L’inchiesta rivela lo stesso sottobosco dei tempi di Tangentopoli e ci fa capire come la Terra dei fuochi sia stata strumentale al raggiungimento dell’obiettivo
Il sottobosco politico campano
L’inchiesta di Fanpage sul malaffare legato allo smaltimento dei rifiuti in Campania apre un ulteriore squarcio sul sottobosco politico campano.
È una storia di corruzione che poco ha a che vedere col “traffico illecito dei rifiuti” (almeno fin qui) ma, ancora una volta, si cerca di sfruttare il ricco filone mediatico della cosiddetta “terra dei fuochi” a fini di audience. Si usa qualcosa di impattante emotivamente per attirare l’attenzione.
Una volta, sarebbe bastato il richiamo a tangentopoli, oggi questo sembra non attirare più abbastanza l’attenzione di un pubblico ormai assuefatto al malaffare nell’amministrazione pubblica.
Nel servizio, almeno nelle due prime puntate mandate in onda, non si parla di “traffico illecito di rifiuti di imprese del nord”, non c’è ombra di “fusti tossici” né di “fanghi termonucleari”, ci si astiene da previsioni apodittiche di sterminio di popolazione.
Senza impianti, favoriti gli affari
Abbiamo l’impressione di rivedere cose già viste: il primo collegamento che ci viene in mente è la nota inchiesta nota come “mafia capitale”, una storia di malaffare, con molte analogie con quella messa in luce da Fanpage, se non altro nei metodi, fatta passare come qualcosa di molto più grande, una storia di mafia, addirittura. Sappiamo tutti come è andata a finire: i giudici l’hanno declassata a storia di ordinaria corruzione. Senza ovviamente sminuire il fenomeno corruttivo.
In realtà, invece, come al solito, per fini utilitaristici, si rischia di spostare l’attenzione, ancora una volta, dai veri problemi lasciandoli non solo irrisolti, ma nemmeno affrontati.
Ed i veri problemi messi in luce dal servizio sono fondamentalmente due: il sottobosco politico campano (volendo assolvere, almeno in parte, la classe politica) rimasto fermo ai tempi di tangentopoli e la cronica carenza di impianti di trattamento rifiuti in Campania.
Nessuno, ad oggi, infatti, ha rilevato che la più grande vergogna che il servizio di Fanpage ha messo alla luce è la cronica assenza, in Campania, di impianti di trattamento rifiuti, carenza che dà l’occasione a personaggi senza scrupoli sia del mondo politico che imprenditoriale e, magari criminale, col trasporto dei rifiuti fuori regione, di lucrarci su.
Berlusconi dovette mandare l’esercito ad Acerra
In questo ambito, la campagna mediatica sulla terra dei fuochi (che al momento non ha basi scientifiche) è stata strumentale a questo stato di cose con l’azzeramento, a furor di popolo, di quel poco che avevamo e la ribellione popolare a qualsivoglia nuovo impianto. Il sottobosco politico campano fermo, ribadiamo, ai tempi di tangentopoli, in combutta con imprenditori senza scrupoli e, magari, pure legati alla malavita, ha fatto il resto. Dunque, se due più due fa quattro, viene da pensare che la mancanza di impiantistica sia voluta.
Berlusconi dovette mandare l’esercito per costruire il termovalorizzatore di Acerra. Altri non hanno avuto la stessa determinazione. Dimenticando la massima del compianto Marco Pannella che dovrebbe, al contrario, essere fatta propria da chiunque si accosti alla pubblica amministrazione: spesso bisogna avere il coraggio di essere impopolari per non essere antipopolari.
E che il racconto che si è fatto della “terra dei fuochi” sia stato montato ad arte viene fuori anche dallo stesso servizio di Fanpage presso una impresa di smaltimento rifiuti: nel servizio, imprenditori senza scrupoli raccontano come si disfanno dei rifiuti liquidi o semiliquidi a loro conferiti smaltendoli in fogna o riversandoli in canali (i regi lagni, nel caso specifico). Come scoprire l’acqua calda: sarebbero stupidi a metterli in fusti e seppellirli. Per anni, invece, ci hanno raccontato la caccia (senza risultati) ai “fusti tossici” o ad interi camion interrati.
Addirittura, per venire incontro all’esigenza di far finta di aver trovato qualcosa, col “decreto terra dei fuochi” si sono interdetti terreni agricoli alla coltivazione (fanno parte dei famosi 33 ettari propalati come il risultato del ritrovamento di terreni agricoli “contaminati”) per mere “anomalie geomagnetometriche” anomalie, se tali vogliamo definirle, comuni ed addirittura più evidenti nei terreni contigui confinanti con un corso d’acqua le cui infiltrazioni creano le suddette “anomalie”. Il bello (ma anche significativo) è che nessuno si è preso la briga di andare a scavare per verificare se lì sotto vi siano “fusti tossici”, camion interrati o quant’altro. Sanno bene che non troverebbero nulla e la bufala sarebbe scoperta. Meglio lasciare i terreni interdetti alla coltivazione sine die, tanto i conduttori di quei terreni sono dei piccoli agricoltori non solo incapaci di difendersi singolarmente, ma nemmeno capaci di unirsi per farlo. Né lo fanno le organizzazioni agricole paghe del fatto “che non se ne parli più”.
L’inascoltato parere del ministero dell’Ambiente
Tornando al servizio, e per concludere il ragionamento, l’oggetto delle trattative non è, come si vuol far credere, un traffico illecito di rifiuti, bensì lo smaltimento di rifiuti prodotti alla luce del sole da impianti di depurazione (i fanghi di risulta degli stessi) nonché le tristemente famose ecoballe.
Per entrambe le tipologie di rifiuto, causa mancanza impianti di trattamento, si è scelta la strada del trasporto fuori regione. Per le ecoballe, addirittura, andando contro quello che era lo stesso parere del Ministero dell’Ambiente che, ancora oggi, giace, negletto, sul sito dello stesso Ministero (http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/trasparenza_valutazione_merito/Relazione%20finale%20Ecoballe%20Campania%20del%20GDL.pdf ).
Sarebbe ora che la popolazione campana aprisse gli occhi, si chiedesse “cui prodest” questo stato di cose e la smettesse di farsene complice.