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Ancelotti sta insegnando al Napoli a cambiare faccia durante la partita

Sensazioni tattiche dopo Borussia-Napoli: Ancelotti ha in mente un’espansione rispetto al passato, vuole e crede in una squadra che sappia essere completa.

Ancelotti sta insegnando al Napoli a cambiare faccia durante la partita

Un mix tra passato e futuro

Ieri sera, quando Borussia Dortmund-Napoli era una partita ancora “calda”, finita da pochi minuti, Il Napolista ha pubblicato un pezzo sui due gol realizzati dalla squadra di Ancelotti grazie allo strumento del pressing alto. Le marcature di Milik e Callejon (0-1 e 1-3) nascono da un pallone recuperato in zona avanzata, poi trasformato subito in occasione da rete. Leggiamo:

La vera chiave riguarda la varietà del menù tattico: nelle due situazioni che hanno portato al gol contro il Borussia, il Napoli ha scelto di alzare l’intensità del pressing rispetto a quello che stava succedendo in campo. Una scelta che però non è esclusiva, l’abbiamo visto in altri segmenti della partita. Il Napoli avrebbe potuto decidere di non attaccare il portatore di palla in maglia gialla, di difendere in maniera più blanda, possiamo dire meno immediata.

Il fondamento del sistema di Ancelotti è proprio questo: il suo Napoli deve essere una squadra multiforme, in grado di difendere ad attaccare in molti modi. La decisione fa capo alla qualità, al talento degli interpreti. Alla testa dei calciatori. Non è un caso che le migliori azioni del Napoli nascano da situazioni già viste negli ultimi tre anni, del resto la rosa è cambiata pochissimo e quindi le caratteristiche dei giocatori sono rimaste le stesse. Il lavoro di Ancelotti sarà di ampliamento, non di cancellazione rispetto al passato. Una bella sfida teorica, un bel mix tra passato e futuro.

Il gioco di selezione

Ecco, questo concetto è espandibile. Vale per tutti i punti del sistema tattico del Napoli, vale in ogni partita. Anzi, ancora di più: vale per ogni azione della squadra di Ancelotti. Dopo tre anni di gioco di posizione, il tecnico di Reggiolo ha avviato la transizione al gioco di selezione. Si tratta di un passaggio concettuale abbastanza complesso, che in qualche modo investe l’intera esperienza tattica del Napoli, la modifica senza però stravolgerla. Anzi, il termine perfetto: la estende, dal punto di vista delle conoscenze e quindi della richiesta mentale.

L’ha spiegato lo stesso Ancelotti nel postpartita: «Abbiamo aspettato un po’ di più rispetto a Dublino, e allora abbiamo rischiato meno. Oggi abbiamo deciso di stare leggermente più indietro rispetto alla gara contro il Liverpool. Non abbiamo ancora la condizione giusta per pressare sempre, e molto in alto, e allora abbiamo fatto qualcosina di diverso». Confrontare questa descrizione dell’approccio con quanto visto in campo significa raccontare la partita tattica del Napoli. La differenza sta in quel “sempre”: quando c’è stata la possibilità (vedi sopra), quando i calciatori l’hanno percepita, allora ecco la crescita dell’intensità, il pressing sul portatore di palla, l’aggressività come primo riferimento; in altri momenti, difesa alta ma di posizione, linee serrate e copertura degli spazi. Un calcio di gestione, ma non attendista: sono due concetti esattamente opposti.

Momento di pressione del Borussia, il Napoli rincula in fase difensiva a copertura degli spazi. Allan tiene alta l’intensità del pressing, ma lo fa da solo, mentre gli altri compagni tengono la linea fuori area. Il Borussia è costretto al tiro da lontano, quindi a tentare una soluzione complicata. Pur difendendosi in maniera diversa, in maniera meno aggressiva rispetto al passato, il Napoli ha imposto il proprio contesto agli avversari.

Nel 2018, le grandi squadre si dividono in due grandi gruppi: quelle fortemente identitarie e quelle in grado di cambiare faccia al proprio gioco durante la partita, senza rinunciare mai allo sviluppo di un’idea. Il Napoli è passato dal primo al secondo gruppo, il cambio del testimone Sarri-Ancelotti è stato impostato (dall’allenatore emiliano) secondo questo concetto di completezza. Di ricerca della completezza. Ce l’ha spiegato anche Davide Ancelotti in un’intervista al Napolista. È il gioco di selezione, per cui una squadra sa difendere e attaccare in tanti modi, e sceglie partita per partita – anzi, azione per azione – quale carta pescare dal proprio mazzo. Con alcuni principi di riferimento che rimandano, inevitabilmente, alle caratteristiche dei calciatori.

Come abbiamo visto nel frame di sopra: i giocatori del Napoli non hanno le caratteristiche per difendersi in area di rigore, rimanendo bassi a protezione del proprio portiere. Sono portati a venire in avanti, a lasciare gli avversari in fuorigioco alle loro spalle. Allo stesso modo, però, Ancelotti vuole gestire in maniera diversificata i momenti di pressione avversaria: il Napoli deve essere in grado di contenere in fase difensiva, per recuperare e/o non sprecare troppe energie, quelle che poi servono per avviare la transizione positiva quando viene recuperato il pallone. Quelle che servono per i momenti di maggiore intensità difensiva.

Torniamo al punto di sopra: Ancelotti considera il Napoli come una grande squadra, a torto, o a ragione. Ma non è un tecnico ideologizzato. E allora vuole farla ragionare in questo modo, secondo queste considerazioni. Secondo l’idea di una scelta che si rinnova di partita in partita – di azione in azione – rispetto al miglior meccanismo da attuare. Della serie: ci sono molti modi per imporre il proprio gioco, il Liverpool per esempio lascia il pallone all’avversario e poi si scatena negli spazi larghi. Ce ne siamo accorti qualche giorno fa. Il Napoli di Sarri ragionava diversamente. Ma le due cose possono stare insieme. Possono convivere, si può immaginare una squadra completa.

In avanti

Stessa identica forma mentis in fase di gioco attivo. Se il Napoli di Sarri attuava il famoso gioco di posizione alternato, verticale e orizzontale, per risalire il campo, Ancelotti ha in mente di fare quello e anche altro. Per esempio, il cambio di gioco per aprire il campo e creare parità e/o superiorità numerica sugli esterni. Sotto, abbiamo una diapositiva:

Ounas e Mario Rui

In altri momenti della partita, il Napoli ha tenuto e fatto girare il pallone, per gestire e calmare il ritmo, per riposarsi, anche per “innervosire” l’avversario. Poi ci sono stati i due gol segnati col recupero alto del pallone, un concetto che abbiamo incrociato spesso nell’ultimo triennio – e di cui abbiamo parlato in apertura.

In poche righe, senza neanche andare troppo in profondità, abbiamo traslato il concetto di gioco di selezione alla fase offensiva. È l’idea di Ancelotti che prende forma, è quella sorta di calcio liquido di cui abbiamo parlato nei nostri longform sul tecnico di Reggiolo (qui e qui). Il Napoli, probabilmente, sarà una squadra meno dominante rispetto al passato, che in questo caso il termine “dominante” fa riferimento a una volontà di imporre i suoi principi sempre, comunque e contro qualsiasi avversario. È proprio questo il punto: i nuovi principi del Napoli sono quelli dell’adattabilità al contesto, della capacità di lettura rispetto alla situazione. Senza dimenticare le proprie caratteristiche di base.

Difficile pensare a Koulibaly e Albiol che non vengono a difendere in avanti, ad Hamsik e Insigne che non si scambiano il pallone con tocchi brevi, rapidi, a pelo d’erba – e così via, per le cose che questa squadra ha dimostrato di saper/poter fare benissimo. Partendo da qui, però, Ancelotti vuole andare oltre: vuole insegnare ai suoi calciatori che esiste anche altro, che si può pensare in questi termini di varietà e variabilità. È un’estensione rispetto al passato. Il nuovo allenatore ci crede, pensa che questa squadra sia forte, e quindi abbia gli strumenti tecnici e mentali per fare bene secondo un cocktail di concetti. Quelli di ieri, quelli di oggi, mischiati perbene, nelle dosi e nei momenti giusti. Ieri, si può dire, quest’idea composita ha funzionato in maniera discreta.

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