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La perfetta imperfezione di Kristin Man in mostra al Pan

Un viaggio personale e narcisistico attraverso autoritratti in compagnia di artisti nazionali (di cui 13 napoletani). Da oggi fino al 21 maggio

La perfetta imperfezione di Kristin Man in mostra al Pan

In un’epoca in cui si fanno selfie tutti i giorni, gli autoritratti d’artista diventano un modo per raccontare la propria visione dell’arte altrui, l’amore per il nostro Paese – e per Napoli in particolare – e una testimonianza di condivisione.

È quello che avverrà, da oggi fino al 21 maggio, al Pan, con la personale di Kristin Man, ‘9_9’, a cura di Chiara Reale (inaugurazione alle ore 18). In mostra, una selezione di doppi autoritratti in cui Man immortala se stessa in relazione con altri artisti italiani (di cui 13 napoletani) e che rappresentano una testimonianza dell’incontro tra anime. Tra gli altri, Mimmo Paladino, Ferdinando Scianna, Mimmo Jodice, Piero Gilardi, Emilio Isgrò, Enzo Cucchi, Gianni Berengo Gardin, Michelangelo Pistoletto, Arturo Schwarz, Arnaldo Pomodoro, Luigi Mainolfi, Riccardo Dalisi, Lello Esposito e Sergio Fermariello.

Kristin Man

Con Lello Esposito

Una vita condizionata dall’ambiente multiculturale

Kristin Man nasce ad Hong Kong da genitori cinesi: una città frequentata da persone provenienti da tutto il mondo, e i cui abitanti sono abituati a confrontarsi con la diversità culturale. Sin dall’asilo viene educata a parlare due lingue, inglese e cinese. Grazie ad una borsa di studio, frequenta l’United World College of the Atlentic, in Galles, che ospita studenti provenienti da 70 diversi paesi. È qui che inizia a interessarsi di fotografia: dedica il suo primo progetto ai ritratti degli studenti che, con la loro faccia, rappresentano ognuno un’etnia diversa.

La scuola le consente di conoscere culture diverse e inizia a girovagare per il mondo, toccando tutti i continenti tranne l’Antartide. Nel 1992 viene a Roma in vacanza per tre giorni e si innamora della città. Nell’estate 2001 ci torna, per iniziare a studiare l’italiano.

Il singolare percorso formativo

Il suo percorso formativo è alquanto singolare per un’artista. Si laurea in Liberal Arts specializzandosi in International Relations alla Brown University, negli Stati Uniti; frequenta un master in Business Administration alla Columbia University; lavora per un’estate nella pubblicità, poi, dopo la laurea, per due anni come head hunting ad Hong Kong e Londra. Dopo il master diventa broker di investimenti sparsi per il mondo, prima a Londra e poi a Singapore.

Kristin Man

Con Mimmo Paladino

L’amore verso l’Italia

I confini le stanno stretti e non riesce a dimenticare l’Italia: inizia così un pellegrinaggio attraverso lo stivale. Ha già in mente il suo progetto fotografico e chiede aiuto a gli amici che si è fatta nelle sue vacanze italiane per stabilire una rete di contatti. Poi parte per incontrare gli artisti e invitarli a posare con lei per un autoritratto. Attraversa quasi tutte le regioni di Italia, arrangiandosi spesso con soluzioni di affitto a breve termine o facendosi ospitare da amici. Vive con la valigia in mano: l’unica base fissa è un deposito a Firenze, dove si reca ogni tanto a recuperare dei vestiti. “Non mi conosco come qualcuno che abita in una città – dice di sé – ma come qualcuno che si sente a casa in Italia”.

Per imparare l’italiano guarda film, da Sorrentino a Fellini, senza disdegnare neppure Montalbano: “Mi piace molto il siciliano”, dichiara.

L’accoglienza napoletana

Con la comunità artistica italiana, Kristin Man sviluppa un legame speciale, basato sulla voglia di condivisione. A Napoli, in particolare, dice di aver trovato una naturale propensione all’accoglienza dell’altro: le porte delle case, degli studi, di luoghi deputati al confronto culturale e artistico le vengono aperte senza problemi: “In Italia c’è ancora l’atmosfera di un villaggio – racconta – La gente ti accoglie, ti guarda in faccia mentre cammini, si fanno cose insieme”.

È talmente attratta dal nostro paese, dove si sente come a casa, che fa addirittura un esame del Dna con il National Geographic per scoprire se nel suo codice genetico c’è una parte del Bel Paese, ma non vi trova nulla.

Kristin Man

Con Michelangelo Pistoletto

Un’artista nomade

Kristin Man si definisce un’‘artista nomade’: “Sono uno spirito presente in un corpo, non un corpo dotato di uno spirito”, dice di sé. Ritiene di non appartenere ad un preciso luogo fisico, ma ad uno spazio trascendente. Il progetto 9_9 è la storia della sua vita, trascorsa desiderando e girovagando, è la storia della ricerca circa il suo senso di appartenenza nei confronti di persone che fanno arte e contribuiscono alla cultura e con si sente in empatia.

Lo studio dietro il progetto fotografico

Per esplorare a fondo l’identità degli artisti con cui desidera entrare in contatto, Man ha l’esigenza di entrare nel loro ambiente, di scoprirli. Per questo motivo, spende molto tempo a studiarli, a costruire con loro un rapporto, ad entrare nelle loro anime, prima di rappresentarli attraverso le sue foto. Gli scatti servono a raccontare un dialogo tra anime, e da qui proviene anche la scelta del bianco e nero: “L’anima è di un colore tra il bianco e il nero – spiega – Il bianco e il nero, poi, possono riferirsi a qualsiasi epoca, non hanno scadenza”.

Quando non è possibile incontrare gli artisti prima di effettuare gli scatti, si documenta studiando le foto già pubblicate, quando invece le viene data l’opportunità, li osserva muoversi o creare le loro opere, li ascolta seduta con loro al bar. Alcune delle costruzioni fotografiche sono personali risposte emotive alle opere degli artisti ritratti. Lei è presente in tutti, tranne uno, quello con Andrea Aquilanti, in cui compare nella proiezione che scorre alle sue spalle.

Kristin Man

Con Carolina Sandretto

La storia di un viaggio narcisistico

9_9 è la storia del lungo viaggio di Kristin Man: “Vedo la mia vita come un lungo viaggio in cui si alternano piaceri e dispiaceri – racconta – sono entrambi regali che l’esistenza ci offre per arrivare alla meta. Penso a me stessa come alla ricerca di qualcosa, non in fuga da qualcosa in particolare”.

Un viaggio personale e narcisistico verso l’esplorazione del suo rapporto con l’altro, con l’artista. La sua opera diventa così anche un modo per creare e condividere un’esperienza. Quasi un’esperienza mistica anche per lo spettatore, che si trova a cercare a sua volta un significato personale a queste immagini intime.

Per gli stessi artisti ritratti il progetto 9_9 è un’esperienza: mai nessuno li aveva ritratti così, dedicando tanto tempo e partecipazione emotiva al loro mondo più intimo. Alcuni di essi hanno utilizzato i ritratti opera di Man per i loro cataloghi, altri li hanno utilizzati per le loro pubblicazioni digitali, altri ancora hanno chiesto il permesso di poterlo fare in futuro.

La perfetta imperfezione

Il nome del progetto non è scelto a caso. Il compleanno di Kristin Man cade il nono giorno del nono mese del calendario lunare cinese; il numero 99 è di buon auspicio nella tradizione cinese, simbolo di longevità e felicità eterna. Gli manca tuttavia una cifra per raggiungere la rotondità del 100, un minuscolo intervallo lo separa dall’essere perfetto: 99 indica la perfetta imperfezione. E la ricerca, per Kristin Man, non finisce mai: “Sapere che qualcosa manca ancora mi fa sentire viva – dichiara – Non si tratta tanto di continuare e riempire più o meno i vuoti, ma di sapere che questi vuoti ci sono e che rappresentano le mie possibilità”.

Il progetto 9-9 è durato tre anni ma il tema della chiusura rimane sospeso perché il viaggio non può finire  finché non finisce la curiosità, può solo arrivare ad un punto in cui riesca ad esprimere il suo significato per l’artista.

Kristin Man

Con Emilia Faro

E voi, cosa mettereste nel vostro bagaglio a mano?

Ci sono molte domande, a nostro parere, che vengono poste dalle opere in mostra. Cosa ha visto l’artista in quelli che sono diventati i suoi specchi? Cosa nelle loro opere? E come possiamo intendere noi, attraverso questi scatti, il nostro personale approccio alla loro arte e a quella di Man? E, soprattutto, un quesito che assale appena si inizia a parlare con Kristin Man – una donna tra l’altro bellissima, resa ancora più affascinante dalla enorme consapevolezza di sé – e che campeggia nelle prime righe del suo libro: se poteste portare solo un bagaglio a mano, per il resto della vostra vita, cosa ci mettereste dentro, voi?

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