Il rinnovo di Insigne doveva essere un giorno di festa. E invece le ragioni dell’uno ancora una volta non coincidono con le ragioni dell’altro.
Guy de Maupassant
“Il matrimonio è uno scambio di cattivi umori di giorno e di cattivi odori di notte”. Lo scrisse Guy de Maupassant, quello di Bel Amì il romanzo che un decennio fa le cronache italiche utilizzarono per dare una cornice letteraria all’ambizione e alla scalata del banchiere Fiorani tra le donne di casa dell’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Lui lo scrisse, Fabrizio De Andrè lo cantò in Giugno 73. E Sarri e De Laurentiis lo portano in scena da mesi.
Un copione che va avanti da agosto
Da agosto 2016 ad aprile 2017 sembra essere cambiato ben poco. Dalla prima conferenza stampa di Maurizio Sarri dopo il lungo silenzio estivo, la conferenza a inviti, quella che fece gridare all’attentato alla libertà di stampa e al servilismo. Da quel giorno a oggi, ben poco è cambiato. Sarri ha ripetuto gli stessi concetti. All’esordio si soffermò soprattutto sulla campagna acquisti incentrata sui giovani e che quindi non avrebbe consentito di lottare per lo scudetto, considerata anche la partenza di Higuain: “aveva un dolore”, avrebbe cantato ancora De Andrè.
Dalla parte dell’allenatore
Poi, già dopo l’esordio di Pescara, Sarri cominciò a lamentarsi dell’assenza della società. Lo fece a Genova dopo Genoa-Napoli. E lo ha ripetuto oggi, nel giorno della festa. «Sono contento per il rinnovo di Insigne, sono contento che un calciatore napoletano diventi la bandiera del Napoli. Ma la società deve potenziarsi anche altrove. Il Napoli è arrivato a un punto in cui o fa un passo in avanti o fa un passo indietro». E ancora: «Il Napoli, così com’è, non può programmare uno scudetto. Poi magari lo può anche vincere, ma è un’altra storia. Una squadra col quarto quinto fatturato d’Italia non può vincere lo scudetto. Deve crescere il fatturato».
Guastafeste ma coerente
Nulla di nuovo sotto il sole. Il copione è lo stesso da mesi. Con l’aggiunta di una frase che non aveva mai pronunciato: «L’anno prossimo potrebbe essere anche l’ultimo. Il mio contratto prevede una clausola, quindi potrei essere in scadenza». Un tempo si usava un termine poi caduto in disuso: il guastafeste. Ma anche il coerente. Dipende dai punti di vista. Che non debbono obbligatoriamente escludersi.
Dalla parte del presidente
Dall’altra parte, però, c’è il coniuge numero due. Aurelio De Laurentiis. Aveva preparato il giorno della festa. Non celebrava un rinnovo di contratto dai tempi di Cavani. Conoscendolo, è apparso persino misurato in conferenza stampa. Ogni tanto la frizione gli è slittata, ad esempio quando ha illustrato il calcio secondo lui con quattro tempi da quindici minuti. Ma in fin dei conti era felice. È riuscito a trattenere a Napoli uno dei principali talenti del calcio italiano, se non il numero uno. Ce l’ha fatta perché ha raggiunto l’accordo con chi comanda, per ammissione dello stesso Insigne: il papà di Lorenzo. Come piace a De Laurentiis: andare direttamente alla fonte. Per poter dire “stiamo costruendo un Napoli da scudetto” vera e propria ossessione contemporanea della Napoli calcistica. “Il mattino ha lo scudetto in bocca” “Il mattino ha lo scudetto in bocca” “Il mattino ha lo scudetto in bocca” “Il mattino ha lo scudetto in bocca” “Il mattino ha lo scudetto in bocca”.
Il suo è il miglior Napoli terreno di sempre
Gioca sempre in difesa De Laurentiis. Come se avesse perduto un tratto della sua spavalderia. Si muove col freno a mano tirato. Parla e dichiara sempre in presenza di un convitato di pietra: Gonzalo Gerardo Higuain “es tu culpa”. Il Napoli terreno più forte della storia non basta per poter girare a testa alta. Nemmeno l’ottava presenza consecutiva in Europa. Manca il tricolore. E manca la crescita della società. Anche il coniuge due, però, ha le sue ragioni. E oggi, come spesso fa, le ha ricordate. Ha ricordato, probabilmente a una platea che da quest’orecchio non vuole sentire, che il Napoli in dodici anni ha compiuto il suo percorso. E lo ha fatto in un territorio che in questo periodo è stato sommerso (è il caso di dire) dall’emergenza rifiuti, dalla Terra dei fuochi (non l’ha nominata ma l’allusione è stata chiara), da due sindaci molto diversi tra di loro, due presidenti di regione molto diversi tra di loro. E il Napoli, il piccolo Napoli di dodici anni fa, è cresciuto. Ed è cresciuto tanto, se è passato da Gela al Real Madrid.
È la storia del Napoli a darci la misura della grandezza del suo Napoli. Che, come lui ha ricordato, è nato sulle miserie di Calciopoli. Che adesso se la batterà contro una famiglia che ha fatto la storia d’Italia, imperi d’Oriente e americani. Quel che non ha aggiunto, lo facciamo noi: qualcuno si è mai chiesto come mai grandi gruppi internazionali non abbiano mai bussato in maniera significativa alle porte di Castel Volturno?
Le ragioni di entrambi
Come accade in quasi tutte le crisi matrimoniali, le ragioni e i torti sono da entrambe le parti. Ma se non si sorride nemmeno in una giornata che era stata apparecchiata per essere una festa – con tanto di buffet – vuol dire che non ci si diverte più a stare insieme. E se non ci si diverte più, ha ancora senso stare insieme? Sapeva già tutto il buon De Laurentiis, altrimenti non avrebbe detto che lui i contratti li sa fare, quindi i migliori attori non glieli possono strappare. Ma ha anche aggiunto che è inutile trattenere chi non vuole rimanere. Il riferimento era a qualche calciatore ma poteva andare bene per chiunque. In fondo una delle sue responsabilità è aver portato troppo in alto questo Napoli. Quando sei un passo dalla cima, è fisiologico volerla toccare. Non pensi più alla fatica e ai sacrifici che hai compiuto per arrivare lassù.
Che dire? Il tifoso che è nel giornalista un po’ amareggiato lo è. Il giornalista che è nel tifoso riflette che entrambi hanno le loro ragioni. De Laurentiis ha portato il Napoli a un livello oltre il quale è difficile trascinarlo. Sarri ha le proprie legittime ambizioni dopo una vita in periferia. In questi casi è anacronistico, e per certi versi persino fuori luogo, parlare di riconoscenza. È giusto che ciascuno soddisfi le proprie legittime ambizioni. Per il momento, però, c’è un contratto ben scritto e quindi blindato. Per anni, Indro Montanelli ha votato turandosi il naso. Che vuoi che sia una stagione sola senza sentire gli odori dell’altro?