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Allegri l’aziendalista: «Noi lavoriamo per le società, dobbiamo fare risultati e valorizzare la rosa»

Le parole del tecnico bianconero a Calcio&Finanza: «Quando mi sono state annunciate cessioni importanti, stato realista ma mai pessimista».

Allegri l’aziendalista: «Noi lavoriamo per le società, dobbiamo fare risultati e valorizzare la rosa»

Tra il tecnico e il manager

Parla ancora, Massimiliano Allegri. Un po’ come a ribadire la presenza costante della Juve nei media, anche in quelli meno mainstream ma più approfonditi su temi specifici, ecco l’intervista che il tecnico bianconero rilascia a Calcio&Finanza. Ci sono alcuni passaggi interessanti, soprattutto quelli relativi ai rapporti tra allenatore e società.

Che, in Italia, sempre secondo l’ex di Cagliari e Milan, sarebbero bloccati da una vera e propria fobia: «Un tecnico può essere un buon manager, anzi io penso debba esserlo. Non capisco perché ci sia reticenza sul fatto che queste due cose convivano. Io sono un collaboratore della Juventus, pongo le basi per i successi sportivi e quindi devo conoscere le strategie economiche della società e gli obiettivi. Quando sento illustrare strategie e si parla di giocatori che vanno e vengono, soprattutto a livello mediatico, capisco che si tende a semplificare, ma non è sempre così, l’importante più di tutto è essere realisti nell’analizzare e capire le situazioni e questo è il nostro compito».

«Noi allenatori – continua Allegri dobbiamo portare a casa risultati sportivi. A loro volta, questi successi fanno accrescere il valore dei singoli calciatori. L’essere aziendalista significa lavorare in quest’ottica per l’azienda. Del resto, le società di calcio, oggi, sono delle vere e proprie imprese».

Il ruolo dell’allenatore

Secondo Allegri, una parte importante del suo lavoro e del successo come tecnico scaturiscono dalla fiducia, tra tutte i reparti di una società. Tra il responsabile tecnico e il suo staff, e con chi gestisce direttamente il club. «Io ho formato un gruppo di lavoro importante, cercando delle persone che nei loro campi siano molto bravi. Anche più di me. Io sono uno che delega molto anche perché non ho la possibilità di gestire tutto. Certo, io resto il referente centrale come è normale che sia, ma non intervengo perché non sono in grado di decidere per loro. Io devo essere da stimolo a loro per fare meglio».

Ovviamente, questo discorso si estende anche se non soprattutto alle strategie di mercato: «Dal punto di vista operativo, il contatto con la società è quotidiano. A volte ci si sente anche cinque volte al giorno, ciò che considero più importante è che il confronto sia continuo sia per fare valutazioni tecniche che per capire le esigenze di tutti. In passato quando mi sono state annunciate cessioni importanti, pesanti nella gestione del gruppo, sono sempre stato realista ma mai pessimista. Io credo che la nostra capacità debba essere soprattutto quello di far emergere la parte buona nella negatività. Per questo ho sempre lavorato in base ai piani della società, pur mettendo di fronte la proprietà alla realtà tecnica del gruppo. Che, anche in base alle loro scelte, può centrare o fallire determinati risultati».

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