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Altafini: «Vivo con 700 euro di pensione, per me il calcio è poesia non denaro»

Intervista al Corriere della Sera: «Oggi lavoro ancora. Quanto mi sono divertito con Pesaola a Napoli. In tv? Premiano le raccomandazioni non le competenza»

Altafini: «Vivo con 700 euro di pensione, per me il calcio è poesia non denaro»

Al Corriere della Sera

Intervista bella e malinconica a José Altafini sul Corriere della Sera. L’intervista è di Andrea Pasqualetto che è andato a trovarlo ad Alessandria. Altafini collabora con una ditta che produce campi in erba sintetica: «L’azienda non è mia, magari. Io aiuto, trovo clienti, faccio, promuovo. Sono testimonial. L’erba sintetica è il futuro, altro che il fango dove giocavo io». E poi porta un po’ di persone al ristorante di Flavio Tonetto, dove porta a mangiare anche il giornalista del Corriere della Sera.

“Quanto mi sono divertito a Napoli con Pesaola”

«Non ho la pensione da calciatore, non sono riuscito a farla. Ho versato solo tre anni di contributi. Quando ero andato a chiedere il riscatto mi avevano chiesto 70 milioni di lire di arretrati e ho detto ciao amici».

«Quando un uomo vive senza mai pensare ai soldi, i soldi non li fa. E io ho vissuto così. Non ho mai cercato il denaro. Volevo solo divertirmi, in campo e fuori, senza tanti calcoli. Non stavo tanto lì a guardare orari e diete come fanno adesso. Io ingrassavo ma mi divertivo, soprattutto al Npoli quando lo allenava Pesaola. Con lui in campo si entrava e si usciva ridendo. “E non rientrare prima delle tre di notte”, diceva. Non mi sono mai piaciuti quelli che ti stanno col fiato sul collo. Tipo Conte adesso, io scapperei».

Ricorda i suoi stipendi: «Il più alto lo prendevo alla Juve. L’ultimo anno 67 milioni di lire lorde, 42% di tasse, una casa ne costava 100. Quando sono andato a Napoli avevo dimezzato la paga per essere libero di andarmene quando volevo. Per me il calcio è poesia, è Pelè, è Messi, è Garrincha, è Zizinho. Poeti. E quando uno è poeta pensa poco al denaro. Se poi è come me, fa anche delle sciocchezze».

Racconta che prima dell’antidoping «le squadre davano le pastigliette. Roba leggera però, tipo quelle per stare svegli e aumentare le prestazioni. Come prendere 5 o 6 caffè».

Perché non lavora più in tv

«Sono arrivati in Sky dei personaggi che mi facevano la guerra per prendere il mio posto e io ho detto tanti saluti, amici. In Italia a volte viene premiata la raccomandazione e non la competenza. Mettono i giovani che urlano senza fantasia. Quando li sento abbasso il volume. Io ho inventato il manuale del calcio, il golasso…».

Racconta che le donne non lo guardano più e si raccomanda col suo amico Tonetto: «quando non ci sarò più voglio le mie ceneri sul Po, così arrivano in Polesine e io torno da dove sono venuto, alle mie radici. Le devi buttare tu, lo sai?».

 

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