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Post Universiadi, ora Napoli si interroga sul futuro degli impianti

La scommessa è stata vinta ma la Campania e Napoli deve vincere la sfida più difficile: stabilizzare il successo e trasformarlo in progetto

Post Universiadi, ora Napoli si interroga sul futuro degli impianti

Adesso viene il bello, ma vengono anche i brividi pensando a quello che potrebbe accadere.

La strada segnata da De Luca

Che ne sarà degli impianti rivitalizzati a prezzo di un investimento di oltre 250 milioni? Il Governatore De Luca è  salito sul podio allestito per lui nel salone della Giunta regionale e ha affermato, con un tono ancora più perentorio del solito, che il successo delle Universiadi ha aperto un nuovo percorso virtuoso.

La strada è stata spianata (da noi), ha detto, e ora la Campania dispone di un complesso di impianti e attrezzature sportive che consentirà a Napoli e alla regione di fare  sport a livello sociale e agonistico ma anche manageriale. Un doppio binario di straordinario impatto, ma, a giudicare dai primi segnali, non c’è pace tra i leader e non c’è chi si preoccupi di mettere in campo una formula giusta di gestione. Che sia una cabina di regia o tante responsabilità affidate ai ventuno Comuni proprietari degli impianti.

La risposta di de Magistris

De Magistris ha risposto alla sua maniera all’invito di De Luca – “continuerò a dare una mano ai Comuni come ho fatto per le Universiadi” – alla sua maniera con un misto di incoscienza e una spruzzatina di orgoglio. “Grazie a tutti, ma facciamo da soli”. E qui, considerati i precedenti, vengono legittimamente i brividi.

Il rischio di far inaridire il seme lanciato, dunque, c’è tutto. Sarebbe un grave errore:  due settimane di gare e la presenza in città di  ottomila ospiti (seimila atleti, duemila addetti) hanno fatto schizzare in alto le cifre del movimento turistico: più 12% nella prima settimana di gare; più 18% nella seconda.

Scommessa vinta

La scommessa, insomma, è stata vinta, insomma, ma conta l’en plein. Per confermare il podio meritatamente conquistato sui campi di gioco, la Campania e più ancora Napoli deve vincere la sfida più difficile: con se stessa. Stabilizzare il successo e trasformarlo in progetto: questa è la mission, ma non è il nostro sport. Durante il festoso happening della miniolimpiade la scintilla è scoccata e l’armonia è stato è stata il valore aggiunto.  Ma ora? Il pericolo che il Governatore e il sindaco riprendano a beccarsi è più forte  che mai.  De Magistris  non è venuto in Regione – varcare quella soglia da semplice primo cittadino, giammai – ma De Luca non ha maramaldeggiato e ha più volte fatto riferimento al nuovo splendente look degli impianti, soprattutto del San Paolo e della Scandone. Ottenuto grazie ai soldi che ho messo io: non lo ha detto ma lo ha sicuramente pensato gonfiando il petto dopo aver annunciato l’incremento del 20% degli acquisti, le 40mila presenze turistiche complessive.

Cifre importanti, ma i nervi sottopelle sono sempre tesi. Come  nei tempi peggiori. Peschiamo nei ricordi partendo dalla settimana velica organizzata da Napoli  nell’ambito della Olimpiade romana del 1960: una macchina perfetta messa a punto da una squadra di volontari illuminati che avevano un solo obiettivo: convincere il mondo, giustamente scettico, che anche alla latitudine napoletana si può fare bene. Senza enfasi ma con determinazione.

Quella volta i santi e i diavoli sempre presenti nella millenaria vicenda partenopea sottoscrissero un patto di non belligeranza, io do una cosa a te tu dai una cosa a me e il momento più esaltante fu il favoloso ballo dei re con la partecipazione di tutte le teste coronate del mondo. Pippo Dalla Vecchia, uno dei “motori” della nostra Olimpiade, a domanda postuma rispose:  “La barca (Napoli) quella volta impose al mondo sportivo un modello organizzativo e di accoglienza e ancora oggi  si dice – e si scrive – che Napoli potrebbe diventare la Newport europea della vela mondiale e fare affari d’oro come base logistica del circuito multi miliardario, ma in realtà non è stato mosso un passo in questa direzione. L’altro esempio clamoroso, lo ricordiamo solo,  è quello delle piscine del dopo-terremoto lasciate a marcire e “riprese” per i capelli con un costo salatissimo per la comunità.

Vinceremo anche la sfida del dopo-Universiade

Il piatto piange, insomma, ed è per questo che siamo molto prudenti nel commentare le promesse di queste ore che possiamo riassumere con uno slogan ascoltato sentito già troppe volte: “Vinceremo anche la sfida del dopo-Universiade”. È possibile ma servono fatti, cioè progetti, e una giusta capacità gestionale che metta insieme i criteri della sana amministrazione degli impianti (70 in tutta la Campania, anche se i “gioielli” della collezione si trovano quasi tutti a Napoli) e della giusta competenza tecnica.

È difficile mettere insieme questi requisiti? Teoricamente no, ma è vero anche il contrario come è avvenuto in questi 14 giorni di gare. Il commissario Basile, che ha diretto egregiamente le operazioni, è uno scettico possibilista: ce l’ha fatta perché, oltre le scelte di vetrina, ha messo in campo una squadra molto competitiva affidando il comando, come suo vice a Davide Tizzano direttore della scuola dello sport del Coni a Formia, capace perfino di organizzare dalla sera alla mattina una piccola azienda di trasporti ce ha garantito i collegamenti casa-impianti a mille atleti. È andata bene, ma ora già sentiamo parlare di bandi e di altri passaggi burocratici. E, puntuali, ritornano i brividi.

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