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Per compiacere Hitler, Mussolini cambiò nome allo Stadio Ascarelli (fondatore del Napoli, ebreo)

Tratto dal libro “Presidenti” di Adam Smulevich. Ascarelli diede al Napoli uno stadio proprietà. Le Leggi Razziali del 1938 hanno portato via anche il suo ricordo

Per compiacere Hitler, Mussolini cambiò nome allo Stadio Ascarelli (fondatore del Napoli, ebreo)
Giorgio Ascarelli (tratta dal libro “Presidenti”, per gentile concessione dei Davide Morgera)

È da poco in libreria, per Giuntina Editore, “Presidenti” di Adam Smulevich: “le storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma”. Si legge nell’introduzione: “In vista dell’ottantesimo anniversario delle Leggi della vergogna, annunciate da Mussolini in piazza dell’Unità d’Italia a Trieste il 18 settembre 1938, questo libro si propone di gettare nuova luce su tre figure particolarmente significative: Raffaele Jaffe, Giorgio Ascarelli, Renato Sacerdoti” presidenti di Casale, Napoli e Roma. Ne riproponiamo qui tre brevi estratti dal capitolo dedicato ad Ascarelli fondatore del Napoli che diede alla società lo stadio di proprietà poi oltraggiato dal fascismo che ne cambiò il nome in Stadio Partenopeo. 

Quando l’8 ottobre del 1932 fu assegnata la seconda edizione dei Mondiali di calcio all’Italia, Mussolini si fece carico di una grande opportunità e al tempo stesso di un grande fardello. L’opportunità, va da sé, fu la possibilità di organizzare una simile iniziativa. Il fardello invece aveva ancora da manifestarsi in modo ufficiale. Ma non ci sarebbe voluto molto, esattamente 114 giorni. Giusto il tempo che a Berlino l’incendio divampante ottenesse legittimità nell’urna.

Ecco il fardello: tra gli impianti che avrebbero ospitato il torneo c’era uno stadio di notevole pregio, costruito all’ombra del Vesuvio. Sfortuna volle che fosse intitolato a un grande imprenditore e mecenate ebreo, Giorgio Ascarelli, che tra le sue molteplici attività di successo, appena pochi anni prima, aveva fondato il Napoli e l’aveva reso protagonista in un campionato monopolizzato dalle squadre del Nord. E se per disgrazia (come effettivamente accadde) la Germania avesse dovuto giocarci? Hitler certamente non avrebbe gradito.

Ecco quindi che l’ordine partì dall’alto: oltre ad essere adeguato in funzione della competizione che avrebbe accolto (l’investimento in questo senso fu massiccio), lo stadio avrebbe dovuto cambiare nome. Non più Stadio Ascarelli, ma Stadio Partenopeo.

Il libro “Presidenti” di Adam Smulevich, edizioni Giuntina

I giornali continuarono a chiamarlo Ascarelli

Generalmente, i pochi che si sono addentrati in questa vicenda tendono ad affermare che la cancellazione fu totale. Ma in realtà, giornali alla mano, non andò proprio così. Non ci sarebbe voluto ancora molto perché la rimozione fosse definitiva, per carità. Ma in quella tarda primavera del 1934 (i Mondiali, vinti dall’Italia, si disputarono tra fine maggio e inizio giugno), la denominazione originaria dello stadio fu difesa un po’ da tutti. Dalla gente comune, ancora legata a quella storica e passionale figura. Ma soprattutto, fatto ancor più significativo, da quasi tutti gli addetti ai lavori.

«Il grandioso  stadio partenopeo dell’Ascarelli» lo definisce la Gazzetta dello Sport il 27 maggio, giorno dell’esordio mondiale tra Ungheria ed Egitto. Persino le fedelissime firme al servizio del Duce, i giornalisti del Popolo d’Italia, collocano lo scontro tra Germania e Austria nella finale del terzo posto del torneo (sfida vinta dai tedeschi per 3 a 2) allo «Stadio Ascarelli».

Sbaglia quindi chi sostiene che la Germania, a Napoli, si impose in uno stadio dalla denominazione rigorosamente ariana. È invece corretto affermare che l’undici di Hitler sconfisse i cugini austriaci nella casa consacrata alla memoria di un ebreo. E per di più dalla fervente fede socialista. Chissà se il Fuhrer si accorse mai della beffa.

Ascarelli con alcuni dirigenti del Napoli e Attila Sallustro (tratta dal libro “Presidenti”, per gentile concessione di Davide Morgera)

Le Leggi Razziali

In ogni caso, come è noto, il fardello diventò ben presto opportunità (questioni di punta di vista, naturalmente). E ciò che riuscì solo in parte nel 1934, fu completato nel graduale percorso di discriminazione antiebraica che portò alla promulgazione delle Leggi Razziali.

Nell’aprile del 1938, ultime battute del campionato, per i giornali si gioca ancora all’«Ascarelli». Alla ripartenza, il 18 settembre dello stesso anno, il Napoli ospita il Novara allo «Stadio Partenopeo». Non è un giorno qualunque: nelle stesse ore, a Trieste, Mussolini annuncia le Leggi della vergogna, tra l’entusiasmo della folla accorsa in massa in piazza Unità d’Italia.

«L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irriconciliabile del fascismo…» dice il dittatore alla folla giuliana.

Prese il via in quelle ore un progressivo arretramento ai margini del ricordo per il padre del calcio napoletano. Un oblio che ha finito per diventare pressoché permanente.

(…)

Pacileo

Scriveva ormai molti anni fa Giuseppe Pacileo, decano dei giornalisti partenopei: «Dal lontano passato del calcio napoletano emerge una figura che ogni appassionato della maglia azzurra deve considerare indimenticabile: Giorgio Ascarelli. Egli non può essere altrimenti definito che un mito. Infatti, sa di mito, quel nome, molto più che non altri ancora più lontani nel tempo, per la dimensione e la compiutezza realizzata a pro del calcio napoletano in periodi di stupefacente brevità; per le intuizione sue, come dire, leonardesche; per quell’essere sorto e tramontato, come dirigente ma pure in panni d’industriale, nell’arco di un quinquennio. Mitico, infine, l’Ascarelli, per quella sorta di aureola del martirio che gli regalarono, sebbene postuma, l’anormalità idiota delle Leggi Razziali e la normalità ignobile dell’umana ingratitudine».

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Foto tratta dal libro “Presidenti” di Adam Smulevich, edizioni Giuntina

La targa affissa nel 2011 a Ponticelli e l’attuale degrado

«A Giorgio Ascarelli, lungimirante industriale e munifico presidente della nascente società sportiva calcio Napoli, la cui memoria fu oltraggiata dalla politica razziale fascista, che si manifestò anche attraverso la cancellazione del nome di “stadio Giorgio Ascarelli” all’impianto da lui voluto e finanziato, alla vigilia degli incontri della Coppa del Mondo del 1934».

È quanto si è voluto far scrivere sulla targa affissa all’esterno di un piccolo impianto che gli è stato dedicato, nel 2011, nel quartiere periferico di Ponticelli. L’inaugurazione dello stadio doveva costituire un’occasione di rilancio per un territorio difficile.

Ma il bilancio, sei anni dopo, è assai negativo. Sporcizia imperante, spalti il più delle volte inagibili al pubblico, il Campania Ponticelli, club che negli anni Ottanta sfiorò persino la Serie B, costretto ad emigrare altrove per disputare le sue partite casalinghe.

Questo resta di quegli anni, di quelle intuizioni e di quelle passioni travolgenti.

Napoli, core ingrato.

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