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Il calcio è business, ma perché noi tifosi dovremmo spendere?

Posta Napolista / La conferenza di ieri di De Laurentiis e l’articolo di oggi di Bellinazzo portano all’interrogativo chiave: competere o vincere?

Il calcio è business, ma perché noi tifosi dovremmo spendere?

L’articolo di Bellinazzo

Piaccia o meno, la “Società Sportiva Calcio Napoli” è sempre più un’azienda finanziaria ma sempre meno una “Società Sportiva”.
Piaccia o meno, il metro di misura del valore di una Società Sortiva, si misura con i titoli vinti e non certo attraverso le plusvalenze, i bilanci (per altro in rosso, a quanto pare) e la visibilità europea.

Marco Bellinazzo, giornalista de “Il Sole 24 ORE” (https://marcobellinazzo.blog.ilsole24ore.com/2019/02/05/napoli-perde-6-milioni-nel-2018-azienda-squadra-divario-appare-sempre-piu-ampio/), apre oggi uno squarcio su di un dibattito sempre più pernicioso e sempre più imperniato su tifo, tifoseria, papponisti, sarristi e non sulla concretezza dei numeri.

Anche perché, piaccia o meno, alla fine della fiera, sono i numeri che misurano i fatti.

Ieri, di fronte alla stampa riunita e grata, De Laurentiis ha lamentato la scarsa affluenza allo stadio (da lui più volte definito “un cesso”) in occasione della partita di sabato. Di certo, i ricavi derivanti da quel “cesso” (19 milioni di euro) sono pari a quello dell’esercizio commerciale precedente, laddove si è lottato fino a fine campionato per un titolo sportivo (lo scudetto) che a quanto pare, è solo “un’ossessione del tifoso napoletano” (cit.).

Da sottolineare che la “Società Sportiva Calcio Napoli” è stata l’unica a rinunciare alla campagna abbonamenti per la stagione in corso. Sarà forse che la politica dei prezzi “à la carte” per l’accesso al “cesso” sia più redditizia della fidelizzazione a mezzo abbonamento e del numero di presenze allo stadio?

Ma come dare torto al buon Aurelio? Quelli che qualcuno ama definir “tifosi da divano”, contribuiscono al bilancio della “Società Sportiva Calcio Napoli” nella misura di 78,4 milioni di euro (ricavi TV). Che senso ha quindi investire nelle infrastrutture (stadio, centro sportivo, vivaio, etc.)? Del resto, non era lui che ipotizzava uno stadio virtuale ed uno reale capace di contenere massimo 25/30 mila tifosi?

Diciamola tutta, vincere costa: più prima che dopo.

Nel 2013 il Napoli pagava 67 milioni di stipendi e aveva ammortamenti (il costo del cartellino spalmato sugli anni di contratto) per 36 milioni circa. La rosa costava in altri termini poco più di 100 milioni. Nel 2018 il Napoli paga ingaggi (sempre incluse le imposte) per 114 milioni ed ha ammortamenti per 65 milioni. Fanno circa 180 milioni. Significa l’80% in più. Quasi 35 milioni in più dei ricavi strutturali.” (cit. Bellinazzo, Il Sole 24 Ore).

Nello stesso tempo, nonostante il “rosso” in bilancio dichiarato ieri dal patron romano, il Napoli grazie a una lunga serie di bilanci in utile è il club più liquido della Serie A e probabilmente tra i più liquidi in Europa. In cassa ci sono 118 milioni (custoditi presso Unicredit). Non ci sono debiti finanziari. I debiti totali, pari a 144 milioni, sono per due terzi legati al calciomercato a fronte di 66 milioni di crediti totali.

Vero è che ormai il calcio è business, Vero è anche che non si comprende quale sia la strategia aziendale della “Società Sportiva Calcio Napoli”.

Competere, o vincere?

Titoli sportivi o liquidità (118 milioni di euro) parcheggiati in banca a disposizione della proprietà?

Si esca, una volta e per tutte, da questo melmoso interrogativo.

Si faccia chiarezza, una volta e per tutte. Cosicché il tifoso, sia esso “fedele” od “occasionale”, possa semplicemente comprendere perché spende i suoi soldi per una sua passione.

Perché sia chiaro, “fedele” od “occasionale”, entrambi versano i loro soldi alla “Società Sportiva Calcio Napoli”. Ed entrambi meritano il massimo rispetto da parte di tutti.

Fede e Passione, meritano rispetto. Rispetto e riconoscenza.

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