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Il modello Sarri per il Napoli è la formazione tipo (e il Barcellona di Guardiola)

Scelte chiare dell’allenatore, come SartiBurgnichFacchetti e il Barça che vinse tutto (ma non sceglieva tra campionato e Champions). Il Napoli batte i record ed è potenzialmente da 90 punti.

Il modello Sarri per il Napoli è la formazione tipo (e il Barcellona di Guardiola)
Sarri / Foto Matteo Ciambelli

SartiBurgnichFacchetti

Una volta si chiamava formazione tipo. La proverbiale SartiBurgnichFacchetti, o anche ZoffeGentileCabrini, per noi tifosi del Napoli CarmignaniBruscolottiPogliana. L’undici titolare, il resto era contorno. Panchinari più o meno illustri. Piloni – la storica riserva di Zoff – giovani che prima o poi avrebbero conquistato in squadra, altrimenti meteore che nella loro vita avranno potuto raccontare di aver giocato in Serie A in una grande squadra. Se n’è andato Bersellini, e la sua Inter dello scudetto ad esempio aveva in panchina Ambu e Canuti. Ma giocavano sempre gli stessi ed erano Bordon, Baresi, Oriali, Pasinato, Mozzini, Bini, Caso, Marini, Altobelli, Beccalossi, Muraro. Punto. Dall’1 all’11. E ciascuno era legato al proprio numero, anche senza nome dietro alle spalle. C’erano una volta i titolarissimi.

Sviluppo e progresso

Maurizio Sarri, pur essendo un innovatore, è figlio di quel calcio lì. È forte la tentazione di citare la distinzione pasoliniana tra lo sviluppo e il progresso. Sarri è per il progresso del calcio, contro lo sviluppo. E ieri, a Sky, dopo aver sommerso di gol il Benevento con la formazione tipo, ha rilasciato una dichiarazione che rivela perfettamente il Sarri pensiero. La domanda era sulla prevedibilità del gioco del Napoli, la risposta può essere tranquillamente adattata a questa parola che va tanto di moda: il turn-over. «Che il gioco del Napoli sia diventato prevedibile è un altro luogo comune – ha detto – il Barcellona ha giocato nello stesso modo per nove anni e ha vinto tutto». Una frase che ha consentito a un amico molto intimo di vincere una scommessa, era certo che prima o poi Sarri avrebbe rilasciato quella dichiarazione.

Il turn-over del Barcellona 2010-2011

Ed è un paragone che calza anche per il turn-over. Basta dare uno sguardo alla rosa del Barcellona 2010-2011, l’ultima stagione da ricordare del Guardiola catalano: vinsero Champions e Liga. Furono quattordici i calciatori che superarono i mille minuti giocati in campionato. Anche quello era un campionato a venti squadre. Lo scorso anno sono stati quindici i calciatori del Napoli che hanno superato i mille minuti (diciotto quelli della Juventus). Dieci (sia per il Barça sia per il Napoli) i calciatori che hanno superato i duemila minuti. Con una differenza: in quel Barcellona nessuno superò in campionato i tremila minuti giocati, nemmeno Messi, né Victor Valdés né Dani Alves. Nel Napoli, lo scorso anno, quota tremila minuti è stata superata da Reina, Hysaj, Hamsik e Callejon.

Vanno dette due cose: la prima è che nel frattempo Guardiola sembra aver cambiato idea. Lo scorso anno sono stati sedici i calciatori del Manchester City che in campionato hanno giocato più di mille minuti e nessuno ha superato la barriera dei tremila. Ma, si dirà, il suo City non ha vinto nulla.

Altro particolare non irrilevante è che il Barcellona 2010-2011, come detto, poi vinse Champions e Liga. Oltre al fatto che stiamo parlando di una delle cinque squadre più forti di tutti i tempi. 

Questa è la realtà, al di là delle opinioni personali

Ma a noi interessa più l’aspetto filosofico. Ormai siamo al terzo anno di gestione Sarri, e rimanere sorpresi per le scelte dell’allenatore sconfina nell’ingenuità, per non dire altro. Ieri è stato piuttosto chiaro. Questa è la sua idea di calcio. Una squadra titolare e delle riserve. Alcune con più chance di giocare – in ordine non casuale Zielinski, Diawara, Milik – il resto giocherà meno di mille minuti in campionato. Contro il Benevento o contro la Juventus. Come negli anni Ottanta.

Si può rimanere a discutere giorni, si può essere d’accordo o non esserlo, Sarri è così. È vintage, all’antica. Che non vuol dire arretrato. Chi scrive – che di mestiere non fa l’allenatore – non è d’accordo. Non ha capito né capirà mai la formazione schierata contro il Benevento ultimo in classifica. Teme fortemente che i calciatori possano a lungo andare affaticarsi. Ma sono opinioni personali di chi fa un altro mestiere. E in ogni caso la realtà è così evidente, che non prenderne atto equivarrebbe a un principio di dissociazione. Sarri è stato esplicito anche in un’altra risposta, quando ha detto che Insigne e Callejon sono diesel, che hanno capacità di recuperi straordinarie. Insomma, sono usciti perché eravamo 4-0 e 5-0 contro il Benevento, altrimenti sarebbero rimasti in campo.

In questa ottica, rientra anche la “preferenza” per il campionato, ufficialmente non avallata da Sarri ma piuttosto manifesta nei fatti. Questa sì, probabilmente, demodé. E certamente estranea alla mentalità di qualsiasi allenatore che ambisca a vincere. Che si chiami Guardiola o Mourinho.

Record su record battuti

Intanto il Napoli sta battendo record su record. Ha infranto il muro delle otto vittorie consecutive. Sono diventate nove, spalmate su due campionati. il Napoli si è immediatamente ripreso il record di squadra col migliore attacco: 15 reti. E ha la seconda miglior difesa del campionato: due gol subiti, contro la rete dell’Inter.

Poi un’altra cifra su cui ci soffermeremo. Eliminando le prime otto giornate del campionato scorso, il Napoli ha totalizzato 72 punti in 30 partite. Che, sommati ai 12 punti ottenuti in queste prime quattro giornate, fanno 84 punti. E mancano ancora quattro giornate a questo campionato virtuale. Stiamo parlando quindi di una squadra che al momento ha dimostrato di poter arrivare a quota 90 in campionato, anche qualcosina in più.

Lo scorso anno la Juventus ha vinto a quota 91, con relax finale. Come due anni fa. I numeri dicono che il Napoli di Sarri può farcela. O meglio, che ha dimostrato di poter raggiungere questa quota a patto che riesca a superare i momenti di crisi/appannamento. Sarri ha deciso, almeno per il momento, di giocarsela con la formazione tipo e poche riserve elette. I fatti fin qui gli stanno dando ragione.

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