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La Juve è l’Italia, quindi la mamma: riaccoglie Buffon dopo l’Erasmus

Dopo Bonucci, ecco un altro che ha sofferto lontano dai genitori. Godiamoci il nostro Napoli di migranti guidati da un vero uomo di mondo come Ancelotti

La Juve è l’Italia, quindi la mamma: riaccoglie Buffon dopo l’Erasmus

Poche estati sono passate e la Juventus ha completato la sua transizione antropologica da mangiatoia di Robertini a rifugio dei Cardone: tornano tutti all’ovile, chi dopo un anno sofferto a mangiare risotti allo zafferano a San Siro come Bonucci, chi dopo una stagione in terra d’Albione a consumare pudding lontano dai genitori come Sarri.

Al centro c’è sempre il caldo ruolo materno che la società bianconera assolve nel povero panorama italiano, una nazione nella quale, non solo nel calcio, esiste una strutturale mancanza di uomini d’impresa. È forse anche proprio nel suo assecondare questa paura italiana di mettersi alla prova a lungo, di ridisegnarsi, che la Juventus vede frustrato da decenni il suo sogno di trionfare in Europa – un luogo più vasto in cui c’è bisogno di qualcuno che lasci casa, una buona volta, nella vita.

Con l’annuncio del possibile ritorno di Buffon, reduce dall’anno di Erasmus con gli amici studenti a base di foie gras, si perfeziona l’operazione societaria volta a recuperare i poveri cervelli in fuga, in una sorta di anelito microsovranista, che fa molto à la page di questi tempi, per ottenere una squadra di nuovi Pinturicchi – stavolta molto lontani dai Del Piero e assai più vicini al pittore. Artisti, ovviamente, della prima maniera, quella del periodo in cui disegnano insegne per i negozi di cannoli alla siciliana.

La cultura dell’Italia che matrizza

L’operazione in sé, di certo, non ha nulla di male. Rispecchia, d’altra parte, ciò che accade nel Paese, dove al potere non ci sono più le famiglie ma i figli delle famiglie, in una sorta di matriarcato del potere che ricorda molto le zie e le nonne che preparano ottime parmigiane di melanzane per dissuadere il nipotino dallo stare troppo a lungo in inospitali terre straniere. Nulla di criminoso, dunque. Basterebbe solo rilevare che è deceduto del tutto il racconto, manca qualunque gesto epico a questo ammasso stellare di potere che risucchia tutto e matrizza ma si ammanta di virilissima super efficienza. Nonostante si atteggi a fucina di spietate macchine da guerra sportive, la  Juventus è la squadra più materna della Serie A. È un kindergarten per chi vuole arricchirsi immaginandosi dependance della Zecca, mentre rimane spesso nello scantinato di una portineria. Di materno ha le coccole. E noi siamo una nazione bisognosa di coccole, che mai abbiamo lesinato ad alcuno.

In questo desolante scenario, in cui spesso nascono e prosperano i Ragionier Casoria, al Napoli di Ancelotti e del suo sopracciglio che ha vagato nel mondo con ben altro coraggio, andrà bene la parte di Michele Bonocore. Napoli è la squadra dei migranti, ma quelli veri. Quelli che lo fanno sul serio. E non tornano con la foto della Torre Eiffel sotto al braccio sei mesi dopo. Tornano seguendo la regola americana: learn, earn, serve. Ora è tempo di servire, Carletto.

 

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