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Franco Scoglio moriva 13 anni fa: elogio di un “Professore” politicamente scorretto

Scoglio era un allenatore e un uomo anticonformista, di grande cultur, aveva un amore sconfinato per il bel calcio e per il suo Genoa.

Franco Scoglio moriva 13 anni fa: elogio di un “Professore” politicamente scorretto

La morte in diretta

Il 3 ottobre del 2005, parlando del suo amato Genoa, in diretta televisiva su un’emittente televisiva ligure, andava oltre la vita Franco Scoglio, l’anticonformista del pallone. Fu allenatore di lotta, mai di governo. Fu sempre uomo giusto, al posto giusto, per salvare situazioni disperate, ovviamente non create da lui. Non c’era capace di condurre la guerriglia come lui, una specie di sub-comandante Marcos: bravissimo se parte dal Chiapas ed arriva al potere, viceversa l’esatto opposto.

Laureato in pedagogia con una tesi su ”L’atleta nella vittoria e nella sconfitta” e diplomato Isef, tollerava ma non ama il titolo di ”Professore”. Non fu mai tipo da giacca e cravatta, tanto è vero che ad una trasmissione televisiva si presentò in tuta, cambiandosi sul posto. I tifosi, anche quelli del Napoli – di cui fu allenatore nell’infelice stagione 2002-2003, conclusa con una sofferta salvezza dopo il suo esonero – stravedevano per lui, in quanto politicamente scorretto. Tanto è vero che, alla prima sua esibizione, in curva comparve uno striscione: “Prof con queste merde sii duro come uno scoglio”.

Dalla Gioiese al Napoli

Ha attraversato il calcio dal 1972 al 2003, dalla Reggina al Napoli passando per una lista interminabile di squadre, e di sogni. Dalla Gioiese al suo Messina, che porta dalla C1 alla Serie B, e poi Acireale, Spezia, Crotone, Akragas, passando per Bologna, Udinese, Lucchese, Pescara, Torino e Cosenza. E ancora, Tunisia e Libia come commissario tecnico. Inseguendo sempre il bel gioco, nonostante il materiale a disposizione non fosse di prima qualità. Dal “Rombo” alle verticalizzazioni, dalla psicologia in campo, il calcio secondo Scoglio era fatto così: «47 per cento di tecnica, 30 per cento di condizione fisica, 23 per cento di psicologia». Memorabili i suoi 21 modi per battere un calcio d’angolo ed i doppioni, triploni nello stesso ruolo quando cercava, riuscendoci spesso, di salvare squadre davvero malandate.

Nel 1993 torna ad allenare il Genoa, l’amore sportivo della sua vita. Subentra a Claudio Maselli e conquista un insperato decimo posto. Tanti i sorrisi nella sua città d’adozione, che l’esonero dell’anno successivo non riescono a spegnere, tanto era forte il desiderio di continuare ad allenare: Torino, Cosenza, Ancona, ancora Genoa. È l’ultimo ritorno, da allenatore, perché il suo Genoa non lo lascerà più. «Morirò parlando del Genoa», disse in tempi non sospetti il Professore, da autentico profeta. Perché certi amori durano tutta una vita. Un amore che dopo 13 anni è ancora vivo, nel ricordo dei tifosi, anche di quelli del Napoli tra rombi, diagonali, verticalizzazioni,e  pensieri politicamente scorretti.

Commentando un trionfo sportivo della Sampdoria, Scoglio disse: «Coppa Italia? Vale quanto la coppa del Nonno. La Coppa delle Coppe vale la Mitropa!». Ha anche affermato il suo essere maradoniano: «Pagherei due biglietti per vedere Maradona ed il suo amore per Napoli». Un’altra sua massima sull’amore sportivo: «Se dici Juve dico no, se dici Inter dico sì; se dici Bologna dico no, se dici Napoli dico sì; a Tunisi vado gratis, al Genoa vengo anche in C».

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