Una partita abulica, per Messi e per il Barcellona. Per fermare il possibile declino, Leo potrebbe pensare di rischiare lontano dall’incubatrice blaugrana?
Il declino?
Nella notte indimenticabile che la Roma ha fatto vivere ai suoi tifosi e, in generale, agli amanti del calcio, è saltata agli occhi l’espressione assente di Lionel Messi. Il 5 volte Pallone d’oro, campione indiscusso dal palmares chilometrico, è stato autore di una prestazione ampiamente insufficiente. Pochi i palloni giocati, due punizioni dal limite calciate malamente e un’occasione, giunta a conclusione dell’unico guizzo dell’incontro, fallita in maniera non degna del calciatore che abbiamo sempre ammirato.
Quello sguardo frastornato e l’incapacità di reagire con la squadra in difficoltà non sono una novità per Messi. Finora, però, era un atteggiamento che aveva avuto con la sua nazionale.
Nei blaugrana, invece, si era sempre sentito a suo agio; la cavalcata trionfale verso il 25° titolo per il Barcellona nella Liga e la larga vittoria nell’andata dei quarti facevano pensare ad un’altra stagione trionfale, con i mondiali alle porte per di più. Poi è arrivata la notte dell’Olimpico. “Messi scomparso” titolano ad una voce sola Marca e As, le due testate sportive più importanti di Spagna. Alla soglia dei 31 anni e con un contratto faraonico (si parla di 40 milioni netti all’anno) si sta forse eclissando la stella di Messi?
I compagni
Intendiamoci, non si possono affibbiare all’argentino tutte le colpe del disastro di ieri. Valverde ha schierato una formazione che sin dai primi minuti ha mostrato di soffrire l’aggressività della Roma e non ha saputo trovare nessuna contromisura nell’arco dell’incontro.
Iniesta, probabilmente, ha perso più palloni contro la Roma che in tutta la sua carriera e nessuno degli altri fenomeni, da Suarez a Rakitic, passando per Piquet e Busquets, ha giocato sui propri standard. Ma dal campione assoluto ci si aspetta, se non la soluzione individuale ad una serata storta, almeno la grinta di chi non ci sta a farsi prendere a pallonate dagli avversari.
Viene spontaneo il paragone con l’altro fenomeno degli ultimi 10 anni, Cristiano Ronaldo, di due anni più vecchio. Che ha portato al Real Madrid le ultime due Champions League e che continua a stupirci con le sue magie.
Le due immagini di questi quarti di finale, con il ritorno di Real-Juve ancora da giocare, sono proprio il portoghese e l’argentino: il primo mentre colpisce la palla in rovesciata ad altezza siderale, il secondo lascia l’Olimpico con il capo chino. Cristiano statuario, Lionel trasandato.
Un’ipotesi
Forse a Messi servirebbe cambiare aria. Non succederà perché le cifre dell’ultimo contratto sottoscritto con il Barcellona sono proibitive persino per gli sceicchi, ma per non rassegnarsi ad un declino triste, fatto di prove incolori, si ha l’impressione che a Messi servano nuovi stimoli.
In fondo non ha mai indossato una maglia diversa da quella blaugrana. Non si è mai misurato con un altro campionato. Non ha mai sperimentato sé stesso al di fuori della casa dorata che il Barcellona gli ha costruito attorno.
Forse quello sguardo spento potrebbe tornare ad accendersi con nuovi compagni e nuovi traguardi da raggiungere. A Messi rimangono 3, forse 4 anni da giocare ad altissimi livelli. Segnerà altri gol, vincerà altri trofei, ma il duello con Cristiano Ronaldo come miglior giocatore del secondo millennio sembra destinato a perderlo.
Ci pensi, Messi. Pensi agli altri grandissimi che hanno saputo rischiare. Il suo sinistro può ancora incantare il mondo, ma forse c’è bisogno di una scossa. Magari potrebbe chiedere un consiglio a quell’altro mancino, quello che lo ha sempre difeso; uno che è diventato leggenda dove non era pensabile e che in campo ha avuto gli occhi gioiosi, spiritati, talvolta pieni di lacrime, ma mai spenti.