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Nuove piste investigative per l’ispettore Carbone in “La notte non esiste”

Recensione dell’ultimo volume di Angelo Petrella “La notte non esiste”, la seconda puntata della saga di Denis Carbone, un ispettore napoletano con un passato torbido ed inquieto

Nuove piste investigative per l’ispettore Carbone in “La notte non esiste”

“Fragile è la notte” è stata la prima puntata della saga di Denis Carbone, un ispettore napoletano con un passato torbido ed inquieto che ha prodotto una dipendenza da Macallan e Rothmans. Ora l’autore, lo scrittore Angelo Petrella, ritorna con il secondo titolo, “La notte non esiste (pagg. 184, euro 15)”, per l’ottima Marsilio e si chiariscono molte lacune del dolore che opprimono Carbone, mentre nuove piste investigative si accavallano.

Avevamo lasciato l’ispettore che era riuscito al Moiariello a sgominare la banda di un questore fuori controllo riuscendo – con l’aiuto del commissario capo Lettieri – a sfuggire ad un’accusa di omicidio, con una Glock che aveva preso il volo. Ora, ripulito dall’alcool è alle prese con l’uccisione di Salimah, una ragazzina nigeriana trovata morta in un dirupo nei pressi del Parco Virgiliano, imbottita di amfetamine. L’episodio riapre la ferita della morte di Alice sua sorella: che è costata a Carbone il suo equilibrio, la sua entrata in polizia e la perdita della moglie Laura.

Il pièsse si aziona e riesce a trovare l’assassino, ma da qui tutto assume una valenza diversa, mentre Tagliamonte – il vice del questore ucciso al Moiariello – gli è addosso. Cos’è la setta del Sole Nero di Touxion? Perché Lettieri sparisce? Chi è quello strano personaggio che ha un tatuaggio di carne scarnificato? Carbone è in caccia grossa, mentre qualcun altro sta cacciando lui.

Basta leggere questo noir per saperlo, con sullo sfondo una Napoli “che aveva svenduto la propria tradizione per una manciata di spiccioli”. Nel frattempo – nella vita del poliziotto – ritorna il fantasma di Laura, mentre Teresa dice di aspettare un figlio da lui. Troppa carne a cuocere? Può sembrare, ma qui c’è la bravura di Petrella che riesce a integrare le scoppiettanti invenzioni narrative con un ritmo da noirista americano. La lingua, poi, differentemente da altri scrittori di gialli partenopei è una delizia che lo avvicina ai Manzini, ai Lugli, ai Simi. “Free jazz”.

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