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Il Napoli è architettura, l’Inter è edilizia

Dieci motivi per innamorarsi di un pareggio. Da Ettore Sottsass a Charlotte Rampling alle poesie di Anna Maria Carpi

Il Napoli è architettura, l’Inter è edilizia
Ettore Sottsass per decifrare Napoli-Inter

Radicati e sradicati

Una delle più belle poesie di Anna Maria Carpi dice: “Cos’è la terra? Erba / aria folate erba / fruscio contesa / fra radicati e sradicati. / E tu fra i due chi sei?”. Tutte queste cose accadono nella vita come in un pareggio allo stadio, e sono comunque belle non per la bellezza in sé, ma per quanto riescano a dirci di noi. Tra le folate, sopra l’erba, tra il fruscio del pallone che scorre, tra una palla contesa a centrocampo, tra un portiere che fa un miracolo e un attaccante che scompare, tra un gol sbagliato e un passaggio mancato, tra una scarpetta e un filo d’erba, tra una corsa sulla fascia che porta al cross e un’altra soltanto abbozzata, tra un colpo di testa e un rinvio svirgolato; così si consuma un pareggio. Il Napoli, però, appartiene sia ai radicati che agli sradicati. Radica se mantiene il controllo del gioco, sradica se va a prendersi il pallone dai piedi dell’avversario. Il Napoli pareggia prima con il Napoli e poi con l’Inter, il Napoli si accorda e non suona mai la stessa musica, a volte gli riesce un sottotono e guardate che la mano da sottotono in poesia è considerato un complimento.

Icardi non pervenuto, Handanovic invece sì

L’Inter si è mantenuta bassa per gran parte del tempo, ha provato a resistere in maniera dignitosa, è squadra organizzata e ha un ottimo allenatore, ma non mi è parsa niente di che, considerando anche il fatto che durante la settimana non ha disputato nessuna partita, soltanto partitelle. Icardi, l’attaccante che continua a piacerci molto non è pervenuto, è pervenuto – come consuetudine – Handanovic. Il Napoli si è mantenuto alto, ha giocato da Napoli, ha avuto le sue occasioni, in momenti chiave, nei minuti in cui poi segnando le partite si indirizzano. Il Napoli era forse un po’ stanco ma non così stanco come tutti si aspettavano, il Napoli c’è ed è primo, alla fine di una settimana non semplice. Noi preferiamo essere stanchi ma giocare in Champions a metà settimana anziché guardarla alla tv.

Il Napoli è architettura, l’Inter edilizia

“Abbastanza raramente mi incontro con l’architettura”, scriveva il grandissimo Ettore Sottsass; che poi proseguiva con “Molto spesso mi incontro con l’edilizia”. Il Napoli, che piaccia o no, è architettura. L’architettura si occupa di come riempire lo spazio ma anche di quanto lasciarne vuoto intorno. L’architettura costruisce e, se necessario, non lo fa. L’Inter è l’edilizia: si mettono pietre e tegole dove necessita, ma non ci si cura dello spazio da lasciare, non ci si cura di come trovarlo. L’edilizia è utile ma a volte è banale. L’architettura vera non è mai banale, fa pensare al respiro. Ogni tanto l’edilizia pareggia con l’architettura, sulla lunga distanza, guardando alle città migliori, ci si accorge che l’architettura vince.

Charlotte Rampling

In questi giorni è nelle sale: “L’altra metà della storia”, un bel film tratto dallo straordinario romanzo di Julian Barnes: “Il senso di una fine”. Il protagonista del film è Tony, un bravissimo Jim Broadbent, che dopo quarant’anni e passa si trova ad affrontare vecchi ricordi che lo riporteranno a confrontarsi con amori e amici peduti e agli anni delle superiori. L’altra protagonista del film è Veronica, che rispetto a Tony compare molto poco, ed è una straordinaria Charlotte Rampling; ecco ogni scena in cui Rampling non compare viene in mente un pareggio. Rampling è un antidoto agli zero a zero. Nel film a un certo punto ascoltiamo questa frase: “Ciò che si ricorda non è mai ciò a cui abbiamo davvero assistito”. Cosa ricorderemo di questo pareggio? Molto dipenderà da quello che succederà da qui in avanti.

È un buon pareggio perché dopo otto vittorie si può anche pareggiare, anche se è chiaro che il Napoli avrebbe potuto vincere, ma sempre a mille non si può andare; un anno fa non saremmo sopravvissuti a una settimana del genere, invece ne usciamo più forti e convinti. Certi pareggi si possono amare perché sono un buon contorno alle portate principali.

Piano Americano

Il cinema ci insegna che non si vive di soli primi piani, non contano soltanto i protagonisti, conta ogni singola scena e conta ogni dettaglio di quella scena, si chiama Piano Americano (se ne parla nel romanzo di Antonio Paolacci, uscito in questi giorni) quell’inquadratura in cui il protagonista non è in primo piano ma inquadrato all’interno di un contesto. Se fossimo sempre in primo piano non vinceremmo tutte le partite per 3 a 0 ma saremmo sempre responsabili di tutto il film. Bisogna giocare sfruttando il Piano Americano, che come il drone di Sarri tiene dentro l’inquadratura il protagonista e il terreno di gioco, il pallone la porta, l’assist e il tiro, il retropassaggio e il salvataggio sulla linea. Nell’inquadratura in cui il protagonista è il campionato, uno 0 a 0 può essere un bellissimo tramonto domenicale lungo Viale Augusto, col protagonista inquadrato di schiena mentre rincasa.

Un pareggio ti toglie poco, eccetto i due punti

Ci si innamora di un pareggio quando questo ti toglie poco, eccetto i due punti; ci si innamora di un pareggio quando questo ti lascia al primo posto, predisponendoti nel migliore dei modi a una settimana che avrà altre due partite da disputare, queste ultime – possibilmente – da vincere.

Doveva essere una domenica di pioggia ma non lo è, il cielo pare volersi aprire. Il clima si sente un po’ come mi sento io, non c’è un sole da vittoria, ma dietro le nuvole si intravede l’azzurro.

Il tempo, il tempo ci riguarda, il tempo riguarda ogni cosa. Novanta minuti a volte sono un’eternità; e abbiamo imparato a conoscere l’eternità di certi recuperi, quelli che non passano mai. Ma novanta minuti diventano niente se già solo si contestualizzano all’interno delle ultime tre partite e diventano un piccolo dettaglio nel minutaggio del campionato. Tifare e sostenere vuol dire anche accorgersi di questo.

Mi innamoro di questo pareggio pur avendo pensato per tutta la settimana che avremmo vinto. Mi innamoro di questo pareggio perché giovedì ho detto a un amico interista che faceva un po’ lo spavaldo: “Certo, che potreste anche vincere, ma tutto dipenderà dal Napoli, voi siete uno dei tanti dettagli marginali”.

Note a margine:

  • Cercherò di non passare il campionato ad occuparmi di ciò che vanno dichiarando, di volta in volta, Sconcerti, Vialli, Caressa, Ferrara, Mauro, Marocchi e altri animali (è una citazione, che non si offendano).
  • Britos ha messo paura al Chelsea, sono soddisfazioni.
  • Ogni volta che penso che “La partita non guardata” vi abbia stufato mi date motivo di ricredermi e di questo vi ringrazio.
  • #IoStoConSarri soprattutto in settimane come questa.

Libri:

Anna Maria Carpi, E io che intanto parlo, Marcos y Marcos, 2016

Ettore Sottsass, Foto dal finestrino, Adelphi, 2009 e successive edizioni

Julian Barnes, Il senso di una fine, Einaudi 2011, traduzione di Susanna Basso.

Antonio Paolacci, Piano Americano, Morellini 2017

Film:

L’altra metà della storia di Ritesh Batra.

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