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La strana alleanza tra noi interisti e voi napolisti

Se Napoli e Inter sposeranno la solidità, potremmo assistere a una stagione aperta fino alla fine. Questo chiediamo

La strana alleanza tra noi interisti e voi napolisti

Calcio liquido

È un momento di liquidità assoluta per il calcio italiano

Bandiere che credevamo eterne che si sciolgono in una conferenza stampa che sputa sentenze pesanti come pietre – anche sullo stato del nostro calcio – in una cornice così improvvisata (le luci al leon, il fruscio dell’audio, la diretta di Rai 2 che sembra arrivare dritta dagli anni ’90) da essere grottescamente adatta alla situazione. Si parla della Roma e di Francesco Totti, che da dimissionario dà – lui! – il benservito a James Pallotta, sibila contro Franco Baldini, ma soprattutto ci racconta (senza volerlo) di un calcio che ormai si muove su binari troppo nuovi per chi è ancora affezionato al gel da mettere sui capelli. Allo stesso tempo, capitani di ventura e comandanti di battaglie illusorie si rivelano per ciò che sono: degli ottimi professionisti che si vendono al padrone.

Sarri alla Juve

Il Padrone è una squadra che si scopre capace di mettersi anche la tuta e il cigarillo in bocca, per dimostrare – vedremo con quale successo – che esiste un nuovo motto possibile: “vincere è l’unica cosa che conta, ma solo attraverso il bel gioco”. Si parla di Maurizio Sarri e della Juve, un nuovo pezzo dentro un ingranaggio collaudato, una scommessa indubbiamente intrigante. Tutto questo avviene nel contesto di calcio liquido, velocissimo, per il quale la Serie A ha da tempo perso il passo dai grandi campionati europei. Alcuni club provano a reggere il confronto e a recuperare terreno: il Napoli con il bel gioco di quell’allenatore innominabile, che ha quasi domato il Real Madrid ed è stato capace di arrivare a 91 punti in campionato.
La Roma con quale prestazione superba, assurdi gol di Manolas e repentini crolli. L’Inter, con l’immenso potenziale economico di un Gruppo da 30 miliardi di fatturato e un’idea di progetto: tornare a vincere usando la formula E=MC2 (Marotta-Conte, round 2). Fuori gioco rimane la Juventus. Troppo avanti nella programmazione, troppo strutturata, troppo capace di risollevarsi e pianificare, proiettata verso una dimensione da Super Lega – ci lavora direttamente Agnelli quando veste la giacca da Presidente ECA – molto più simile agli sport patinati americani che al calcio giocato. Un quadro decadente, insomma, che apre però anche a interessanti prospettive e meravigliose possibilità.

All’Inter chiediamo una cosa sola: solidità

L’Inter e il Napoli si ritrovano stavolta unite dalla linea comune che evoca una parola composta da quattro sillabe aperte e ariose: SO LI DI TÀ. No, non stiamo comparando la situazione delle due compagini: una ha iniziato un ciclo ed è in mano a un Vate saggio e mite, Carlo Ancelotti. L’altra ha deciso di imbracciare la spada di fuoco, quell’Antonio Conte che aveva infiammato, da calciatore e poi da allenatore, le domeniche della rivale più odiata.

Ma quello che si chiede a queste due società è un salto in avanti e un consolidamento definitivo, fatto di pochi ma chiari passi: trascorrere, per una volta, un’estate normale, un autunno normale, una pausa invernale normale. Lottare, nella seconda parte di stagione, per traguardi importanti e raggiungibili con una squadra forte, ben gestita e ben guidata attraverso un progetto sensato.

Arriviamo così all’Inter, che poi è la protagonista della nostra rubrica e delle nostre passioni e disperazioni, quelle adolescenziali non meno forti di quelle della (quasi) età adulta.

Per ora, la gestione Conte non sembra essere riuscita a guarire il primo dei grandi drammi dell’interista in formato estivo: lo stillicidio a cui viene sottoposto degli spifferi del calciomercato. Si è parlato un po’ di tutti e di tutto: dell’attacco pesante e difficilissimo da pronunciare tutto d’un fiato – Edin Dzeko e Romelu Lukaku – e del possibile arrivo di Paulo Dybala.

L’Inter di Conte

I giornali hanno raccontato della scarsa opinione che Antonio Conte avrebbe di Radja Nainggolan – mai davvero a pieno servizio dopo l’arrivo da Roma – e giocato a elencare tutta una miriade di nomi e nomignoli al limite del parossistico come obiettivi di mercato, figli di una superfetazione giornalistica di cui al solito proprio l’Inter è la vittima preferita. Cambiare i rapporti di forza con la stampa – amica o meno – e limitare il gioco al massacro è un tema che la nuova società dovrà essere di saper affrontare, finalmente. Vedremo. C’è solo una cosa certa, ha un nome e un cognome e poco più di 20 anni: Nicolò Barella. È lui l’obiettivo imprescindibile della sessione di mercato appena aperta.

Il suo arrivo segnerebbe un salto di qualità dato sia dagli attributi del giocatore – e non parliamo solo della tecnica, basta vedere la garra con cui entra sul pallone – sia, e soprattutto, dallo storytelling che ne deriverebbe. Perché l’Inter sarebbe una delle poche “grandi” italiane capace di prendere un giocatore italiano quasi affermato e strutturarlo fino a farlo diventare un campione attorno a cui costruire la squadra per un buon decennio. Un passaggio troppo importante per essere mancato.

Ci siamo dimenticati di qualcosa, o di qualcuno? Ah, già, l’ex capitano. E qui non parliamo di quello con il bel ciuffo che siede sulla poltrona da Vicepresidente (seppur in modo piuttosto impalpabile, tanto che una riflessione forse andrebbe fatta), ma di quel giovane e fortissimo ragazzo argentino pieno di tatuaggi.

Ha ragione Mughini

Ormai è impossibile pensare che possa rimanere nell’Inter, ha ragione Giampiero Mughini: incredibile vedere un assetto così importante essere deteriorato in modo così veloce e apparentemente inarrestabile. In questo nuovo mosaico, in un calcio dove le bandiere sono meno importanti del progetto societario – lo insegnano in modo diametralmente opposto le storie di Totti e Sarri – noi speriamo che ci sia spazio per un epilogo diverso e meno scontato, perché Icardi resta un talento purissimo. In ogni caso, sarà prima dall’epilogo di questo brutto e delirante capitolo che si potrà tirare un primo bilancio sulla solidità della nuova Inter. Guardando a noi stessi, finalmente, senza curarci troppo di quello che succede sulle altre sponde

 

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