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Sarri: “Ho rispettato tutti. Adesso dovevo rispettare la mia carriera”

La conferenza stampa di presentazione del nuovo tecnico della Juventus

Sarri: “Ho rispettato tutti. Adesso dovevo rispettare la mia carriera”

La conferenza stampa di presentazione di Maurizio Sarri allenatore della Juventus, con il tecnico toscano il diesse bianconero Fabio Paratici

Paratici:

«Siamo qui per dare il benvenuto a Maurizio Sari con cui abbiamo un triennale fino a giugno 2022»

Sarri:

«Sono contento di essere qui oggi, sono a disposizione per tutte le vostre domande e curiosità e per darvi le informazioni che vi posso dare»

Si può definire la scelta più rivoluzionaria della sua carriera?

«Non lo so, non lo penso. Bisogna avere le idee chiare sul percorso. Tre anni fa arrivo a Napoli e do tutto me stesso perché da bambino ero tifoso del Napoli e perché ho la sensazione che possiamo diventare competitivi. Negli ultimi mesi al Napoli ho un dubbio che è quello tra l’affetto che provavo e la parte più logica di me che mi diceva che il percorso era finito. In questo mio momento la società mi toglie il dubbio e presenta Ancelotti, da quel momento ho delle offerte da società italiane ma preferisco andare all’estero per non passare direttamente dal Napoli ad un’altra italiana. Faccio una bellissima esperienza al Chelsea, nella seconda parte poi sento il bisogno, personale più che professionale, di tornare in Italia e questa opportunità mi è offerta dalla Juventus. Penso che sia il coronamento del percorso. Penso di aver rispettato tutti, nell’ultimo atto dovevo rispettare la mai professionalità»

La sua sensazione?

«È stata forte, non per il quando ma per il come. Ho visto una società determinatissima. Mai visto in tanti anni una società così determinata a prendere un allenatore»

Come vede il calcio italiano rispetto all’estero?

«Non lo so, penso che abbiamo davanti un percorso lungo. Girando per gli stadi in Inghilterra ti rendi conto di come sono le strutture, in Inghilterra ti giri e la panchina è attorniata di bambini, quindi il clima è diverso. Abbiamo una fortuna che, sia per organizzazioni societarie che tecnico tattiche in campo, abbiamo un piccolo vantaggio. Il nostro gioco fa fatica a decollare perché da loro il risultato è un po’ meno importante che qui. Sono contento del fermento che vedo in serie A perché mi sembra sarà un anno molto stimolante con Conte, Giampaolo finalmente in una grande squadra, Ancelotti, Fonseca alla Roma e De Zerbi. Mi sembra che si stia creando un’aria bella frizzante a livello di allenatori e i presupposti per vedere cose interessanti»

Arriva in una società che ha vinto 8 scudetti di seguito. Per la Juventus è la normalità, ma aspira alla Champions. Cosa si aspetta?

«Mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite perché non è dovuto, se una società innesca il meccanismo che un risultato è dovuto non va bene. La Juve in Italia ha l’obbligo di essere la favorita e di fare bene. In Champions ha l’obbligo di partire con l’obiettivo di vincere ma con la consapevolezza che ci sono squadre dello stesso livello. Le responsabilità sono più forti a livello italiano che non europeo»

Sul modulo che userai alla Juve?

«Penso che non si può partire da un modulo per prendere i giocatori, bisogna avere le idee chiare sui giocatori che possono fare la differenza e metterli nelle condizioni di farlo. Negli ultimi anni ho fatto diversi moduli. Il 4-3-3 del Chelsea era molto diverso da quello del Napoli, c’era Hazard da accompagnare. Partiamo dai giocatori e da quali possono fare la differenza e il modulo sarà una conseguenza»

È un traguardo per lei la Juve? Che emozioni ha provato?

«A livello emozionale se avessi avuto tutte le emozioni che mi avete attribuito finora sarei morto di infarto. Non passo dai dilettanti alla Juve, ma ho un percorso lungo. È chiaro che mi fa piacere essere qui però il percorso è fatto di passi. Arrivo dal Chelsea che è un altro grande club anche se con meno storia della Juve. Lo ritengo un ulteriore passo in avanti, ma sono tutti passi molto graduali»

L’effetto di allenare CR7?

«È un’escalation sotto questo punto di vista. È un ragazzo che ha quasi tutti i record che si possano avere nel calcio mondiale e mi piacerebbe fargliene battere un altro»

A Napoli è stato spesso un protagonista anche critico di un certo modo di vivere indicando la Juve come potere costituito e adesso ci si trova dentro. Ha querelato poi il giornalista che lo voleva alla Juve? 

«È un discorso diverso, non dissi al giornalista che lo querelavo per la Juve ma perché dava una notizia priva di fondamento in quel momento. Io penso che ho vissuto 3 anni in cui mi svegliavo la mattina e il primo pensiero era sconfiggere la Juve, il mio dovere morale e professionale era creare tutte le situazioni possibili per sconfiggerla. Ci riproverei, lo rifarei. Poi è chiaro che è un’avversità sportiva e quando finisce, finisce, è finita. Quindi la mia professionalità mi porterà a dare tutto per questa società, tutto quello che ho fatto posso farlo fatto con mezzi e modi sbagliati ma è intellettualmente giusto»

A Napoli è considerato un traditore anche da alcuni giocatori

«Ho qualche messaggio che rimetterebbe tutto in discussione, il giocatore che vive in un certo ambiente dice delle cose per convivere quell’ambiente, poi personalmente si dicono cose diverse. A Napoli ne sono uscito per scelta inconsapevole mia e consapevole della società. Penso di aver rispettato tutti perché per le maglie per cui ho lavorato ho dato il 110% e lo farò anche per la Juve»

Cosa le piace di essere l’allenatore della Juve?

«I club sono fatti da persone e il primo approccio mi è piaciuto. Li ho visti molto uniti e compatti perché per me è importante perché il sentimento affettivo è quello che ti porta a fare l’1% in più. Si vede che sono un gruppo forte per mentalità e determinazione».

Lo scetticismo del popolo juventino come si supera?

«Arrivo con scetticismo come dappertutto e qui potrebbe essere meno scatenante ma vengo dalla mia storia ed è giusto che ci sia un minimo di rancore e scetticismo, poi conosco solo il vincere e convincere per toglierlo alla testa della gente»

Firma il motto aziendale che è importante vincere e dipende da come si vince?

«Io ho vinto poco o in categorie molto più base, penso che l’obiettivo di divertirsi in campo non sia antitetico a quello di vincere. Una squadra che si diverte non è una squadra frivola a meno che non manchi di attenzione. La storia ci dice che vincono squadre e allenatori con filosofie opposte. È bene che durante il percorso uno resti consapevole delle proprie idee e fedele a quelle e abbia la capacità di trasmetterle»

Dybala e Ronaldo possono giocare da centravanti?

«Penso che possano giocare in qualsiasi ruolo. Può cambiare l’interpretazione del ruolo e la squadra si deve adattare a quelle caratteristiche»

Sempre giacca e cravatta?

«La tuta non lo so. Parlerò con la società, non abbiamo parlato di questi aspetti. Io preferirei non andare in campo con la divisa sociale, ma sarà argomento di confronto, l’importante è che a questa età non mi mandino nudo»

Che dice del potere che voleva prendere?

«Volevo prendere il potere nel senso che  volevo vincere lo scudetto. Era un terreno puramente professionale, ma io rappresentavo uno dei popoli che più amano la propria squadra e che non vinceva da 30 anni. In quell’anno potevamo selezionare solo un obiettivo e abbiamo cercato di farlo essendo in ballo fino a 10 giorni dalla fine del campionato. Non è finita come volevamo»

Differenza tra Chelsea e Napoli?

«Cambiano le caratteristiche dei giocatori, il Napoli era una squadra di giocatori completamente a disposizione della squadra che muovevano la palla con velocità superiore. Il Chelsea è fatto di giocatori con caratteristiche individuali diverse, con 3-4 individualisti di grandissimo livello che andavano fatti giocare»

Cosa ti aspetti da Napoli-Juve?

«Quando esco dal San Paolo so che se mi applaudono è una manifestazione di amore, se mi fischiano è una manifestazione d’amore, Uscirò volendogli ben in un caso o nell’altro»

La battaglia contro cori razziali?

«Non è che posso cambiare idea se cambio società, penso che l’Italia dovrà smetterla, è una manifestazione di inferiorità rispetto all’atmosfera degli stadi europei. È giusto fermare anche le partite, lo dicevo a Napoli perché è una di quelle squadre che subisce di più questo atteggiamento, non si può restare 40 anni indietro rispetto all’Europa»

Hai recitato una parte per colmare il gap con la Juve?

«Ho fatto tutto quello che potevo fare per dovere morale perché stavo rappresentando un popolo che da 30 anni non vinceva. Ho l’obbligo di tirare fuori il 110% da tutti, poi il coinvolgimento emotivo era forte, c’erano tutte le componenti. Poi come tutte le storie finiscono, io posso prendermi un parte della colpa non tutta. Ho fatto una scelta estrema di andarmene per un anno, e adesso devo portare rispetto alla mia professione. È un percorso normale poi se ci si va a ricamare sopra non se ne esce»

Va da Cr7?

«Non lo so, ne parleremo. Con Fabio parleremo quando sarà»

Da quali giocatori partirà?

«Penso che i giocatori che possono cambiare la storia sono gli offensivi, come Douglas Costa, Dybala e CR7»

Non c’è Higuain

«Non ho nominato tanti giocatori, non ho la rosa sotto mano, sono solo andato per esempi, non volevo saltare nessuno. Il Pipita è un ragazzo a cui voglio molto bene e dipende da lui, penso. Per i giocatori della Juve voglio essere modesto, c’è una serie di dirigenti che li segue da anni e quindi li ascolterò tantissimo perché li conoscono molto meglio di me»

Sul mercato?

«Vediamo quando comincerò ad avere un’idea più definita di come potremmo giocare. Non mi piace fare richieste sui nomi, magari sulle caratteristiche. A Fabio trasmetterò quello che vorrei fare e le caratteristiche che vorrei avere, lui conosce più giocatori di me perché io preparo partite e conferenze stampa e non ho tempo»

Cosa le lascia in eredità Allegri?

«Lascia un’eredità pesante perché sappiamo che vincere tutto quello che ha vinto lui non è facile»

Cos’è il sarrismo? Lo trasmetterà alla Juve?

«Sinceramente non lo so cos’è il Sarrismo, ho letto sulla Treccani, però io ho sempre vissuto e pensato che non è che siccome sta nella Treccani io mi metto a pensare. Sono sempre stato questo e posso aver cambio le mie idee con l’esperienza negli anni. Quello che si dice faccia a faccia non è mai irrisolvibile»

Tra i messaggi che ha ricevuto c’era anche quello di De Laurentiis?

«Non ho sentito il presidente con il quale tutti pensano che abbia un brutto rapporto, ma lo ringrazierò sempre. Penso che raramente nella vita un tifoso riesca ad allenare la propria squadra. E’ stato un grande regalo»

Riguardo ai gesti fatti contro la Juve, li rifarebbe?

«Certe cose le ho dette, certe cose le ho sbagliate, certe cose sono state strumentalizzate. Quando ho parlato di maglie a strisce, era su una decisione presa da Orsato che aveva le sue idee e io le mie, ma era dopo un Empoli-Milan. La questione del dito è chiaro che è un errore e una reazione esagerata da parte mai, ma fu molto ben spiegata quando andai in sala stampa dicendo che avevo avuto un gesto eccessivo nei confronti di 10-15 stupidi, non nei confronti dei tifosi della Juve. Poi se ci sono dieci stupidi che ti dicono terrone di merda, dovevamo non reagire ma non li ritengo tifosi della Juventus»

 

 

 

 

 

 

 

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