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«Non è la mia Ferrari», ha esclamato il Drake all’ordine di scuderia di far passare Vettel

Si irrigidisce, diventa paonazzo e dice: «non è l’eredità che io ho lasciato al Made in Italy, si vince in pista e vince il più veloce»

«Non è la mia Ferrari», ha esclamato il Drake all’ordine di scuderia di far passare Vettel

C’era una vittoria da dedicare

Scusate i francesismi che, a partire dal titolo, userò nel descrivervi quello a cui ho assistito ieri da, ahimè, spettatore ma la vita o è merda e sangue o non è, così mi ha insegnato il mio amico Enzo.

Ma veniamo ai fatti. A Hockenheim c’era finalmente una Ferrari competitiva, in testa al campionato piloti e costruttori, c’era una speranza concreta dopo anni di attesa e delusioni, c’era un presidente e amministratore delegato della scuderia tra la vita e la morte a cui dedicare una grande Vittoria, una Dea Alata per salire più leggero lassù, in cielo.
C’era ma non c’è stato.

Errore di un Vettel tedesco di Germania ma emotivo?
Errore di strategia nei tempi e nella scelta delle gomme?

Sfiga (sì quella dea che al contrario dell’altra bendata invece ci vede benissimo)?

No. Rabbia! Tanta Rabbia, soltanto Rabbia del mio amico con cui mi ero accovacciato a guardare quello che doveva essere un successo con tanto di dedica a Marchionne.

La Rabbia

Rabbia intensa, appena nascosta dai suoi occhiali scuri che non toglie mai, anche quando guarda la tv (che poi cosa riesca a vedere…), Rabbia di chi passava le vacanze con i suoi collaboratori meccanici in officina a cercare soluzioni, a creare un Mito.
Già un Mito non nasce da solo, ci vuole qualcuno che gli dia vita, che lo cresca, lo alimenti e lo condivida con gli altri. La Velocità era, è stata e sarà sempre il suo Mito. Chi corre, guarda sempre avanti, è concentrato, sa che alla minima distrazione la Velocità lo punirà. E allora sguardo avanti e focus sull’obiettivo sempre. Sconfitte e Vittorie trattate allo stesso modo, lasciate dietro che c’è la prossima curva, la prossima Vittoria da affrontare.

Il Mito

Ecco un Uomo così, che da meccanico AlfaRomeo costruisce un Mito ancora più grande. Un Uomo a cui Baracca padre, Enrico, dona il fregio più prezioso, quel simbolo di fierezza e bellezza che Ferrari esprime con le sue auto e la velocità che tanto amava il figlio Francesco: il Cavallo Indomito! Nero su sfondo giallo, come quella città inafferrabile che rappresenta da quasi un millennio.

Enzo è teso, sa che un piccolo errore può compromettere un Gran Premio ma è un creatore di miti, per lui c’è solo un modo per vincere: andare più veloce di tutti, punto. Niente combine, nessun compromesso con gli sponsor o le tv, vince chi è più veloce in pista. I suoi piloti lo sanno e non si fanno sconti in pista. Gli ordini di scuderia possono servire a vincere qualche GP ma mai a creare un mito. Lui ama più Gilles che Lauda, lui ama il coraggio, la passione per la velocità anche fino alla morte.

“Si vince in pista e vince il più veloce”

Quando vede, sente l’ordine di scuderia a Raikkonen, sbotta all’ipocrisia, si irrigidisce, diventa paonazzo come non lo ho mai visto e dice: “questa non è la Mia Ferrari, questa non è l’eredità che io ho lasciato al Made in Italy, agli appassionati di tutto il mondo” e allora lancia il suo strale!
Meglio che quell’auto vada a sbattere contro il muro, meglio perdere Gran Premio e testa della classifica che rinunciare a me, al Mito della Velocità.

Si vince in pista e vince il più veloce,

sennò non è una mia auto sennò non è la Ferrari.

Da una nuvoletta lassù in cielo, vostro

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