Avevo ricordi sfocati degli anni d’oro, poi un giorno ho visto Napoli-Inter allo stadio San Paolo. E un giovane difensore azzerò Ruben Sosa.
Tifoso del Napoli, fin da piccolissimo
Il mio giorno all’improvviso scaturisce prima di tutto, come per tanti bambini, dal tifo di mio padre. Ricordo ancora le migliaia di domande che gli facevo, con cui chiedevo aggiornamenti settimanali sull’albo d’oro: quante Coppe Italia abbiamo vinto? E scudetti? E Coppe delle fiere? Elà a non spiegarmi perché altre squadre ne avessero tanti di più e perché i nostri trofei non crescessero ogni giorno. Ero tifoso sin da piccolissimo, con la maglia del Napoli n. 10 targata Buitoni, con qualche ricordo vago dei caroselli nel mio paese del Cilento per la Coppa Uefa (avevo 5 o 6 anni), col ricordo più limpido del gol di Baroni contro la Lazio valso il secondo scudetto. Fino ad allora tifo “indotto”, sincero e incondizionato, ma pur sempre di riflesso. Fino alla prima volta al San Paolo.
Napoli-Inter 93/94. Parcheggio in zona Parco San Paolo. Tutta via Cinthia fatta a piedi verso la tribuna laterale con il cuore in gola. Sembrava infinita. Volevo correre, volare. Sentivo i boati e i cori salire dal quel catino fino ad allora visto solo in tv. Adrenalina e gioia pura. Poi la partita. Niente di eccitante in teoria per un esordio: finisce 0-0. Ma mi esalto, eccome, per uno scugnizzo appena ventenne con quattro presenze in serie A. Cannavaro annienta con anticipi e reattività Ruben Sosa. Si intravedeva già forte e chiaro il “Kannavaro” di Caressa, l’ultimo pallone d’oro Italiano. Non ho visto dal vivo Maradona, ma quel giorno ho visto Cannavaro. E quello è il mio giorno all’improvviso.