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Ambra Pesaresi, una vita in lotta contro il cancro: «Quando la mattina c’è il sole, io spacco»

Racconta al Napolista la sua battaglia contro la malattia. Ha subito la mastectomia, ha tolto utero e ovaie. Il suo slogan “Sono ancora una donna” oggi è anche una t-shirt

Ambra Pesaresi, una vita in lotta contro il cancro: «Quando la mattina c’è il sole, io spacco»

“I’m stil a woman”. Sono ancora una donna. Uno slogan bianco che campeggia sul fondo nero di una maglietta che sta facendo il giro d’Europa e che vuole essere un sostegno per le donne che hanno combattuto o stanno combattendo contro il cancro.

Il messaggio

Sono ancora una donna nonostante la malattia mi abbia costretta a separarmi dal mio seno, dal mio utero e dalle mie ovaie. Nonostante questo, il cromosoma femminile resiste sempre: restiamo donne. Un messaggio che va oltre la malattia e che diventa universale. Un incoraggiamento a tutte le donne, affinché possano trovare il sorriso e la forza in ogni condizione.

Un’iniziativa benefica

Una parte dei proventi della vendita della t-shirt “I’m still a woman. XX” (questo è il nome della maglia) sono devoluti al Women’s Cancer Center dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO).

L’ideatrice

L’idea e la realizzazione sono di Ambra Pesaresi, giovane donna bergamasca (37 anni) trapiantata da anni in Emilia Romagna che, malata di una particolarissima forma tumorale, ha scelto di vivere e, per farlo, ha dovuto scegliere di farsi asportare seno, utero e ovaie. Nonostante ciò, Ambra è un inno alla vita. “Quando mi sveglio la mattina e c’è il sole, io spacco”. Conclude così una telefonata durata 30 minuti in cui ci racconta la sua storia e aggiunge: “Oggi ho guidato per la prima volta da dicembre. Giusto per fare due minuti di strada. La settimana prossima, se Dio vuole, ricomincio anche a lavorare”.

Ambra Pesaresi

Ambra Pesaresi

Poco dopo la sua seconda gravidanza, durante una doccia, Ambra ha sentito qualcosa di strano al seno: ”Era il 19 dicembre 2009 – racconta – Il 10 gennaio ero già sotto i ferri, a Milano”.

La malattia

Che operazione hai avuto?

“Il mio tumore è un triplo negativo. È metastatico, molto veloce. Ho deciso di fare una mastectomia bilaterale: ho tolto tutto. Poi ho fatto la ricostruzione e la chemio e ho continuato a controllarmi, ogni sei mesi”.

E poi?

“Lavoro in un ristorante. Ho un lavoro duro. Sollevo pesi, casse d’acqua, sono quasi una scaricatrice di porto. Mentre lavoravo, l’anno scorso, mi si sono rotte le protesi. Ho dovuto sostituirle, con problematiche varie. La chemio mi ha distrutta, fisicamente e non, allora ho deciso di togliere anche utero e ovaie per stare più tranquilla”.

Tra mille difficoltà

Come mai a distanza di un anno hai iniziato a guidare solo oggi?

“A dicembre scorso ho fatto l’intervento e a gennaio, durante un tragitto in macchina, mi si è aperta tutta la cavità vaginale con un prolasso dell’intestino e dello stomaco. Tutto quello che avevo nell’addome è fuoriuscito. Sono stata a letto qualche mese. Solo da quindici giorni ho ricominciato ad uscire e a vedere la luce del sole, però sto bene”.

Stai bene perché sei ancora una donna…

“Sì, è questo il senso delle magliette. Mia figlia mi dice che sono sempre felice, nonostante stia male. Non si spiega come faccia. Ma io mi sento fortunata. Quella scritta sulle magliette mi ricorda chi sono e mi dà la forza di andare avanti”.

Nasce l’idea della maglietta

Come ti è venuta l’idea?

“Quando sono stata al centro di Milano per essere operata di tumore al seno, non esistevano tutti gli sportelli per le donne che ci sono adesso. Ho visto questo sportello ‘Women’s Cancer Center’, con all’interno un sacco di depliant che ho letto e riletto in cui si dava un supporto alle donne prima, durante e dopo l’intervento. Sono entrata a parlare con la dottoressa e lei prima di dirmi che possibilità avevo, ha voluto capire chi aveva davanti. Quando le ho detto che avevo intenzione di togliere tutto, mi ha detto che il 70% delle donne, dopo, ha bisogno di un supporto psicologico, perché togliere utero e ovaie immancabilmente innesca un meccanismo psicologico che ti fa sentire meno donna, soprattutto per le donne giovani, che temono di non essere più sessualmente ‘abili’”.

Anche tu ti sei chiesta se sarebbe stato così anche per te?

“Sì. Le prime cose che ti domandi sono quelle. Perché è vero che la vita è la tua, ma io avevo un marito… Stavo facendo una scelta che avrei fatto comunque, certo, perché tra l’attività sessuale e la mia vita avrei scelto sempre la vita, ma è una cosa che in automatico ti viene in mente. Pensi che se togli tutto è finita. In realtà non è così”.

È per questo che hai ideato la maglietta?

“Sì, per sdrammatizzare. Sono molto autoironica. Lavorando in un ristorante ne vedo di cotte e di crude. Vedo tante donne ‘poco donne’. E allora, quando ero in ospedale, ho pensato che al ritorno a casa mi sarei fatta fare una maglietta con su scritto ‘sono più donna senza di tante donne con’. È nata così. Poi però ho iniziato a parlare con le mie amiche, che mi hanno detto che l’avrebbero indossata anche loro. Una di loro, inglese, mi ha chiesto di pensare ad una frase meno provocatoria, che potesse coinvolgere tutte e ho iniziato a pensarci”.

Il logo

Come è nato il logo?

“Anche quello dalla condivisione con le amiche: chi mi mandava le ali, chi il fiocco, però dovevi stare attenta a non utilizzare il classico simbolo della lotta al tumore, o un altro simbolo già registrato. Non era semplice. Poi l’insegnante di matematica delle elementari di mia figlia mi ha mandato le due X con dentro il simbolo della donna e mi ha detto che la X indica il cromosoma femminile. Il logo me lo ha creato un amico sardo che fa il grafico pubblicitario, Matteo Betzu. È malato di Sma. È lui che è straordinario, non io…”.

Quante magliette hai realizzato finora?

“Ho iniziato con 30-40 maglie, distribuite tra le mie amiche, adesso sono già al terzo ordine. In tutto, in meno di un mese, ne ho realizzate 150. Ho cominciato a pubblicare le foto su Facebook e si è generato il passaparola. Non me lo aspettavo. Quando mi hai chiamata per questa intervista sono andata un po’ in panico. Non ero pronta a questa richiesta” (ride emozionata).

La gestione del ricavato

Come gestisci il ricavato delle magliette?

“Una parte la tengo per ordinare le altre, una parte la do in beneficenza. Non lavoro da tanti mesi, non è una situazione facile. La maglia ha un costo base di 20 euro, ma la donazione è libera. Se ricavo 20 euro a maglia, 10 coprono le spese di realizzazione, 5 ne tengo da parte per i nuovi acquisti e 5 ne do in beneficenza, con un bonifico che faccio al centro periodicamente. Naturalmente, prima di farlo, ho dovuto chiedere l’autorizzazione al centro. Per me è importante questa cosa, mi fa stare bene. La mia però è una famiglia normalissima: siamo in quattro e lavora solo mio marito. Non è semplice”.

Il sogno di Ambra

Dove intendi arrivare con queste maglie?

“Il mio sogno è realizzare un fondo cassa per chi ha bisogno di fare visite velocemente. Qui da noi è uno schifo, sono arrabbiatissima. Io sono fortunata: se chiamo il centro, dopo 3 giorni mi fanno un’ecografia, ma ho tante amiche che non vanno a controllarsi perché ci sono altre priorità di spesa e perché, se non fai un’eco a pagamento, puoi aspettare anche 24 mesi. Se riuscissi a realizzare un fondo potrei aiutare tante donne. Adesso posso sì e no aiutarne una a fare un’ecografia se non può pagarla da sola. È poco”.

L’IEO è come una casa

Raccontami dell’IEO.

“Quando ci vado mi sento a casa. Provo uno strano senso di serenità e pace totale. Ci sto bene. Per questo ci tengo tanto alle magliette. Lì stanno andando tanto avanti con le ricerche: spero che con il tempo si scopra tanto di più e che si trovino altre cure”.

Hai un marito, due figlie piccole: come hai gestito la cosa?

“Le mie figlie sanno tutto, hanno visto le cicatrici, hanno vissuto tutto quello che ho passato. E mio marito, poi… La mia idea è di fare le maglie anche per gli uomini. Bisognerebbe fare loro delle grandi statue. Non è facile stare vicino a chi è malato. A causa della malattia mi sono persa tante cose. Ho iniziato a riprendere in mano la mia vita due anni fa con grande impegno, altrimenti il destino non era dei più felici. Inevitabilmente cambi. La maglietta è questo: vuol dire che la donna non è solo fisicità ma anche tante altre cose”.

Una maglietta per tutte le donne

Hai studiato la maglietta nei particolari…

“Sì, il colore l’ho scelto perché il nero lo può mettere anche chi è in sovrappeso. Le due X sono piccole davanti perché se hai fatto un intervento come il mio e non hai ancora fatto la ricostruzione, non hai voglia di mettere un logo grosso sul davanti. Sulla schiena invece va bene, quella è uguale per tutti. Quando indosso la maglietta al mattino, mi strappa un sorriso. E allora penso che magari anche altre donne, per qualsiasi problema, si sentono come me. Perché, sai, credo che se chiedessimo a 10 donne diverse, ci sarebbero dieci risposte diverse e si potrebbe adeguare a tutte. Ognuna di noi, con i propri problemi, si è sentita a volta un po’ meno donna. Dopo il parto, per esempio. È capitato a tutte di guardarsi allo specchio e di non sentirsi adeguate”.

Tu dove hai preso la forza per superare tutto questo?

“Sinceramente sono fortunata, perché ho il carattere di mio babbo. L’ho presa da lui. Ma non sono sempre così! Però tante amiche mi chiedono ad esempio di accompagnarle a ritirare il paptest, anche se stanno bene. Dicono che do loro forza, che faccio stare meglio. Sarò terapeutica!”.

Ti consideri sfortunata?

“Io sono fortunata! Al centro avevo in camera una ragazza che ha fatto il mio stesso intervento e che non può avere più figli. Tra me e lei c’è un abisso! Ogni volta che esco da lì bacio terra. La strada è lunga, sono ancora sotto controllo. Quando mi sento qualcosa vado nel panico e corro a chiamare il centro. Il mio tumore viaggia: è un attimo che passa al cervello, che si sposta. Pensa che io non posso togliere i peli in un certo modo perché mi riattiverebbe le cellule e se c’è una cellula in giro… ciao. Però faccio quello che posso. Per quello che sarà, per quanto sarà, voglio vivere la vita, non voglio stare a piangere in casa perché mi hanno tolto l’utero e le ovaie o il seno o perché ho un miliardo di cicatrici. Io amo cantare, vado al mare, ho un sacco di energia. Ho anche i giorni no, però!”.

La rete si espande

Le magliette stanno viaggiando un po’ ovunque. Che effetto ti fa?

“Una mamma amica, che si è trasferita da tempo in Norvegia, ne ha voluta una e ha pubblicato la sua foto mentre la indossa, da Oslo. Una cugina in Svizzera, idem. Bergamo, Roma, Torino, Sardegna, Napoli: è bello, mi carica. Mi piace un sacco. La mia forza si amplifica in ogni maglia che vedo indossata. È un miracolo”.

Come ordinare le magliette

Per ordinare le maglie si può contattare Ambra all’indirizzo ambra.pesaresi@gmail.com

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