Il sorriso di Gigi che ostenta superiorità. Insigne non ne se ne cura, si finge innervosito dai laser e poi la mette nell’angolino basso.
Il ricordo di Lucas Vazquez
Il calcio è un posto strano. No, non ho sbagliato, è proprio un luogo strano un non luogo, uno spazio indefinito, dove risiedono, alloggiano, misteri contraddizioni paradossi e metafore. Il calcio è un silenzioso tormento che batte e scandisce i momenti.
Il momento, quello del rigore. Buffon al San Paolo, l’ex simbolo della Juventus arrogante contro quello del leader poetico dei novantuno punti non serviti. Dalla Scala al Battistero, è stato un attimo, ma è passato. Da Madrid al San Paolo è stato eterno ed ora lì, con una bolgia di fischi contro, è ritornato bambino e ha parato in qualsiasi modo. Preso a pallonate, a cazzotti, a calciate. Preso di mira, fino a che il buon Josè non è sfilato dietro Thiago Silva e si è messo tra lui e il ricordo, quello di Lucas Vazquez. Avrà pensato: “Sono uscito con un rigore, ritorno con un rigore”.
Cosa dice quel sorriso
Tocca a Lorenzo, stavolta. Vedi che caso, lui che mi guardava giocare mentre la Svezia ci metteva fuori dal Mondiale, e chissà perché non era in campo. Ora è qui. Tra la sua gente, con la sua squadra. Quanto è andato lontano questo Napoli, quanto! Ci sta dominando, ora che faccio? se paro? Ora gli sorrido. In quel sorriso c’è tutto, vuole trasmettergli un senso di superiorità. Vuole ostentare tranquillità. Che vuol dire superiorità.
Lorenzo non se ne cura. Prende la palla e ringrazia Callejon. Guarda la Curva A, guarda e impreca contro i laser. Fa credere a Buffon di essere nervoso. Guarda la gente, Lorenzo. Gli passa in mente il giorno del sorteggio, il goal di Kalidou a Torino, le volte che l’aveva giocata alla Playstation quella partita. Gli passa accanto Neymar, il bullo di classe, ma non ci pensa.
Poi Gigi smette di ridere
Buffon, intanto, sorride sempre. E lui, Lorenzo, come ogni buon napolectano avrà pensato ad una laconica e perentoria risposta a quel sorriso. Quella classica. Ma non l’ha pronunciata. Ha atteso. Ha ascoltato il pubblico, il silenzio, il fruscio delle voci sussurrate che gli lanciavano versi come Cyrano a Cristiano, et voilà il pallone secco, diretto, all’angolo destro di Gigi che smette il sorriso e incassa il boato che gli fa tremare i timpani.
“E ora, Gigi, ridi davanti a questo rigore”. Questa è la frase di Lorenzo.
Il calcio è un non luogo, è astrazione, devozione, incalcolabile pronostico. Il Napoli è l’insegna intagliata nel ciliegio della bottega esperta del pallone di Carlo Ancelotti. Andiamo in Europa a passeggiare, con gli occhi di chi ha scoperto di avere ancora troppa fame, per restare digiuni.