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Vincere è un’abitudine, come non vincere

Il mio cervello è quello di un tifoso non abituato a vincere. Se si è trattato solo di un incidente di percorso lo vedremo domenica sera con l’Inter.

Vincere è un’abitudine, come non vincere

Notte insonne

Oggi non leggerò la pagina sportiva di nessun giornale, non guarderò alcun programma sportivo in tv, non parlerò di calcio.

Non posterò sui social nemmeno questo articolo del Napolista.

Ho bisogno di una pausa per disintossicarmi, di un reset rigenerante.

La notte è stata dura, agitata, quasi insonne.

Il sonno è un periodo di sospensione della coscienza e della volontà, durante il quale pero’ il cervello rimane significativamente attivo. Il mio sarà rimasto collegato a quei 15 secondi tra le 19,47 e le 19,48 che hanno poi prodotto la successiva  “strana” sensazione che “ nun era ‘a jurnata!”.

Le cose bene le fai anche al 93esimo

Ma soprattutto il mio cervello è quello di un tifoso non abituato a vincere, non abituato a una spasmodica e logorante sfida settimanale con una tifoseria di una squadra fortissima (in Italia) che da circa 7 mesi non molla di un centimetro nonostante il Napoli stia correndo a livelli di Usain Bolt.

Di solito si dice che rincorrere logora. Non chi è abituato a vincere. Chi è abituato a vincere ha consolidato una struttura mentale tale che riesce a esprimere con meno stress (o con più serenità) la propria forza. Ha la pancia piena e, a livello inconscio, il pensiero è abituato a ragionare in termini positivi. Ti convinci che non fai le cose bene una volta  ogni tanto ma le fai bene sempre. Anche al 93’ !

Vincere e’ una abitudine, cosi come non vincere. Vincere, per un tifoso (almeno per me) non significa giocare bene, vincere non significa essere primi in classifica 37 giornate su 38, vincere non significa il possesso palla 120 minuti su 90. Vincere significa alzare trofei, essere inondati di coriandoli sul predellino con la scritta “winner”. Punto.

Ho bisogno di staccare la spina

Io, come tifoso di un squadra non abituata a vincere, paradossalmente sono logorato dalle tante vittorie.

Quelle vittorie che oggi mi sembrano, sempre a livello inconscio, “inutili” perché  non hanno prodotto un distacco di punti tale che, cosi come avvenuto ed avviene negli altri campionati, mi avrebbe garantito una tranquillità psicologica.

E allora ho bisogno di staccare un attimo la spina. Magari rileggendo “Il credo dell’ottimista” del prof. Christian D. Larson (1874-1962), esponente e insegnante del Nuovo Pensiero nonché un prolifico autore di libri di spiritualità, spesso abusato nella formazione manageriale.

E se si è trattato solo di un incidente di percorso lo vedremo domenica sera con l’Inter.

Buona settimana, per modo di dire

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