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Liverpool-Roma conferma che l’Italia sta sottovalutando la violenza nel calcio

Lo striscione per Daniele De Santis ad Anfield Road è concettualmente legato all’assalto al pub del Liverpool. Ma i comportamenti deviati nascono molto prima.

Liverpool-Roma conferma che l’Italia sta sottovalutando la violenza nel calcio

I casi degli ultimi giorni (e mesi)

Abbiamo visto/letto cose non proprio edificanti, proprio negli ultimissimi giorni. Il calcio italiano – quindi anche europeo, per estensione – di nuovo piegato sotto il peso-spinta della violenza. Liverpool-Roma è un caso enorme, gigantesco, perché di impatto internazionale e perché sotto i riflettori c’è il calcio italiano che da anni ha rinunciato a combattere la violenza e pratiche odiose. Come quella dei raid, delle spedizioni punitive. L’ultima dei tifosi della Roma al pub vicino alla Kop. Adesso ci è quasi scappato il morto. L’Uefa si è detta indignata. In Italia non abbiamo notato speciali tv sulla vicenda, ci si è soffermato di più sul comunicato della Roma – su cui ci sarebbe molto da dire – che sulla enorme gravità dell’accaduto. Per leggere qualcosa di chiaro, vi riportiamo un articolo di Vice UK (in lingua italiana) che riporta una testimonianza diretta degli scontri. Si parla di un vero e proprio attacco premeditato:

Martedì sera, mezzora prima della semifinale di Champions tra Liverpool e Roma, ero anche io tra i tifosi davanti all’Albert.

 Poi, dal nulla, sono arrivati una cinquantina di romanisti. Non normali tifosi, ma ultras con passamontagna e sciarpe a coprire il volto, armati di cinghie, spranghe e funi. Stavano cantando una canzone contro il Liverpool. Molti indossavano jeans strappati e scarpe da ginnastica bianche. Uno aveva in mano un martello, un altro quello che sembrava un cappio.
Della polizia, nemmeno l’ombra. Quando poi sono arrivati, un ragazzino che stava a qualche metro da me – un tifoso del Liverpool – gli è andato incontro infuriato. Dove erano quando servivano, e perché non stavano facendo il loro lavoro?, ha chiesto.

Ieri mattina, BBC Radio Four ha riferito di scontri “tra” tifosi della Roma e del Liverpool. A me è sembrato qualcosa di diverso: un’imboscata tesa a persone che non volevano casini da altre persone in cerca di casini.

La scritta per De Santis

Insomma, c’è un nuovo problema-violenza. Grave, molto grave. Certo, anche alcune tifoserie estere sono state protagoniste di situazioni terribili. Ricordiamo e ricorderete i tifosi del Feyenoord proprio a Roma, oppure l’ultras spagnolo morto dopo gli scontri tra i gruppi di Atletico Madrid e Deportivo, o ancora il poliziotto deceduto per infarto durante l’aggressione dei tifosi dello Spartak Mosca a Bilbao, due mesi fa. Insomma, l’Italia è in buona compagnia ma tiene alta la bandiera. I tifosi della Roma, a Liverpool, hanno esposto un eloquente striscione a favore di Daniele De Santis. Che, semplicemente, è stato condannato in primo grado e in appello per omicidio. Omicidio. Omicidio. Lo scriviamo tre volte così da far capire per chi “parteggia” una parte della tifoseria giallorossa. Sotto, l’immagine trasmessa in diretta televisiva da Anfield Road.

La Juventus

Basta riavvolgere il nastro della giornata di ieri per rendersi conto che c’è qualcosa che non va. A Vinovo, provincia di Torino, circa 250 persone hanno chiesto e ottenuto un confronto con dei professionisti in merito al loro lavoro. Un  dipendente di 40 anni ha deciso di parlare con queste persone per raccontare cosa sta succedendo all’interno del suo ambiente lavorativo. È stato tenuto a raccontare dinamiche interne alla propria società.

Le parole di Buffon riportate dal Corriere della Sera: «Il fatto che voi siate qui è un segnale importante. Avete fatto benissimo. Se siamo in questa situazione è perché qualcosa di sbagliato lo abbiamo fatto. E vogliamo che siate fieri di noi fino alla fine. Avete ragione, non vi abbiamo salutato a fine partita. Però io mi sono fermato a salutare i giocatori del Napoli perché all’andata tanti di loro si erano congratulati per la nostra vittoria».

Oltre la normalità

Ecco, questa è una situazione deviante e deviata. Da qui partono le dinamiche che poi arrivano a Liverpool, all’assalto a un pub dietro la Kop. A un 52enne che lotta tra la vita e la morte. Oppure al caso Anna Frank, per dire. O, ancora, all’aggressione dei napoletani al bar di Verona. Il problema, l’emergenza, riguarda tutti. Pensiamo anche alle difficoltà per organizzare un evento di quattro ore totali come Fiorentina-Napoli. È una condizione comune a tutte le manifestazioni che fanno muovere tante persone, ma qui siamo ben oltre. Oltre la normalità, oltre la decenza.

E non ce ne stiamo accorgendo, anzi sembra che tutto vada bene o quasi. Stiamo sottovalutando un problema che esiste, e che non va sintetizzato nell’esistenza dei gruppi ultras e basta. Ci sono gruppi ultras e gruppi ultras. La stessa As Roma, dopo i fatti di Liverpool, ha pubblicato un comunicato in cui riduce a una «piccola minoranza» gli scontri causati Oltremanica. Non è l’atteggiamento giusto, generalizzare è sempre sbagliato ma qui si tratta di condannare i colpevoli, non assolvere gli innocenti. Gli innocenti sono la stragrande maggioranza, è vero. Ma non fanno altro che essere normali. Il resto è il problema, e sta diventando sempre più grosso.

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