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Davvero Totti è stato un mito?

Una lettura contraria della grandezza di Totti, che rappresenta Roma nei pregi e nei difetti: la costruzione extracampo, il cinismo e il dispotismo.

E basta con questo mito Totti. Naturalmente non azzardatevi a toccarlo che il popolo tifoso della Roma sarebbe disposto a impalarvi se solo qualcuno decidesse di criticarlo. Però basta, ha stancato. È stato – davvero lo è stato? – un gigante, un grande, un mito per la Roma. Ha addirittura vinto uno scudetto. Sì, avete capito bene, uno scudetto. Eppure a quaranta anni suonati sta per andare in pensione, per lasciare la squadra, non la Roma calcio. E ancora combatte per stare in panchina, per farsi riprendere dalle telecamere, sperando che lo Spalletti di turno lo faccia giocare almeno tre minuti finali. Quando avviene, si piazza immobile nella fascia che precede l’area avversaria e aspetta il pallone. Magari tira una punizione. E comunque “io so ‘Totti e voi non siete nessuno”.

Essere Roma

Lui incarna Roma, nei suoi pregi e difetti. Sbruffone, simpatico, arrogante, presuntuoso. A lanciarlo sull’Olimpo delle celebrità più che una cagliosa che ha centrato una porta è stato Maurizio Costanzo Show, perché il suo successo non se l’è guadagnato sul campo (forse era bravo una decina d’anni fa? da quanti anni parliamo di Totti al passato?) ma fuori. Con le sue iniziative sul sociale, con le battute e le barzellette che lo hanno rappresentato simpatico al pari dei carabinieri raccontati appunto con le barzellette. Ospite ricercato nei talk show, ci ha fatto sorridere.

Insomma, un comico nato, simpatico. Un fijio de Roma. E, dunque, tra tre settimane o forse prima, inizieranno le “Tottiadi”, le Olimpiade dell’elogio senza limite di un giocatore che combatte, continua a combattere per la sopravvivenza del suo mito. Scusate se non ci sto, se non mi accodo a chi riconosce di avere di fronte un avversario straordinario. Era cinico e cattivo in campo, un despota nello spogliatoio in grado di fare e disfare gli allenatori.

In debito con Totti

Gli devo molto, però. A me, napoletano della diaspora, ha regalato la gioia di tornare a essere un militante tifoso della domenica. Perché mio figlio Pietro, a sette, otto anni avrebbe voluto cambiare nome, chiamandosi Francesco Totti. E oggi è un convinto tifoso del Napoli e della curva del Ncb, del Napoli club Bologna di Maurizio Criscitelli. E tutto questo grazie a Francesco Totti.

Questo pezzo prosegue nell’analisi del calciatore-personaggio Totti dopo la celebrazione di ieri a firma di Armando De Martino
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