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Dhorasoo: quando Kaladze mandò Ancelotti a quel paese

Esce anche in italiano l’autobiografia dell’ex calciatore del Milan. La lezione dell’attuale tecnico del Napoli sulla gestione dell’ego dei giocatori

Dhorasoo: quando Kaladze mandò Ancelotti a quel paese

“Un giorno arrivo in ritardo all’allenamento”

Pubblichiamo un breve brano tratto dal libro “Con il piede giusto” autobiografia del calciatore francese ex Milan Dhorasoo. Autobiografia tradotta in italiano da 66th and 2nd.

A fine gara, esco dallo stadio a recuperare la macchina e sento: «Sei un grande Dhorasoo». Faccio parte della famiglia: Maldini, capitano dell’Italia; Tomasson, capitano della Danimarca; Cafu, capitano del Brasile e due volte campione del mondo; Schevchenko, Sheva, capitano dell’Ucraina e Pallone d’Oro; Kakà, futuro Pallone d’Oro; senza contare Pirlo, Gattuso, Seedorf, Nesta, Inzaghi…

Non sono un giocatore importante, ma faccio parte di questo spogliatoio da sballo, così forte che l’allenatore non si prende il rischio di perdere nessuno. Un giorno, arrivo in ritardo all’allenamento. Non parlo ancora bene l’italiano e ho confuso gli orari. Vado dal mister scusarmi, e lui mi dice: «Non ti preoccupare, ho detto agli altri che avevi un appuntamento importante e che mi avevi avvertito». Imparo molto sul tatto, in ogni momento.

Lazio-Milan. Perdiamo 1-0 e giochiamo in dieci. Ancelotti toglie Kaladze, il nostro terzino sinistro georgiano, un’icona nel suo paese, e fa entrare Pancaro, un altro terzino sinistro. Un cambio strano. Kaladze esce lasciandosi sfuggire: «Vaffanculo Ancelotti». Con un uomo in meno finiamo per vincere 2-1, e Pancaro segna il gol decisivo su calcio d’angolo. Alla fine, Ancelotti ha avuto ragione. Ma è lui che nello spogliatoio si avvicina a Kaladze per fargli una carezza e sussurrargli qualcosa all’orecchio. Il mister ha preso la parola solo per dire che l’incidente era chiuso. In termini di gestione degli ego, è una lezione.

 

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