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Bisogna reagire contro la fesseria del popolo che protesta e fischiare chi fischia

Il tifoso sano ha diritto di stare in una comunità sportiva e non in un primitivo gioco delle parti dettato dagli orfani di Gaucci

Bisogna reagire contro la fesseria del popolo che protesta e fischiare chi fischia

Sta diventando stucchevole. La famigerata protesta delle curve, più mediatica che reale, ha fatto il suo tempo. Il refrain è sempre lo stesso da dieci anni. “Meritiamo di più”. Se c’è una cosa che non è mancata mai è lo spettacolo. Le vittorie appena a un passo. Le qualificazioni quasi sempre, con onore. Forse i biglietti, in altre epoche, generosamente regalati? O messi a disposizione per il lucro di pochi?

E’ dai tempi di Gaucci che questa storia va avanti. Il bancarottiere,  che voleva farsi Re, era appoggiato dalle frange più estreme del tifo curvaiolo. Ma il bliz non riuscì. E il marchio fu acquistato da un lungimirante De Laurentiis. Da allora la “protesta” non ha mai dismesso i suoi panni, semmai travestita da minoranza minacciosa o da popolo tifoso, a seconda dei casi.

Chi non ricorda, quando si navigava in serie C, le “bombe” esplose durante le partite (con relative multe), equivocate dai più come esplosioni d’allegria? Avevano piuttosto l’acre odore dell’avvertimento. E  le strane rapine seriali a danno dei calciatori? Frutto di delinquenza comune, ma sicuramente un segno dei pessimi rapporti tra gruppuscoli ultras e società.

La metamorfosi del calcio Napoli, da società di piccolo cabotaggio a realtà europea, ha tenuto a freno  l’indotto degli interessi particolari (brandelli di tifoseria di professione, ma non solo), e ha spento sul nascere ogni tentativo di destabilizzazione. Però, ogni volta che si attraversa un momento difficile, come le eliminazioni dalle coppe o uno scudetto solo vagheggiato, ricompare la “protesta”, stavolta coinvolgendo il cuore della città.

Il gesto di rifiutare il dono della maglia è un vergognoso atto antisportivo, frutto di un tifo malato, che ha perso di vista la proporzione delle cose. Quello sano, soddisfatto o deluso che sia (il dibattito è legittimo), ha diritto di stare in una comunità sportiva e non in un primitivo gioco delle parti, dettato dagli immarcescibili orfani di Gaucci. Bisogna reagire contro la fesseria del popolo che protesta. Cominciando a fischiare chi fischia.

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