Insigne racconta la sua Napoli e il suo Napoli a France Football
Il manifesto del Napoli, firmato da Lorenzo Insigne: «Oggi siamo veramente consapevoli della nostra forza, sappiamo che possiamo battere chiunque. Ho sempre dato tutto, per la mia squadra».

Lorenzo Insigne (Hermann)
L’intervista a France Football
Una foto in primissimo piano, nella prima pagina dell’intervista. E poi una lunga, lunghissima confessione. Lorenzo Insigne rappresenta il Napoli sulle pagine di France Football. Abbiamo letto l’intera chiacchierata del numero 24 azzurro, pubblicata sul numero cartaceo in edicola da ieri nell’Esagono. Ci sono delle dichiarazioni molto interessanti: «Il rapporto tra i tifosi del Napoli e la squadra è viscerale. Si capisce camminando in città, che finisci per imbatterti continuamente nelle immagini che ricordano Maradona. Nonostante due campionati in Serie C, la passione del pubblico non è mai venuta meno. Non è facile richiamare 60mila persone in uno stadio per una partita di terza serie. A Napoli, questo è possibile».
Insigne parla del rapporto difficile tra i tifosi partenopei e la Nazionale italiana: «Tendono a pensare che esista solo il Napoli, è importante che capiscano che la Nazionale è uno specchio del movimento. Anche se in realtà l’accoglienza al San Paolo non è mai stata davvero negativa».
Un napoletano nel Napoli
Lorenzo Insigne da Frattamaggiore, simbolo del Napoli. Una condizione complessa: «Ho sempre avvertito della pressione aggiuntiva, i tifosi da me si aspettano qualcosa in più. Io sono peggio di un ultras, il sostegno alla mia squadra viene prima del mio essere calciatore. Forse non è l’atteggiamento giusto, ma io la vivo in questo modo. Io ho sempre dato tutto, anche per questo non ho mai abbassato la testa quando i tifosi mi contestavano per delle prestazioni negative. Non avrei potuto fare altrimenti, avrei dovuto solo lasciare Napoli».
L’immagine di Napoli: «Ci sono ambienti complicati, certo, ma Napoli non è una città molto diversa da altre metropoli. Spesso i media hanno una narrazione sbagliata di Napoli, ma alla fine tutti quelli che visitano la città se ne innamorano. Nessuno dei miei compagni di squadra ha voglia di partire per qualcosa che sia legato all’ambiente. È un peccato che un calciatore preferisca accettare le offerte di squadre come Inter, Milan e Juventus piuttosto che quelle del Napoli. Succede sempre così, spero che questa situazione possa cambiare».
Il gioco
Insigne, il “problema” della statura e i tecnici che hanno influenzato il suo calcio: «Io credo che la cosa fondamentale per un calciatore sia la capacità di controllare il pallone. È un peccato che gli osservatori e i tecnici delle giovanili scelgano calciatori con un fisico imponente ma che non abbiano grandi qualità tecniche. Zeman, Benitez, Sarri. Il calcio del mio tecnico attuale è molto diverso da quello di chi l’ha preceduto. Gli attaccanti sono i primi difensori, tutti siamo coinvolti in entrambe le fasi. Il segreto del successo del Napoli è la stabilità: giochiamo insieme da tre anni, abbiamo cambiato pochi uomini. I meccanismi sono oliati, quando ho la palla conosco i movimenti che faranno Callejon, Mertens, Hamsik, Jorginho. Molti di noi sono stati contattati da grandi club quest’estate, il club ha fatto uno sforzo per confermare tutti e tocca a noi ripagare questa fiducia sul campo».
Le differenze con la Juventus
La differenza con l’approccio al gioco tipico della Juventus: «Loro sono molto forti in fase difensiva, non subiscono quasi mai gol e sanno che possono sbloccare la partita in qualsiasi momento. Anche noi abbiamo fatto dei progressi da questo punto di vista. Anche se in una partita non riusciamo a segnare, non rischiamo niente e comunque portiamo a casa un pareggio. È andata in questo modo contro Inter, Chievo e Fiorentina. Oggi siamo veramente consapevoli della nostra forza, sappiamo che possiamo battere chiunque. L’eliminazione dalla Champions è stata pesante per noi, ma non è vero che abbiamo snobbato la competizione. Si tratta del torneo più importante del mondo!».
La Nazionale
Insigne escluso dal playoff con la Svezia, a parte quindici minuti nel match di Stoccolma: «Non mi piacciono le polemiche, ciò che è fatto è fatto. È un peccato non poter andare al Mondiale, devo dire che le parole di De Rossi (ricorderete il caso del riscaldamento rifiutato, ndr) mi hanno reso molto orgoglioso. Al ritorno non c’era Verratti, ed è stata una mancanza grave. Io sono innamorato di lui, è un fenomeno».