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Anche il rettore del Suor Orsola si iscrive al partito “D’Amato la rapina se l’è cercata”

«I miei studenti non vengono all’Università con orologi o monili di altissimo valore», così Lucio D’Alessandro commenta la rapina all’ex numero uno di Confindustria

Anche il rettore del Suor Orsola si iscrive al partito “D’Amato la rapina se l’è cercata”
Antonio D'Amato

Premessa: rapinano ovunque

Breve premessa d’obbligo a Napoli dove la permalosità e la suscettibilità sono a punteggio pieno, non hanno pareggiato nemmeno due partite. Rapinano a Napoli come a Palermo, a Parigi come a Francoforte. Fine della premessa. Tanto gli indignados in servizio permanente arriveranno lo stesso. Seconda premessa: non ci iscriviamo, ovviamente, essendo dotati di memoria (per non dire altro), a quelli che de Magistris ha trasformato Stoccolma in una suburra. Beati coloro i quali ricordano Napoli come Stoccolma, vorremmo tanto fumare quello che fumano loro.

I fatti

Detto questo, passiamo ai fatti. Domenica a ora di pranzo – scoop del quotidiano “Roma” – all’uscita dell’hotel Parker’s al corso Vittorio Emanuele l’ex (molto ex) presidente di Confindustria Antonio D’Amato viene rapinato del suo orologio. Un Patek Phillipe del valore di circa 25mila euro. Gli puntano la pistola in faccia mentre D’Amato è al volante della sua Aston Martin. E qui diciamo che sul meraviglioso mondo dei social – che poi in fondo è una cartina di tornasole – c’è anche chi si è sorpreso che gli abbiano lasciato l’auto di lusso.

In un autunno che porta con sé gli strascischi dei commenti allo stupro dei carabinieri ai danni delle due americane, non possiamo non sobbalzare dalla sedia quando leggiamo l’intervista sul Corriere del Mezzogiorno al rettore del Suor Orsola Benincasa Lucio D’Alessandro. D’Alessandro concede una risposta che su facebook avrebbe ottenuto molti like e condivisioni. Una di quelle frasi “dico non dico, ma dico eccome se dico”.

I miei studenti non indossano orologi di lusso

Alla domanda-informazione “All’imprenditore Antonio D’Amato hanno rapinato l’orologio al corso Vittorio Emanuele alle 13 di domenica scorsa”, risponde così: «Che dirle, sarà che i miei studenti non vengono all’Università con orologi o monili di altissimo valore. Detto ciò i miei ragazzi mi parlano di tanti altri disservizi o inefficienze qui al Corso».

Che ci suona più o meno come: “le mie ragazze non vanno mai in giro senza mutande, oppure senza minigonna”. Ripetiamo, le rapine accadono a ogni latitudine. Va da sé che se giri con un Rolex hai più probabilità di essere rapinato rispetto a chi gira con pantaloni stracciati e con braccialetti da un euro sulle bancarelle. Ma, ci chiediamo, perché stigmatizzare il comportamento di chi vive Napoli senza prendere tutte quelle precauzioni che ci indignano quando le leggiamo sulle avvertenze dei consolati esteri? Perché la ricchezza viene demonizzata a prescindere?

È una variante del papponismo

Proprio pochi giorni fa sul Napolista abbiamo pubblicato un articolo sulle opportunità che Napoli avrebbe dall’incrementarsi del turismo di lusso. Ma come possiamo ambire a quest’obiettivo se le principali istituzioni cittadine trattano con sufficienza chi si lascia rapinare un orologio da 25mila euro? Quali sono le nostre speranze se a ragionare così è un rettore universitario? La domanda – va da sé – è retorica.

È più o meno la stessa di coloro i quali hanno affermato in coro che De Laurentiis se l’è cercato lo stadio vuoto per Napoli-Shakhtar: avrebbe dovuto regalarli i biglietti. Non a caso, fateci caso, in tutta Napoli non si trova un intellettuale (parolone), un imprenditore, un rettore universitario pronto a mettere la faccia per Aurelio De Laurentiis il pappone. Perché a Napoli il denaro continua a essere lo sterco del diavolo. Va custodito, irrorato, ma mai esibito. Che volgarità. Se lo esibisci, ti rapinano. E te la sei cercata. Ecco, altrove rapinano come a Napoli. Ma altrove è più arduo imbattersi nel “te la sei cercata”. A Napoli invece il filone è maggioritario e anche ben rappresentato. Come quelli che esci senza mutande non puoi che essere violentata. Ovvio no?

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