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La verità è che le donne hanno invaso il campo anche nel calcio

La risposta a Michele Fusco. Parli di tempi che per fortuna non esistono più, quando una bambina che tirava calci a un pallone atterriva i genitori. Oggi è la normalità

La verità è che le donne hanno invaso il campo anche nel calcio

La rivendicazione fantozziana

Caro Fusco, mai avrei pensato di ritrovarmi a scriverlo, ma mi ci hai costretta: sei vecchio. O meglio, lo è il pensiero che esprimi nel tuo articolo sul calcio femminile. Che, a detta tua, non può essere considerato uno sport.

Dillo che con questo scritto consegnato al Napolista stai solo rivendicando la possibilità di debosciarti in santa pace davanti al divano! Che la tua – quella sì – è una rivendicazione fantozziana della frittata di maccheroni, birra e rutto libero davanti alla partita della Nazionale!

Era una tua area di appannaggio, la debosciataggine in canottiera, confessa. Tua e di tanti altri maschi. Un’area in cui non esistevano intrusioni di femmine, quelle noiosissime femmine che hanno sempre detto dei calciatori di “ventidue idioti in calzoncini corti che corrono dietro a un pallone”.

Ah, lo dicevano anche a me, le mie amiche. Capitava quando, da ragazza, cercavo di intavolare discussioni sul calcio. Mi ripetevano sempre la stessa cosa. E non sai quanto mi dava fastidio, perché manco io (femmina) ero lasciata libera di debosciarmi.

Lo ripeteva anche Corrado Taranto, figlio illustre dell’illustre Nino. Credo sia stato questo uno dei motivi per cui, appena diciottenne, abbandonai il corso di teatro dialettale che teneva al Teatro Bruttini e a cui mi ero iscritta. Lo trovai, d’improvviso, vecchio. Come te e il tuo scritto. Ingiallito come un centrino di trina antica dimenticato in un cassetto.

L’invasione di campo

Il fatto è che annuso odore di paura. “La paura di un esito contrario”, lo dici tu. È successo, le donne hanno invaso il campo, quello occupato dalla poltrona in cui eri sprofondato debosciato.

Non è possibile chiamarlo calcio, dici. In realtà è solo un altro calcio, diverso, come ha scritto molto bene, oggi, sul Corriere della Sera, Sconcerti.

Un calcio, se mi consenti, anche molto gradevole.

Io, le ragazze azzurre, le ho trovate deliziose. Volitive, con un grande cuore e una grande grinta. L’unico motivo per cui posso trovarle antipatiche è che, per la maggior parte, giocano nella Juventus.

Abbiamo un portiere (Laura Giuliani) attenta e precisa, che ci ha salvate in due occasioni. Una discreta retrovia e una bella linea offensiva. Non trovo che queste femmine giochino per chissà quale spirito di rivalsa. Sono solo ragazze che vogliono giocare a pallone e che, dopo vent’anni, tornano in scena. Che hanno battuto, con una grande forza d’animo, l’Australia.

Sai, Fusco, che nel contratto che le nazionali australiane firmano con la Federazione è impedito loro di venire a giocare nel nostro campionato? Lo giudicano scadente. Ebbene noi le abbiamo battute, queste australiane schizzinose. È questa la rivincita, non quella verso gli uomini. Di quella, sinceramente non interessa a nessuna di quelle, tra noi, che hanno scelto di stare davanti alla tv a guardare questo Mondiale.

Neanche alle azzurre in campo interessa voler competere con gli uomini. Forse trovano solo assurdo il diverso trattamento salariale. Ma chi, Fusco, non lo troverebbe assurdo? E non certo solo per una questione di genere.

Sgombriamo dunque il campo – anche quello di gioco – da questa convinzione. Il calcio femminile è femminile, quello maschile maschile. Sono due mondi diversi e contrapposti, come uomo e donna. Non ce n’è uno migliore o uno peggiore. Sono solo diversi.

Dici che il calcio era accessibile a tutti. È vero, ma non è quello il punto. Il nodo è semplicemente che i tempi sono cambiati.

La differenza di cui parli rispetto al passato, è che allora le bambine, anche se avessero avuto la velleità di tirare due calci al pallone, non avrebbero potuto perché le scuole calcio non esistevano. E allora ti ritrovavi ad aggrapparti alle reti dei campi dove giocavano i maschi, destando preoccupazione nei tuoi professori, come accadeva ad Alice Parisi, oppure ad andare a importunare tuo padre presidente di una squadra pur di entrare a contatto con il mondo del calcio, come Cristiana Girelli.

Oggi è diverso, oggi si può. E il tuo non riconoscere semplicemente un cambiamento dei tempi ti rende vecchio, te e il tuo scritto.

È solo la narrazione dei quotidiani – spesso fatta dagli uomini, tra l’altro – che fa del calcio femminile uno sport di rivendicazione sui maschi, ma non c’è questo intento in chi in campo è andato a giocare e ha vinto e neppure in noi che lo guardiamo da fuori. Solo tanta curiosità. E orgoglio. Sì, perché sono belle queste donne. Come è bello l’arrivo della nazionale sudafricana


Sono allegria, gioia, vita, come solo le donne possono essere. Ballano, ridono, dimenano fianchi, curve, testa.

Può pure essere che all’epoca del debosciamento sul divano di cui parli le donne decidessero di tenersene fuori e contestavano lo stesso debosciamento, ma forse è perché, per orgoglio, non potevano accettare di esserne escluse. E allora, si sa, chi disprezza vuol comprare. Da sempre.

Ancora oggi, se una ragazzina decide di fare calcio, deve sentire i mugugnii delle mamme delle altre ragazzine che riprovano la scelta e che, nella migliore delle ipotesi, la ritengono lesbica. Ma che vecchiume, Fusco, mamma mia. È questo ciò che bisogna combattere.

La libertà deve sempre essere l’ideale più alto da perseguire, sia che si tratti di uomini che di donne. Che problema può dare a una nazione se queste ragazze vogliono giocare a calcio e se noi, da quest’altra parte, vogliamo vederle? Forse uno sì: magari il mondiale, loro, lo vincono davvero.

E allora evitiamo il parallelismo, il tuo confronto che ti porta a dire che “oggi il dislivello è ancora troppo forte”. Limitiamoci a godere dello spettacolo. Almeno ora possiamo vederlo.

Tanto, Fusco, credimi: oggi gli uomini sono spesso considerati molto più “dementi privi di speranza” di allora. E non certo perché pretendono di restare spiaggiati davanti alla tv a guardare il calcio maschile.

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