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Il Napoli sarà pantera e capretto, e Carletto Ancelotti non ci spiegherà nulla

La Grecia, Beppe Viola a tavola, le zanzare e un nuovo Napoli da presentare. Con Ancelotti e un linguaggio calcistico in evoluzione.

Il Napoli sarà pantera e capretto, e Carletto Ancelotti non ci spiegherà nulla
Un anno dopo, tornano i dialoghi surreali tra Raniero Virgilio e Gianni Montieri. Questa volta si parla della nuova maglia del Napoli, di Ancelotti e del lessico pallonaro. Starring: O Kóssis e Beppe Viola.

Ciao Gianni,

Ero arrivato sull’isola di Andros con l’idea di essere un discreto cultore dell’arte della brace, ma ho conosciuto O Kóssis e ho completamente riconsiderato la mia posizione. Dopo le sue costine di agnello mi ha presentato un capretto al forno che ho capito non avrei mai potuto cucinare neppure in due vite. Abbiamo parlato della pantera sulla nuova maglia del Napoli. A lui piace, mi ha esposto la sua teoria secondo la quale essa è felina per la metà che si vede, ma per la metà che ci è celata è capretto. Mi ha allora mostrato il quadro che ha in cucina, dove una pecora giganteggia su un branco di lupi. “Quella pecora – mi ha detto – è il Leader Calmo”.

Nel dopocena si è unito a noi anche Beppe Viola. Gran conoscitore di capretto al forno. Abbiamo brevemente discusso della scelta dei collaboratori sul lavoro, pare sia un tema di moda in quella cosa chiamata politica italiana. Beppe ci ha detto: «La scelta dei collaboratori viene fatta soltanto ed esclusivamente sulla base della mia (e dei miei tre soci) simpatia personale. In tanti anni di marciapiede sappiamo perfettamente quali sono i giornalisti bravi, quelli modesti, chi becca la stecca e chi lavora seriamente e con competenza. C’è poi il discorso, non secondario, del linguaggio. Non vengono ammessi coloro i quali scrivono “la palla attraversa tutta la luce della porta”, “il centrocampista va a battere”, “il ginocchio è in disordine” e via dicendo».

Ciao Raniero,

salutami il mio vecchio amico Beppe, mi hai fatto tornare in mente una sua frase storica, o meglio una domanda che fece a Rivera: «La vita ti è passata tra i piedi, si può dire, hai calpestato qualcosa?», meraviglia che subito mi porta alle zanzare che vorrei calpestare perché schiacciarle contro il muro non mi basta più. Sono come quei mediani di una volta che marcavano a uomo senza lasciarti respirare. Le zanzare di quest’anno a Milano si chiamano tutte Romeo Benetti. Il mio problema più grande è quello, dovrei farle alla brace? Ma poi chi le mangerebbe?

Interessante la teoria della pantera, io vorrei affidarmi al felino più che all’estetica della maglia, che non apprezzo. Apprezzo però l’animale che saprà attaccare e ritrarsi. Saremo pantera e capretto, saremo graffi e sottrazioni, saremo tempesta e sparizione.

Ha ragione Beppe, come sempre, aggiungerei tra le cose da evitare per salvare il linguaggio e la pelle: «Le due squadre si stanno studiando», «Baricentro basso» «I difensori vengono a saltare». Me le ha mandate Beppe su whatsapp. Il cielo a Milano è azzurro, come sempre dovrebbe essere.

Ciao Gianni,

Sul lessico calcistico, O Kóssis , mentre serve del fegato arrosto, mi segnala le immagini de “la catena di destra” e “la catena di sinistra”, una definizione che ha strappato questo arnese meccanico al destino ingiusto e plebeo dei gabinetti di un tempo per restituirlo alle glorie delle fasce pallonare – a proposito, “fascia” non è più nemmeno vintage, è ormai un orrore da penna blu.

Beppe mi dice che le costine erano squisite ma lui le ha mangiate buone anche nel beneventano. Sulle zanzare non ha un consiglio ma aggiunge che cercare di darsi una spiegazione è un esercizio sopravvalutato: “Vivere costa fatica, cercare di capire è un passatempo pericoloso, privilegio assurdo per i superbi”.

Quindi ci sediamo e aspettiamo che non ci spieghi nulla Carletto.

Ciao Raniero,

ti confesso che a me le catene di destra o di sinistra mi hanno sempre fatto pensare a cessi fascisti o comunisti, di sicuro ai cessi, come tu giustamente annoti. La catena di sinistra è la posizione ideale per tirare lo sciacquone per un mancino come me. Vedi che pure tirare va bene per i cessi? Sull’orrore che ormai circonda la parola fascia non mi esprimo perché mi viene subito in mente il busto che a volte mette mio padre, nemmeno lui è vintage, o comunque non gliene importa. Non posso fare altro che sedermi a bere un caffè, fiducioso come te sul fatto che Carletto non ci spiegherà nulla, se potesse spiegherebbe una tovaglia e ci direbbe di apparecchiare.

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