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Una vita da Cassano, l’unica possibile

Convoca una conferenza stampa al Verona per annunciare il suo ritiro e poi cambia idea. È una forma di coerenza per un calciatore cui vorremo sempre bene.

Una vita da Cassano, l’unica possibile

L’assist di Perrotta

Antonio Cassano resterà sempre quello del gol all’Inter con la maglia del Bari. È il 18 dicembre del 1999. Sulla panchina nerazzura siede Marcello Lippi. Mancano pochi minuti alla fine, si è sull’1-1. Simone Perrotta, sì proprio lui (è entrato nel secondo tempo), lancia lungo, lunghissimo, sulla sinistra. Il giovane Cassano si invola, inseguito da Laurent Blanc. Cassano la stoppa di tacco, poi se la porta avanti con la testa con un numero che oggi Allegri definirebbe da circo. Entra in area. Ha davanti una doppia come quelle di Kitzbühel, composta da Blanc appunto e Panucci che sopraggiunge. Fantantonio passa in mezzo, come il miglior Tomba, e fa secco sul primo palo Ferron che è subentrato a Peruzzi.

Diciotto anni dopo

È il giorno in cui Cassano si presenta al calcio italiano. Sono passati quasi diciotto anni. Oggi Antonio da Barivecchia è un signore di 35 anni, al crepuscolo della carriera. Oltre il crepuscolo, potremmo dire. Non gioca da un anno. E di fatto non c’è più. Il Verona lo ha ripescato. Gli ha concesso un’opportunità. E lui, dopo qualche giorno di ritiro, non ha retto alla fatica. E ha deciso di farsi cadere le braccia. Ha chiamato giro. Ha convocato i giornalisti e annunciato il ritiro. Anche per vedere l’effetto che fa. E Cassano fa ancora effetto. Almeno la prima volta. Titoloni, aperture, giornalisti in sala stampa.

Il cross per Balotelli

Cassano lascia il calcio. Le redazioni sono allertate. Bisogna recuperare il gol all’Inter. L’imitazione di Capello, quando Antonio buttò nella pattumiera – per non dire altro – la chance Real Madrid. Il calcio alla bandierina. I duetti con Totti, da raccontare ai nipotini. Quella corsa con scivolata agli Europei 2004 e il Trap o chi per lui gli comunica del biscotto scandinavo. Gli anni alla Sampdoria. Quella maledetta Champions persa per un gol di Rosenberg nei minuti di recupero. La paura di non poter giocare più. La sua idea dell’omosessualità («Froci in squadra? Spero di no»). L’assist a Balotelli agli Europei 2012, quel cross uscito dal cilindro – in faccia a Hummels – mentre al centro dell’area ad aspettare il pallone c’era l’unico in Italia che può competere con lui sul piano della follia.

Poi Cassano fa Cassano. Cambia idea. Non si ritira più. Ottiene che la famiglia lo raggiunga in ritiro. Espone la sua faccia da monello. E che gli vuoi dire? Niente. A Cassano vuoi bene. Sempre. E non stai nemmeno più ad ascoltare i discorsi su cosa sarebbe potuto essere. Cassano sarebbe potuto essere solo e soltanto Cassano. Il diciassettenne che stoppa la palla col tacco in faccia al libero della Francia campione del mondo. E tutto il resto. È una vita da Cassano. L’unica possibile per lui.

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