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Time: «Il caso Ronaldo conferma l’apologia del maschilismo e della violenza del giornalismo sportivo»

Scrive Shireen Ahmed: «I profitti e la notorietà garantita da un calciatore non valgono quanto la dignità di una donna. La storia due anni fa ignorata dai media americani»

Time: «Il caso Ronaldo conferma l’apologia del maschilismo e della violenza del giornalismo sportivo»

Ignorata due anni fa dai media americani

Anche la rivista TIME, probabilmente il magazine settimanale più autorevole del mondo, si esprime sul caso-Ronaldo. Ed è un articolo riferito più all’analisi del contesto sociale, politico e mediatico rispetto al fatto in sé. Ovviamente, è un punto di vista interessante: «Cristiano Ronaldo, uno degli atleti più famosi del mondo, è stato accusato di stupro da una 34enne di Las Vegas. Com’è possibile che questa storia, ignorata due anni fa dai media americana, sia finita oggi su tutte le piattaforme? Il quotidiano Der Spiegel ha pubblicato la prima notizia diciotto mesi fa, oggi ha rilanciato il caso con un resoconto dettagliato di Kathryn Mayorga, la donna che ha accusato il fuoriclasse portoghese».

Nessuno voleva pubblicare un articolo sul presunto stupro di De Gea

Il punto trattato dal Time riguarda proprio la risonanza mediatica che questa vicenda sta avendo oggi, nell’autunno del 2018. E il riferimento è alla campagna #MeToo, che avrebbe spinto molte donne a denunciare le molestie subite. C’è anche un racconto personale della cronista, Shireen Ahmed: «Prima degli ultimi Campionati Europei, ho provato a farmi pubblicare una storia su un presunto stupro di David De Gea, portiere della Spagna e del Manchester United. Non ho trovato nessun giornale che mi pagasse per il mio lavoro. Che volesse pubblicare questo pezzo. Poi, alla fine, sono stata ospitata da un sito di calcio gestito interamente da donne. In questi giorni ho solo twittato su Ronaldo, e sono stata sommersa di reazioni violente ed arrabbiate, presumibilmente di tifosi del calciatore portoghese».

Le conseguenze del #MeToo

«Oggi c’è una forte ondata di donne che parlano coraggiosamente dei loro traumi. Che stanno provando a lavare via via l’impunità di cui spesso hanno goduto i misogini e i violentatori. Forse l’impatto del movimento #MeToo è riuscito a far penetrare il discorso sullo stupro nel regno dello sport. Un luogo in cui un intervento era assolutamente necessario, basti pensare ai casi di Patrick Kane, Kobe Bryant, della squadra di football della Baylor University. E di tanti altri uomini che raramente si sono trovati ad affrontare conseguenze per le loro azioni».

Il sessismo nello sport (e nel suo racconto)

L’articolo attacca anche il giornalismo sportivo: «Il modo in cui vengono raccontate certe storie fa trasparire l’apologia della violenza e il maschilismo dell’intero mondo sportivo. Cosa c’entrano le imprese calcistiche di Ronaldo con un eventuale sodomia non concordata? Nel 2009, Kathryn stava ballando con Ronaldo: significa che ha in qualche modo “causato” lo stupro? Poi c’è da sottolineare l’insensatezza dei tweet della Juventus (attaccati già da Sports Illustrated), ed anche la condotta della Federazione portoghese, che ha escluso Ronaldo dalla nazionale senza chiarire che si trattava di un’esclusione dettata da un’accusa gravissima. Anzi, la comunicazione è arrivata durante una conferenza stampa in cui si tessevano le doti del portoghese».

La conclusione è amara: «Tutta questa storia ci fa capire che i profitti e la notorietà garantita da un calciatore non valgono quanto la dignità di una donna. Il movimento #MeToo deve essere sostenuto e difeso, esattamente come lo sono i presunti stupratori».

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