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La Juventus, l’identità di gioco e Bonucci che vale Higuain

Appunti su Juventus-Lazio: Allegri schiera la sua solita squadra, ma non può essere la stessa cosa (senza la miglior condizione e senza Bonucci).

La Juventus, l’identità di gioco e Bonucci che vale Higuain

Nulla di diverso

Non c’è molto da esultare, rivalità sportiva a parte, per la sconfitta della Juventus in Supercoppa Italiana contro la Lazio. Il ciclo bianconero può sembrare in fase di down, ma non certo per le indicazioni di campo che abbiamo ricevuto dalla notte dell’Olimpico. Perché, signore e signori, la squadra che abbiamo visto giocare ieri sera era la Juventus. Era la squadra degli ultimi due scudetti, conservativa nel modo di stare in campo, con le stesse identiche prerogative nella gestione delle forze e con i medesimi equilibri tra attacco e difesa.

Inizio a mille per cercare il gol del vantaggio (due-tre occasioni nei primissimi minuti), poi gestione difensiva del possesso palla e ricerca della giocata del singolo. Inutile girarci intorno, inutile dire e sostenere che quest’anno sarà un’altra cosa: gli ultimi tre scudetti sono stati vinti così, dall’alto di una superiorità tecnica e mentale imbarazzante. Juventus-Lazio, nonostante il risultato, non è molto diversa dalle (tante) vittorie per 1-0 degli ultimi due anni; Juventus-Empoli, Juventus-Sassuolo, Juventus-Roma, Juventus-Inter. Quattro partite che peschiamo a caso, nella nostra memoria: zero gol subiti, pochissime occasioni concesse, il gol fatto su prodezza del singolo e gli avversari rimbalzati ad ogni tentativo.

Il gioco

Allegri non ha tante colpe in questo sviluppo delle cose: lui fa l’allenatore, è pagato per raggiungere dei risultati e questo è il modo migliore per farlo nel modo più sicuro e più veloce. Il tecnico bianconero ha sempre assecondato le caratteristiche della sua squadra, sfruttando i punti di forza e mascherando quelli deboli. Se sei la squadra più forte, quella con i calciatori migliori, puoi vincere (spesso, quasi sempre) facendo leva su questa tua differenza di potenziale.

Solo che, però, anche ai migliori possono capitare serate negative. Quando gli avversari sono ancora più forti (Barcellona, Bayern Monaco, Real Madrid), oppure quando corrono di più e quindi possono organizzarsi meglio (ieri sera è un esempio). Succede. In casi del genere, un’identità di gioco costruita sulla superiorità mentale, fisica e tecnica diventa debole, attaccabile. Perché non c’è il supporto alternativo, manca qualcosa cui appellarsi se non c’è il tiro da fuori di Dybala, la spizzata di Mandzukic, il tiro radente di Higuain. Se il singolo non gira, il meccanismo della Juventus si inceppa. Ha la forza di rialzarsi all’improvviso, perché il talento resta talento e può esprimersi da un momento all’altro, e in tante forme. Ma può non accadere, o capita che non basti.

Bonucci

Anche perché poi uno o due gol sono il numero giusto quando ne prendi zero, o al massimo uno. E arriviamo a ieri sera, alla prima partita della nuova stagione. La vecchia Juventus, senza nuovi acquisti e con Benatia al posto di Bonucci. Barzagli terzino di scivolamento, difesa che da quattro passa a tre. La solita Juventus, ma non è questione di moduli. Sono i principi: terza linea piatta, possesso difensivo, ricerca del singolo in avanti. I principi di gioco di chi è superiore. Nella tecnica, nel fisico, in difesa.

Però poi ti accorgi che la mancanza di Bonucci si sente. Perché la Juventus vista ieri è vulnerabile nei suoi uomini arretrati, perché Barzagli non riesce più a tenere il passo di chi ha quindici anni meno di lui e Benatia, semplicemente, non vale quanto chi è partito. Una difesa con questo atteggiamento e questo posizionamento, senza Bonucci che difende (e costruisce il gioco da dietro) in un certo modo non ha la stessa forza.

E allora ci viene in mente che forse, in proporzione, Bonucci vale Higuain. Per loro, per noi. Ci abbiamo messo un po’, noi Napoli, a metabolizzare l’addio del Pipita. Una squadra che gioca in attacco e perde il suo uomo offensivo di riferimento necessita di una revisione del pensiero, di riscrivere i propri concetti fondativi. Quello che sarebbe servito alla Juventus di ieri: distaccarsi subito da Bonucci e proporre qualcosa di diverso. Di nuovo.

Cambio

Ecco, la colpa di Allegri (ieri sera) è tutta qui. Aver immaginato e schierato la Juventus come se ci fosse ancora Bonucci. Che invece non c’è più, e allora qualcosa deve cambiare. De Sciglio e Douglas Costa, una volta entrati, hanno modificato completamente l’impianto di gioco e il modo di occupare il campo. La stanchezza della Lazio ha aiutato la Juventus a mostrarsi più brillante, ma si è vista un’altra cosa. Un’altra Juventus, appunto. Poi De Sciglio ha fatto il danno finale, ma anche Higuain o Maradona sbagliavano i rigori. Il punto non è nell’errore, è nel proporre alternative.

E allora, noi non esultiamo perché non c’è molto da esultare. Questa Juventus ha vinto gli ultimi scudetti giocando così, la condizione fisica dei bianconeri può solo migliorare e torneranno a essere dominanti. Perché sono più forti. Attenzione, però. Che un Bonucci in meno conta, eccome. Specie se tu pensi di giocare ancora come quando c’era. E allora dimentichi il mercato, dimentichi di dare un volto nuovo alla squadra e al suo gioco. Abituarsi alle perdite non è mai facile. Potrebbe essere così, anche se ti chiami Juventus. Ieri è andata proprio così.

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