Van Gaal a France Football: «Il calcio non è solo attacco, Guardiola è troppo estremo»

«È troppo concentrato sul gioco della propria squadra e non su quello dell'avversario. L'arte di allenare è la ricerca dell'armonizzazione di questo equilibrio tra la difesa e l'attacco. Amo i giocatori che hanno visione periferica»

Van Gaal Guardiola

Sull’ultimo numero di France Football ampia intervista all’allenatore olandese Louis Van Gaal che parla di calcio, dell’importanza di studiare gli avversari, di come è cambiata la società. E delle idee di Guardiola. Ve ne riportiamo alcuni stralci.

Il contatto con i giovani 

«Sì, il calcio un po’ mi manca. Mi mancano soprattutto i giovani che mi ispiravano. Oggi trascorro la gran parte del mio tempo con i miei coetanei ed è meno stimolante. I giovani ti preservano dalla vecchiaia. Mi mancano l’intensità del rapporto con loro. Detto questo, il mondo del calcio non è sempre carino, ci sono molte cose che non mi piacciono».

La tv

«Cosa guardo? Guardo la Premier perché è il miglior campionato, il più intenso e il più appassionante. Guardo l’Ajax che quest’anno ha praticato un calcio molto bello. Il Manchester City per Guardiola e il Liverpool per Klopp e il suo stile».

L’importanza della tecnologia 

«Senza il 3D, non si può comprendere la profondità e lo spazio tra le linee e ovviamente i giocatori tra le linee. Nel mio staff, dopo il 2005 ho avuto un assistente che lavorava su quest’aspetto. Max Reckers. Grazie a lui sapevamo qual era la distanza in campo tra difensori e centrocampisti, in larghezza e in profondità. Sono nozioni fondamentali per la posizione in campo. Sacchi utilizzava dei nastri. Io utilizzo la tecnologia, le immagini multidimensionali che poi mostro ai calciatori. L’evoluzione tecnologica ha consentito di mostrare questo ai calciatori e di correggere i loro errori».

L’arte di allenare

«La nozione di spazio è uno degli aspetti più importanti del calcio. La creatività ha bisogno di spazio. E di giocatori creativi. Ma se concedi troppo spazio ai calciatori creativi, viene a mancare l’equilibrio collettivo. L’arte di allenare è la ricerca dell’armonizzazione di questo equilibrio tra la difesa e l’attacco. Guardiola, Klopp e Ten Hag non possono vincere sempre perché lasciano troppo spazio dietro. Vincere la Champions con un calcio offensivo è la cosa più difficile da fare. Perciò molte squadre incentrano il loro sistema di gioco sulla difesa. Oggi la vittoria è più importante rispetto a vent’anni fa».

La visione periferica

«Lo chiamo l’orientamento nello spazio. Amo i giocatori che possiedono una visione periferica, che vedono quel succede davanti come dietro. È così che un difensore può valutare la profondità, prepararsi, calcolare il tempo a disposizione per controllare quel che succede. È questo l’orientamento Sapere dove si è sul campo da gioco. Per me, è un talento innato».

Voi mi avete rovinato Rivaldo

«Credo nella squadra, non nell’individuo. Quando hai hai grandi talenti individuali in squadra, devi adattarti al loro talento. E diventa più difficili costruire una squadra. Rivaldo lo avete rovinato voi di France Football col Pallone d’oro del 1999. Prima, con lui non ho mai avuto problemi. Poi, ha voluto fare solo quello che voleva lui. Neymar gioca solo per sé. Non sono così né Mbappé né Cavani che io adoro. Amo il loro atteggiamento, la forza nel lavoro».

Il calcio non è solo attacco

«Io non penso che il calcio sia solo uno spettacolo offensivo. Perciò resto molto critico. Resto un allenatore dal temperamento offensivo. Ma giocare all’attacco è il cammino più complesso per vincere un titolo importante. Quando si attacca, si è sempre nella metà campo avversaria. E così si lasciano molti spazi dietro, spazi che vanno protetti. È per questo che molti allenatori amano il pressing. È la famosa regola dei cinque secondi, il tempo che si ha per riconquistare il pallone oppure per fare fallo. Ma è difficile perché spesso il giocatore che è in campo, è preso dall’emozione della partita e dimentica di pressare. È un atteggiamento che richiede una vera disciplina. Quando un giocatore dimentica di fare pressing e si hanno di fronte calciatori come Salah, Mané, Firmino che divorano gli spazi, diventa complicato».

Guardiola è troppo estremo

«Non solo Guardiola è troppo estremo. Anche Ten Hag lo è. È il motivo per cui non hanno raggiunto la finale di Champions. Vincere la Premier per il secondo anno consecutivo è fantastico. Quest’anno, Guardiola ha vinto tutto quel che c’era da vincere in Inghilterra. Ma il livello più alto è la Champions. E lui non l’ha vinta né col City né col Bayern. È la conseguenza di essere troppo estremo e troppo concentrato sul gioco della propria squadra e non su quello dell’avversario. Bisogna avere un equilibrio. Lo stesso vale per Ten Hag che deve far tesoro della sconfitta contro il Tottenham. Guardiola l’ha già vissuto ma preferisce continuare a seguire la sua strada. Anche io volevo fare a modo mio ma sempre guardando come gioca l’avversario. È innato nella mentalità olandese di non guardare che le proprie qualità e di ignorare quelle di chi sta di fronte. Ma io non sono così. Primo, devi rispettare l’avversario. Secondo, non è un modo molto intelligente di procedere. Guardiola e Ten Hag allenano squadre che hanno più qualità degli altri nei rispettivi campionati. Ma questo non vale per la Champions. Commisi lo stesso errore col Bayern, nel 2020, in finale con l’Inter».

 

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