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Il Napoli invitato al Giorno della memoria con Liliana Segre

Il club a Milano chiamato dall’Anpi Milano e dall’associazione Figli della Shoah. Lo scorso anno la visita della Primavera al Binario 21

Il Napoli invitato al Giorno della memoria con Liliana Segre
Auschwitz

Alla Scala di Milano

C’era anche il Napoli questa mattina al Teatro La Scala di Milano per il diciannovesimo Giorno della Memoria – che si celebra il 27 gennaio – con la senatrice a vita Liliana Segre intervistata da Enrico Mentana. Evento organizzato dall’Anpi provinciale di Milano e dall’associazione Figli della Shoah che hanno invitato anche il club di Aurelio De Laurentiis. A rappresentare la società c’era Nicola Lombardo il responsabile della comunicazione.

Il Napoli non soltanto si è distinto per la propria posizione sul delicato terreno della discriminazione razziale. Lo ha fatto con fermezza, senza mai alzare la voce. Qualcun potrebbe eccepire che il club era coinvolto in prima persona nella vicenda. L’attenzione del Napoli a temi che sono capisaldi della nostra civiltà, è precedente. Già lo scorso anno il club portò i calciatore della Primavera al Memoriale della Shoah a Milano, il famigerato Binario 21 dove il 30 gennaio del 1944 partì un treno con 605 esseri umani diretti al campo di sterminio di Auschwitz. Su quel treno c’era anche la bambina Liliana Segre.

Ad accompagnare i giovani calciatori furono l’allenatore Beoni e lo stesso Nicola Lombardo. Tra l’altro il primo presidente del Napoli è stato ebreo:Giorgio Ascarelli.

Binario 21

Come al solito è stato sconvolgente il racconto di Liliana Segre (qui riportato dall’edizione milanese di Repubblica) che oggi ha 88 anni. La platea era gremita di studenti.

Quando ci deportarono non c’era quella pietas che manca anche oggi – ha raccontato la senatrice a vita – C’era quel razzismo che ci porta a dimenticare che non esiste altra razza che quella umana. Forse Dio era distratto mentre ci portavano al macello nell’indifferenza generale.

Vi parlo come una nonna, sono qui per raccontarvi come un giorno sono stata espulsa dalla scuola quando avevo 8 anni per la sola colpa di essere nata. Per la colpa di essere ebrea. Anch’io sono stata una clandestina nella terra di nessuno, io lo so cosa vuol dire essere respinti quando le frontiere sono chiuse. Quando si ergono muri. Io lo so cosa vuol dire quando si nega l’asilo. Io sono una che le ha provate queste cose. Sono stata una richiedente asilo. Mi disse l’ufficiale svizzero che non era vero che in Italia c’era la guerra e ci rimandò indietro.

Segre ha esortato i liceali che gremivano il teatro a essere coraggiosi:

“a trovare la sera un momento di silenzio per riflettere su quel che è stato, a leggere Primo Levi, capace di descrivete senza retorica l’orrore. Io sono stata un numero, privata del nome, ridotta a un pezzo, bastonata e presa a calci pugni e sberle, senza possibilità di capire perché, come i vitelli condotti al macello. Dei 605 partiti con me solo 30 donne vennero mandate al lavoro invece che alle camere a gas, anche se oggi i negazionisti trovano la strada libera per dire che non c’è stato nessuno sterminio”.

“Come si attraversa questa situazione? – ha detto Segre – Pensando di voler vivere. La vita è una cosa meravigliosa e noi volevamo resistere con tutte le forze. Uccisero la mia amica Janine, francese, io non mi fermai quando la presero, non mi voltai a dirle ti voglio bene. Era il 1944. Ero diventata quello che volevano i nazisti. Vorrei che voi ragazzi oggi qui vi ricordaste il suo nome che solo io trasmetto perché di Janine è rimasta memoria. Oltre l’indifferenza più grave ancora sono stati i silenzi di dio, della Croce rossa, degli alleati, di chi non mosse un dito per noi”.

 

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