredibile: per esempio quando trovi l’aggettivo ideale, a lungo ricercato. Quando metti una virgola perfetta. E devo dire che ricevo da anni molti complimenti, i miei libri sono piaciuti a tanti. Ma neanche ora mi vanto di essere uno scrittore vero. Io non scriverò mai “Il nome della rosa”. Ho la giusta umiltà».