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Spagna-Italia, una trasferta difficile e la linea che unisce l’Europa

Il racconto dell’unica vittoria azzurra in Spagna e la suggestione dell’estate 1982: Mario Soldati immagina gli Stati Uniti d’Europa, un’idea oggi dissolta.

Spagna-Italia, una trasferta difficile e la linea che unisce l’Europa
1949: le nazionali di Spagna e Italia schierate a centrocampo prima del match amichevole di Madrid.

Mister Ventura non ha nascosto dinanzi ai microfoni di temere la trasferta spagnola, non tanto per la qualità dell’avversario ma soprattutto per la condizione atletica dell’Italia. Il campionato è iniziato da poco, ma anche gli spagnoli sono allo stesso punto. E i nostri come ben sappiamo storicamente non riescono ad esprimersi al meglio in occasione degli appuntamenti settembrini.

Dobbiamo quindi dedurre che il doppio confronto ravvicinato Spagna-Israele non sia per niente agevole. Poi se aggiungiamo alla non perfetta condizione atletica l’infortunio dell’ultim’ora nel quale è incorso Giorgio Chiellini, il cui tallone d’Achille negli ultimi tempi risulta essere proprio il polpaccio, Ventura ha ben ragione di preoccuparsi per quella che dev’essere considerata, come dichiarato da Daniele De Rossi, una vera e propria finale che potrebbe consegnarci il ticket per la qualificazione diretta ai prossimi mondiali di Russia del 2018.

Una sola vittoria

Ma in terra spagnola, contro le “Furie Rosse”, l’Italia non ha mai avuto vita facile. Anzi la squadra azzurra è riuscita ad affermarsi contro i padroni di casa una sola volta, nel lontano 1949. Altri tempi, altro calcio. Quel 27 marzo del 1949 non è una partita come tutte quante le altre. In pratica è l’ultima partita che la Nazionale italiana gioca prima della tragedia di Superga. L’ultima partita con il blocco del Grande Torino. Una gara amichevole nel vecchio stadio Chamartin di Madrid.

Gli azzurri scendono in campo con questa squadra: Bacigalupo; Ballarin, Beccatini, Annovazzi, Rigamonti; Castigliano, Menti; Lorenzi, Amadei, Valentino Mazzola e Carapellese. Sei uomini granata con la maglia azzurra per una squadra che si dimostra ben organizzata, coriacea, arcigna e piena di fantasia. Gli azzurri passano in vantaggio con l’esordiente Benito Lorenzi detto “Veleno”, perché ai suoi avversari pratica dei trattamenti molto ruvidi soprattutto nelle cosiddette parti basse del corpo. Lorenzi in campo non le manda certamente a dire, basta chiedere a Giampiero Boniperti che viene soprannominato proprio da Lorenzi in chiaro stile provocatorio “Marisa”. Ma anche nella vita Lorenzi è uno duro, e lo dimostra quando si arruola come volontario nella X Flottiglia Mas durante la seconda guerra mondiale.

Maledetta Superga

Ma dopo il vantaggio italiano la Spagna raggiunge il pareggio con un calcio di rigore messo a segno dal Basco Garinza. Per lui un’intera carriera tra le fila dell’Atletico Bilbao anche come allenatore. Ma l’Italia è una squadra solida e alla ripresa del gioco passa nuovamente in vantaggio con il milanista Carapellese, mentre la terza rete la mette a segno un altro debuttante, Amadeo Amadei. Ciliegina sulla torta il rigore parato da Bacigalupo, sul risultato di 3-1, proprio a Garinza. Questi uomini, insieme ad altri, sarebbero dovuti andare in Brasile per difendere il doppio titolo di campioni del mondo conquistato dall’Italia rispettivamente nel 1934 e 1938. Questo blocco avrebbe dovuto confrontarsi con il Brasile e l’Uruguay. E chissà, se non ci fosse stata di mezzo Superga, probabilmente sarebbero stati proprio gli azzurri i protagonisti della disfatta brasiliana più importante della storia.

Ecco perché stasera in quel di Madrid dovrà scendere in campo un gruppo tosto, che non dovrà concedere nulla agli spagnoli e prendersi in trasferta quel Pass che occorre per andare in Russia senza passare dagli spareggi. Un po’come fece l’Italia di Bearzot nei mondiali spagnoli del 1982, tirando fuori ogni risorsa proprio nel momento più difficile e mettendo a tacere proprio le squadre più forti del mondo. In pratica la vittoria arride sempre a chi riesce a soffrire di più.

Dall’alto verso il basso

Riavvolgendo i nastri del passato e ritornando indietro a quella indimenticabile estate dell’82, rileggendolo, mi ha molto impressionato un articolo di Mario Soldati pubblicato dal Corriere della Sera all’indomani del trionfo. Soldati racconta di un suo incontro in albergo, alle tre di notte, dopo la finale vinta con i tedeschi proprio con un avvocato di Amburgo che seduto al bar gli confida che «le quattro squadre che hanno raggiunto la griglia finale del mundial, – Italia, Germania, Polonia, Francia – non avrebbero potuto rappresentare simbolicamente meglio il futuro politico. Il nucleo energico e formativo degli Stati Uniti d’Europa. Unica speranza per il futuro dell’umanità. Che si tratta di una linea che unisce l’Europa dall’alto verso il basso». Soldati, mentre rientra in camera, afferma che «vorrebbe fare una salto nel futuro, di volersi ritrovare nello stesso albergo madrileno tra una trentina d’anni per capire e vedere come sarà la nostra Italia nell’Europa Unita».

Mi viene voglia di rispondere con semplice umiltà, pur non trovandomi in quell’albergo di Madrid. Adesso Italia e Spagna si contenderanno la qualificazione ai mondiali, partita che gli azzurri dovranno assolutamente vincere. Nel frattempo, però, la linea è diventata orizzontale. E noi ci siamo seduti sopra con il rischio di cadere se a qualcuno venisse in mente di ruotarla. In pratica ci siamo appiattiti e il sogno degli Stati Uniti d’Europa sembra dissolto per sempre.

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