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Gianni Fiorito e The Young Pope: «Alla scuola Diaz mi sentii inutile, ho portato la visione del fotoreporter nel cinema»

Intervista al fotografo napoletano della serie tv, in mostra a Palazzo Reale: l’abbandono del fotogiornalismo dopo vent’anni, gli scatti rubati sul set, il ruolo di Rooney tra Sorrentino e Jude Law e quello scatto inedito del cardinal Voiello.

Gianni Fiorito e The Young Pope: «Alla scuola Diaz mi sentii inutile, ho portato la visione del fotoreporter nel cinema»
Jude Law in The young pope, fotografato da Gianni Fiorito

Trentasei foto più una

Trentasei foto disposte una di seguito all’altra, su un solo lato. Trentasei foto, come quelle del rullino. Trentasei foto disposte su una scenografia che ricorda un rullino, nell’Ambulacro di Palazzo Reale, in uno spazio lungo trentasei metri. Trentasei foto più una, la trentasettesima con Jude Law nei panni di Papa Pio XIII, con gli occhiali da sole (la preferita per i selfie dei visitatori). È la mostra fotografica di The Young Pope, in esposizione fino al 13 giugno. Le foto di scena che raccontano la serie tv diretta da Paolo Sorrentino e il cast da un altro osservatorio. Quello di Gianni Fiorito, il fotografo che visse due volte. Una da fotoreporter, l’altra da fotografo di scena.

Gianni Fiorito

Gianni Fiorito e Jude Law si contendono la macchina fotografica

Il G8 di Genova e la scuola Diaz

Napoletano, vent’anni e più da fotogiornalista con una parentesi teatrale come fotografo di scena di “Falso movimento”. Una carriera cominciata col terremoto del 1980 («Avevo vent’anni») e che si è chiusa alla scuola Diaz, a Genova, in quella indimenticabile notte del luglio 2001. «Di fatto, quella sera segnò il mio definitivo passaggio dal fotogiornalismo al cinema. Un mutamento che era già in atto, ma che il G8 accelerò. Quella notte, entrando alla scuola Diaz, ebbi come la sensazione che fossero stati calpestati quei principi per cui mi ero battuto con vent’anni di fotoreporter, e per cui si erano battuti anche i miei genitori e i miei nonni. Quella notte, in quella scuola, mi sentii inutile. Quando rientrai a Napoli, andai due mesi in Albania a girare un film. E non sono più tornato indietro».

Il passaggio

A Genova, a raccontare il G8, Fiorito andò col rullino. Non si era ancora convertito al digitale. Quei vent’anni – che sono state pubblicazioni in tutto il mondo, mostre, libri, riconoscimenti – se li porta dietro nel suo lavoro sui set cinematografici. «Il mio modo di lavorare è sempre lo stesso. Non mi sono mai fermato alla news, ho sempre cercato una profondità nel racconto fotografico di un evento. E lo stesso metodo utilizzo nel cinema. Offro, cerco di offrire, un’altra visione del prodotto film. Che si sofferma sui protagonisti, gli attori, sui luoghi, il territorio ma anche, e tanto, sul mondo che circonda il cinema: la troupe, gli attrezzi, le macchine da presa. Un modo di raccontare il lavoro cinematografico che è stato subito riconosciuto come innovativo, e le gratificazioni non fanno mai male».

Gianni Fiorito

La locandina della mostra

La foto testimone

L’incontro con Paolo Sorrentino è avvenuto presto. Al secondo film. Il primo di Fiorito fotografo di scena è stato “Appassionate” di Tonino de Bernardi. Fiorito ha fotografato L’uomo in più l’esordio di Sorrentino (lo ha poi seguito in tutti i suoi film tranne “Le conseguenze dell’amore” e “L’amico di famiglia”). Una foto scattata su quel set rappresenta il testimone tra una vita e l’altra da fotografo e chiuse “Come eravamo” il libro che riassume vent’anni di fotogiornalismo di Fiorito. «Allora non avevo ancora deciso, anche se mi era chiaro che il giornalismo che avevo vissuto stava scomparendo. Ero sul Lungomare sul set de L’uomo in più (i feticisti del film ricorderanno che si tratta dell’ultima scena, ndr). Fotografai quest’uomo di spalle, seduto, mentre prende il sole alla Colonna spezzata, su via Caracciolo e di fronte al Castel dell’ovo e la scelsi come ultima foto della mia pubblicazione. Pensai a una cosa del tipo “Ho raccontato Napoli per vent’anni, ora me la guardo”. In realtà è l’unica foto di quel libro scattata su un set cinematografico. Era un seme che è poi germogliato. Col senno di poi, quella foto è stata un testimone».

Gianni Fiorito

La foto scattata sul set de L’uomo in più (Gianni Fiorito)

La crisi dell’editoria e quindi del fotogiornalismo

Fiorito ha vissuto anni intensi del fotogiornalismo. «Il mondo dell’editoria e dell’informazione è cambiato davanti ai nostri occhi. I periodici su cui avevo pubblicato tanti servizi sono via via scomparsi. Penso a Epoca, a La domenica del Corriere. Ma anche a settimanali come Oggi e Gente, su cui ho pubblicato decine e decine di servizi di camorra, che si sono via via trasformati in giornali che pubblicavano e pubblicano quasi esclusivamente fotine che ritraggono personaggi della televisione. Il mio racconto giornalistico è sempre stato orientato alla ricerca di un approfondimento, di immagini che scavassero, che cogliessero diversi aspetti, che offrissero una lettura più complessa. Non c’era più spazio per il fotoreporter che ero. Non c’era più il committente. Ora possono essere pubblicate sui social network, su Facebook. Ma non è lavoro. La fotografia è la mia passione, però è anche il mio lavoro. È un mestiere».

“Anche sul set sei in lotta per conquistare lo scatto”

Il fotogiornalismo, racconta Fiorito, «ti consentiva la mattina di incontrare un camorrista e la sera di partecipare a un ricevimento della Regina Elisabetta. Il fotogiornalismo è stato il mio grande amore, ti regala un’adrenalina incredibile che consente di superare ostacoli che normalmente non supereresti pur di scattare quella foto che hai in mente. Lo so che è un’altra cosa, ne sono consapevole. Però posso serenamente affermare che non ho cambiato il mio modo di fotografare ora che lavoro col cinema. Ci sono tante differenze, è ovvio. Ma sei sempre in lotta per non perdere il “tuo” scatto, per conquistarlo, per rubarlo. Devi essere sempre concentrato. Proprio come accadeva quando facevo il fotoreporter. La concentrazione è fondamentale. Sempre. Per The Young Pope, poi, in modo particolare. Abbiamo girato dieci puntate curatissime nei minimi particolari, in sei mesi. È come se fossero stati dieci film».

Gianni Fiorito

Il set di “The Young Pope”

Il rapporto con la troupe

Chi ha visto Effetto notte di Truffaut, può comprendere meglio i racconti di Fiorito. Che descrive le difficoltà di districarsi nell’intreccio di uomini e attrezzature che è un set. «Non devi mai sprecare il tuo tempo. Quando ero fotoreporter, molti miei scatti furono dovuti proprio alla concentrazione, alla capacità di non perdersi letteralmente in chiacchiere con i colleghi in attesa del “fatto”. Così è sul set, dove sei in perenne lotta con ciò che ti circonda. Attrezzature, uomini, fonici, costumisti. Devi imparare a prevenirli, a dialogare con loro. A essere al posto giusto al momento giusto, riuscire a capire in anticipo le mosse di un attore, anticipare il resto della troupe. Troupe con cui devi avere un rapporto molto forte, di complicità, altrimenti diventa dura. Può sembrare semplice perché sul set il fotografo agisce in regime di monopolio, ma non lo è. Ogni scatto è una conquista».

Mangiare un panino nella sala del Caminetto di Mussolini

La concentrazione. E la curiosità. «Mi piace raccontare anche gli effetti che il cinema produce quando arriva in un luogo, il suo rapporto col territorio e a volte con la popolazione. Come quando per la fiction su Pupetta Maresca, girammo una scena diciamo di sesso a Largo Sermoneta. Ecco, non riuscii a non immortalare quei napoletani sulla spiaggia che rimasero rapiti dalla scena. E poi c’è un altro aspetto impagabile di questo lavoro: la possibilità di vedere luoghi meravigliosi e di viverli in orari impensabili. Chessò, mangiare un panino nella sala del Caminetto di Mussolini a Palazzo Venezia, oppure in piena notte aprire una finestra di Palazzo Braschi e affacciarsi su Piazza Navona. Meraviglioso».

Gianni Fiorito

Il “pubblico” sul set della fiction su Pupetta Maresca (Gianni Fiorito)

Non si può scattare quando si gira

Fiorito ci rivela una ovvietà che per noi non era tale: «Quando si gira, non si può scattare. Perché c’è la presa diretta del suono e si sentirebbe il rumore dello scatto fotografico. Sennò sarebbe una barzelletta. Tutti gli scatti sono in qualche modo rubati. Io, ovviamente, sto lì per fotografare, sono pagato per questo. Poi, però, “come fare” non te lo regala nessuno». Un colpo solo, per rimanere alla metafora cinematografica. «Sì. Il mio modo di lavorare è rimasto lo stesso. Amavo e amo cogliere di una vicenda diversi aspetti. Lavoro dietro le quinte, colgo sfumature, momenti. Poi, ovviamente, è fondamentale stabilire un rapporto con gli attori. Io cerco sempre di farlo, così come facevo prima con i protagonisti dei miei scatti. Con Jude Law, ad esempio, è scattato subito un feeling. Lui, al termine di una scena girata, capiva quando stavo cogliendo un aspetto particolare e si prestava al gioco, si calava nel personaggio. Come in quella foto scattata di notte di fronte al Palazzaccio. Anche con Toni Servillo, un grandissimo attore, mi sono sempre trovato benissimo».

Gianni Fiorito

Jude Law in The young pope, fotografato da Gianni Fiorito

L’eccezione de “La grande bellezza”

Solo una volta Fiorito ha scattato in scena. Sul set de La grande bellezza, la scena del cardinale – interpretato da Roberto Herlitzka – che bacia la mano della Santa. «In quella scena c’è un’attrice che interpreta la fotografa del Vaticano che immortala il momento. Le chiesi di scattare col flash, poi, andai dal fonico. Non feci nemmeno in tempo a parlare che lui disse: “ho capito, così tu scatti”. In quel caso il rumore della macchina fotografica non disturbava, era realistico».

Gianni Fiorito

Diane Keaton in The Young Pope (Gianni Fiorito)

Diane Keaton

Ci sono anche attori schivi. Come ad esempio, rimanendo a The Young Pope, Diane Keaton. «Non amava farsi fotografare. Ne abbiamo anche parlato. Sono particolarmente legato a quella foto in cui esce dai bambù. L’avevo osservata, al termine della scena usciva sempre da lì e io mi sono fatto trovare pronto. Ecco, quello è uno scatto rubato, studiato, lavorato».

Sorrentino e la versione Rooney per Jude Law (Gianni Fiorito)

Sorrentino, Jude Law e Wayne Rooney

Come sa chi ha visto la serie tv, il calcio non manca in The Young Pope. Diciamo subito che Fiorito è interista (nessuno è perfetto). «Ho potuto sfottere Sorrentino durante la lavorazione, perché abbiamo girato da agosto 2015 a gennaio 2016 e in quel periodo, prima di crollare, l’Inter di Mancini era in testa alla classifica. Anche Jude Law è appassionato di calcio. Nessuno immaginerebbe che in quella foto – che ho scattato da un’altezza di venti metri con la paura che mi cadesse qualcosa e potessi far male a qualcuno – in cui Sorrentino mostra a Law come il Papa deve aprire le braccia, Paolo gli sta dicendo “devi fare come Rooney quando esulta”. Lì, grazie al pallone, hanno raggiunto immediatamente l’intesa».

Il Voiello dello scudetto

C’è anche un’altra foto calcistica in The Young Pope. E non è quella, nota, del cardinal Voiello (Silvio Orlando) con la maglia del Napoli. Ma è quella – presente nel libro edito da Arte’m e non nella mostra – di Voiello esultante sotto una fontana. «Era la scena dello scudetto del Napoli. Sorrentino volle girarla perché il Napoli era in testa alla classifica. Poi, per ovvi motivi, è stata tagliata».

Gianni Fiorito

L’inedito cardinal Voiello che festeggia lo scudetto del Napoli (Gianni Fiorito)

Sul set di Sorrentino non si parla

Una caratteristica dei set di Sorrentino è il silenzio. Sempre, non solo quando si gira. «Si parla il minimo indispensabile. Anche qui torniamo alla concentrazione. Cosa sarebbe stare per dieci ore in un luogo con oltre cento persone che parlano sempre? Arriveresti liquefatto a casa. Sui set di Sorrentino non vola una mosca».

Il terremoto dell’80

Potremmo proseguire a lungo. Fiorito è una miniera di aneddoti. Ne scegliamo due. Entrambi legati agli esordi della carriera di fotoreporter. Il primo è proprio all’inizio, col terremoto del 1980. «Lavoravo da poche settimane ad Alpha Press, con Ciccio Iovane. Chiamò un giornale americano che voleva le foto proprio durante la scossa, con la terra che si muoveva. Allora non mi persi d’animo e dissi: “ok, io le muovo sotto l’ingranditore”. E così facemmo. E le vendemmo. Era un altro mondo».

Uno dei primi servizi di camorra, con un giovane questore De Jesu

Un mondo che Fiorito capì che sarebbe diventato definitivamente il suo agli inizi del 1982, non ancora ventitreenne, quando il settimanale Oggi pubblicò in esclusiva uno dei suoi primi grandi servizi sulla camorra: uno speciale su un blitz dell’allora squadra speciale anticrimine in azione nel Vesuviano. Foto pubblicate decine di volte per i servizi sulla camorra. «Per quel servizio – ricorda Fiorito – fu riunito espressamente il consiglio comunale di San Giuseppe Vesuviano per protestare contro il discredito gettato sul paese. In primo piano nella foto – conclude – c’è il vicecapo di quella squadra speciale: Antonio De Jesu oggi questore di Napoli».

Gianni Fiorito

14/01/1982 – SAN GIUSEPPE VESUVIANO, OPERAZIONE DELLA SQUADRA SPECIALE ANTICRIMINE CONTRO LA CAMORRA. IN PRIMO PIANO, DE JESU
PH. GIANNI FIORITO

INFO The Young Pope / la mostra. Di Gianni Fiorito, a cura di Maria Savarese
Napoli – Palazzo Reale, Ambulacro.
Fino al 13 giugno, orario: 9- 20 (ultimo ingresso ore 19); mercoledì chiuso – Ingresso € 4,00 Tel.: 081 -580.8255 – mail pm-cam.palazzoreale-na@beniculturali.it.

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