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Lucarelli: «Io, penalizzato dal calcio italiano perché comunista»

Splendida intervista a So Foot: «L’Italia è un paese tradizionalmente di destra, ci sono tanti calciatori schierati a sinistra che non lo dicono per timore».

Lucarelli: «Io, penalizzato dal calcio italiano perché comunista»

L’intervista di So Foot

Una grande, grande serie di domande e risposte. Cristiano Lucarelli parla a So Foot, e fa un affresco non proprio edificante su un argomento sempre molto delicato: la politica nel pallone. Nel senso militante del termine. L’ex centravanti di Livorno e Napoli non ha fatto mai mistero delle sue simpatie comuniste. Anzi, nel 1997 scoppiò un vero e proprio caso nazionale dopo un’esultanza “particolare” con l’Under 21: il gol alla Moldavia, la divisa azzurra tirata su e la faccia di Che Guevara stampata sul sottomaglia bianco. L’allora presidente federale Nizzola si espresse così, diciamo con una certa ambiguità: «Non è stato un gesto politico e dunque non drammatizziamo (?); che nessuno lo imiti, però. Mai».

Si parla di questo, su So Foot. Di questo ma anche di altro, di calcio. Oggi Lucarelli allena il Messina, in Lega Pro. E mentre parla descrive se stesso e le condizioni del calcio minore: «Ho avuto la fortuna di essere allenato da grandi maestri. Mi ispiro soprattutto a Mazzarri, voglio che la mia squadra abbia una mentalità offensiva ma sia anche organizzata. La situazione del Messina era ed è deficitaria, non avevamo nemmeno i campi per allenarci e abbiamo protestato contro la società, che infatti è stata venduta. In Italia le persone sono spesso portate a credere che i calciatori vadano tutti in Ferrari, ma in Lega Pro la maggior parte ha uno stipendio normale, 1300/1400 € al mese. E non tutti sono sempre pagati in tempo».

Politica

La parte più importante dell’intervista, firmata da Valentin Pauluzzi, riguarda però la politica. Lucarelli racconta cosa vuol dire essere un calciatore schierato, apertamente schierato, nel nostro paese: «Essere comunista, nel calcio, non è un vantaggio. Per me di certo non lo è stato. Ma io sono così, e non sono neanche un attivista. Ho le mie idee, e questo è tutto. Nel calcio c’è sempre qualcuno che è interessato a quello che succede fuori dal campo. Questo è anormale. Essere normali, nel calcio, è anormale».

L’Italia secondo Lucarelli: «Da questo punto di vista, non siamo un paese sviluppato mentalmente. O meglio, non lo siamo tanto da affrontare questo tipo di problemi in relazione al calcio. Ci siamo io e Zampagna, dichiaratamente a sinistra, ma ce ne sono tanti altri che preferiscono non esporsi per paura di essere penalizzati durante la loro carriera. L’Italia è un paese tradizionalmente di destra, anche se la Resistenza occupa una parte significativa della nostra storia. Le sfilate dei nazifascisti il 25 aprile? Io credo che tutti debbano vivere secondo i loro ideali, senza però offendere la sensibilità delle persone. È molto triste, certo, sarebbe meglio non toccare la memoria e la coscienza altrui».

L’ultima domanda dell’intervista è sulla nazionale: «Io credo che i tecnici che hanno scelto tizio o caio al posto di Lucarelli l’abbiano fatto anche per evitare incidenti diplomatici. Un esempio? Le domande di politica in conferenza stampa, magari un’attenzione diversa su problemi extracapmpo».

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