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Il Var eviterà errori macroscopici, ma non cancellerà polemiche e dietrologie

Una riflessione sul Var: il supporto tecnologico non cambierà i talk show televisivi, né pacificherà le discussioni dopo una decisione controversa.

Il Var eviterà errori macroscopici, ma non cancellerà polemiche e dietrologie

Oggettivizzazione del soggettivo. Cioè (provare a) rendere assoluta e universale una scelta che, invece, rimane individuale. È il modo in cui un amico aspirante ricercatore una volta mi ha definito il meccanismo dei concorsi universitari. L’espressione mi è tornata in mente a proposito di Var. Che, come dimostrano le primissime applicazioni, è probabilmente una grande innovazione, ma non è né uno strumento chirurgico perfetto né la soluzione a tutti i problemi.

Una gran cosa

Quello che osservava il mio amico, dal pulpito di un caffè in Galleria Umberto, sulle distorsioni dei concorsi accademici è che, in sintesi, il meccanismo ha permesso storicamente ai professori universitari di cooptare i propri discepoli con una selezione ufficialmente pubblica ma di natura privata nei fatti. Il prediletto del professore, intorno al quale è stato scritto il bando, può effettivamente scoprirsi la persona più idonea al ruolo. Ma se il selezionato non si rivela una risorsa per la comunità scientifica, né tanto meno per studenti e dipartimento, non sarà più possibile addossare la responsabilità della scelta a chi l’ha compiuta. Il passaggio concorsuale neutralizza il problema: a quel punto il ricercatore è un dipendente ministeriale approvato da una commissione d’esame.

Ecco, per anni abbiamo letto che l’arbitro ha l’ingrato compito di far rispettare un regolamento tanto semplice quanto passibile di infinite interpretazioni e di dover compiere valutazioni complesse in pochi attimi. La prova Tv, aggiungendo uno schermo e prolungando di qualche decina di secondi il processo decisionale, comunque non può risolvere tutti i problemi. Il Var permette di evitare gli errori macroscopici: ed è una gran cosa. Ma in molti altri casi le scelte controverse rimarranno tali.

Le conseguenze

Le conseguenze sono due. Uno. La moviola rimarrà un momento fondamentale dei talk show calcistici. Var o non Var, i Cesari e i Tacchinardi continueranno a dire la loro e gli spettatori sui social a scrivere tutto e il contrario di tutto. Due. La pretesa che la prova Tv sia il bollino di qualità delle decisioni arbitrali apre a una gamma di obiezioni che vanno, passando dal malfidato, dal critico all’apertamente complottista. Insomma, vi aspettate che l’argomento “è stato convalidato dal Var” pacifichi le discussioni intorno all’assegnazione di un gol dubbio in una partita di cartello? Non accadrà.

Qui torniamo all’oggettivizzazione del soggettivo. Si obietterà a tutti i livelli (allenatori in mixed zone, fratelli procuratori su Instagram, tifosi al bar) che con il Var si vuole spacciare per buona una scelta comunque sbagliata. Oppure che, peggio, col Var il Palazzo vuole autenticare come giusta una sanzione malevola e preordinata. La lavanderia delle cattive intenzioni del regime.

Il comandante Sarri, che da buon toscano ha una dialettica fisiologicamente orientata alla polemica, in estate non si è mai espresso in termini entusiastici a proposito del Var. Non è un caso. Si è voluto tenere le mani libere. Se non condivide un arbitraggio vuole poterlo dire. Senza riconoscere la premessa che il Var garantisca alcunché.

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