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L’overdose di calcio rischia di avere effetti indesiderati

Si gioca sempre, anche durante le feste, e con sempre maggior frequenza. Quanto reggerà il sistema, soprattutto con stadi poco accoglienti?

L’overdose di calcio rischia di avere effetti indesiderati

Domani si gioca

Domani già si gioca: è una ossessione. Non se ne può più, diciamolo, la misura è colma. Anzi di più. Bisognerebbe fare qualcosa per opporsi all’accerchiamento, ma cosa? visto che i poteri forti hanno alzato un muro resistente a tutte le pressioni. Domani si gioca – in omaggio a una sorta di rito sacrificale – e il Napoli ospita l’Atalanta: chi vince accede alla semifinale della Coppa Italia, è un appuntamento prestigioso, quindi, che potrebbe fare cassetta ma per richiamare pubblico le società che, come il Napoli, hanno bisogno vitale del dodicesimo giocatore, sono costrette ad attuare una politica di prezzi stracciati accompagnata da una campagna pubblicitaria che invita allo stadio la famiglia al completo.

Le tre opzioni del tifoso

L’escamotage finora ha funzionato, ma quanto durerà? Il fatto è che chi la pensa allo stesso modo – e sono tanti ormai – non se la sente di affrontare l’argomento e di uscire allo scoperto e preferisce reagire a livello umorale scegliendo una delle tre opzioni a sua disposizione:

1) va allo stadio perché che vvuo’ faccio così da quando ero piccirillo e poi al cuore (calcistico) non si comanda;
2) non va allo stadio e dà un taglio netto sperando che altri lo seguano almeno per le partite che non riguardano direttamente il campionato;
3) o, tertium datur in questo caso, decide di non decidere, una attività che alla nostra latitudine conta molti adepti, e non va allo stadio ma si incolla al televisore lasciandosi comunque condizionare dall’evento nonostante la raccomandazione della moglie o della mamma. E nonostante il seme del dubbio che ormai “abita” anche dentro di lui.

La faccenda, insomma, è seria e la decisione finisce per interferire non solo sulla sfera ludica del tifoso costretto a occuparsi di un argomento che in ogni caso mette in discussione la sua “fede” – ma tocca anche il nervo scoperto degli interessi del calcio di casa nostra che, intanto, è andato a imbucarsi in un vortice sempre più impazzito. E insidioso, visto che affida il futuro di club di prestigio mondiale a incerte combinazioni societarie calate dall’Oriente. Il calcio è sull’orlo del baratro e la politica del bastone e della carita è sinceramente inaccettabile.

Il buon senso e gli algoritmi

Tocca parlare di queste cose, dunque, e rivolgersi a quelli dell’altra sponda che non si considerano in stato di assedio. Sono ancora maggioranza ma le percentuali tendono a calare: se devo dare credito al mio osservatorio personale, dove non si fa uso di algoritmi ma solo di buon senso, le antiche certezze sono state incrinate dal tarlo del dubbio. La cantilena dei replicanti è la stessa di sempre, ma meno convinta: anche in altri paesi, segnatamente in Inghilterra, usa così: perché da noi non si può? Si può, per carità, ma il prezzo da pagare è troppo alto e certamente una distribuzione più razionale dei calendari nazionali ed internazionali avrebbe un effetto tonificante.

Gli stadi d’Italia

Parliamone, dunque. Ora, a parte il fatto che siamo in Italia e sarebbe auspicabile che i modelli, almeno quelli calcistici, ce li fabbricassimo in casa, c’è una considerazione che si impone: il Belpaese non è dotato di stadi confortevoli che inducano a considerare la partita non solo fine a se stessa ma anche l’occasione per trascorrere una serata piacevole in una struttura che garantisca altre attrattive, commerciali e gastronomiche, come usa all’estero.I nostri stadi, tranne eccezioni che si contano sulle dita di una mano,  sono scatoloni di ferro e di cemento che denunciano tutti gli anni che hanno oltre a mostrare il volto di una italietta incapace di mettersi al passo con i tempi: la maggior parte degli impianti è da buttare giù e da rifare, dove sono o altrove, ma con tutt’altro criterio urbanistico e funzionale. A Napoli, società e Comune – in questo momento De Laurentiis e de Magistris – ci provano da anni, ma siamo all’anno zero e la soluzione è a sempre di la da venire nonostante le promesse – e le bugie – dei dirimpettai.

Che, però, sembrano di non accorgersi di quanto, nonostante tutto, accade intorno ai “palazzi”. Rispetto al passato, cioè, si sta facendo strada una differenza impercettibile ma capace di smuovere l’inerzia: il senso di accerchiamento ha provocato un abbassamento della soglia di interesse che potrebbe portare ad un distacco progressivo. I numeri ancora non segnalano una inversione di tendenza, ma come disse il verme alla noce: dammi il tempo e ti buco.
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