Roma-Napoli, l’analisi tattica: la Roma cambia pelle per (provare a) sfruttare le debolezze storiche del Napoli. Che, invece, ritrova concentrazione difensiva e vince la partita.
Spalletti piccolo chimico
Siamo da sempre sostenitori di un primato: le idee e i principi di gioco vengono prima dei moduli. Molto prima. La disposizione in campo dei calciatori risponde a due esigenze fondamentali: adattare al meglio i giocatori della rosa a determinati principi di gioco e adattarsi o quantomeno rispondere al gioco degli avversari. Ieri, Spalletti ha deciso di entrare nel secondo caso di studio. La Roma che aveva tenuto aperto il campionato finora è stata smontata e rimontata per affrontare al meglio il Napoli, e ha finto per perdere le sue certezze tattiche. Il cambio di disposizione, ovviamente “pensato” per fare male al Napoli, si è invece ritorto contro la mente pensante. Forse anche perché lo schema scelto non era più adatto a interpretare i principi di gioco che avevano reso fortissima questa squadra.
Nella sua analisi prepartita, Nicola Lo Conte ha scritto: «La Roma sceglie un modulo 3-4-2-1 elastico, che può trasformarsi facilmente in 4-2-3-1 e 3-5-2 classico. La posizione determinante, negli scivolamenti, è data dagli esterni di centrocampo, Bruno Peres ed Emerson Palmieri, che possono abbassarsi sulla linea difensiva a turno o contemporaneamente, per diventare poi praticamente ali (soprattutto Bruno Peres) in ribaltamento dell’azione. In altri momenti, in fase passiva, l’arretramento di Nainggolan dalla posizione di mezzapunta a centrocampo, trasforma il modulo in un 3-5-2 puro. Che per il Napoli significherebbe andare a sbattere contro una situazione già nota: parità numerica in mezzo al campo e fasce bloccate. Una situazione che abbiamo, ahinoi, dimostrato di soffrire sempre». Partiamo da qui per spiegare quello che è successo ieri.
La doppia parità numerica
Secondo chi scrive, il cambio di Spalletti aveva due motivazioni fondamentali, che in realtà erano simili: giocarsi tutti i duelli in campo in parità numerica: due contro due sulle fasce, tre contro tre a centrocampo. Come, anzi più della Juventus nella ripresa di Torino. Se i bianconeri, con Cuadrado in campo, avevano partecipato (e vinto) al gioco delle coppie con Maggio-Callejon e Strinic-Insigne, Spalletti ha pensato di fare lo stesso con Juan Jesus-El Sharaawy e Rudiger-Perotti; e se allo Stadium Dybala era andato a posizionarsi nella zona di Diawara, a Jorginho ieri era stato “accoppiato” Nainggolan.
A Spalletti non è andata bene come ad Allegri, in primis perché i due esterni alti non sono riusciti ad offrire la stessa ampiezza offerta dai due calciatori di Allegri nella sfida di Coppa Italia. El Sharaawy e Perotti si sono fatti risucchiare verso il centro per gran parte del tempo di gioco. Nel frattempo, i due terzini scelti (Juan Jesus e Rudiger, entrambi utilizzabili anche come centrali) non offrivano il supporto e la spinta giusti. L’azione offensiva della Roma sulle fasce si risolveva quindi spesso in una situazione di inferiorità numerica nonostante la scelta iniziale.
Secondo chi scrive, la scelta di Spalletti (similare a quella dell’andata, però con un Florendi di più) è stata poco comprensibile. O, comunque, non ha risposto alle attese del tecnico. Ha finito per ribaltare l’ottimo equilibrio difensivo palesato nelle ultime esibizioni. E non è un caso che, nel finale, proprio la posizione più larga di Perotti abbia causato le maggiori difficoltà al Napoli. Certo, stanchezza e squadre allungate hanno pesato. Ma ha pesato di più, lungo tutta la partita, l’assenza delle accelerazioni vere di due esterni realmente esterni. Sotto, il campetto medio posizionale della Roma.
Il 4-2-3-1 della Roma, con gli esterni offensivi molto vicini alla zona occupata da Dzeko. Piuttosto che attaccare il Napoli sui lati, Perotti ed El Sharaawy hanno stretto verso il centro. La situazione difensiva migliore per il Napoli.
L’altro accorgimento di Spalletti è stato il tentativo di ricreare veri e propri duelli individuali a centrocampo. Il 4-2-3-1 è un sistema similare al 4-3-3, soprattutto nel caso in cui (come per De Rossi) il centromediano possa agire anche da in terno. In questo modo, Nainggolan poteva retrocedere in marcatura su Jorginho e insieme svolgere anche il ruolo di disturbatore offensivo a tutto campo. Sotto, un frame della partita che mostra chiaramente le intenzioni di Spalletti.
Le coppie a centrocampo in fase di impostazione bassa del Napoli. Nainggolan a uomo su Jorginho, Strootman che tiene d’occhio Hamsik e De Rossi vicino a Rog.
In un contesto del genere, con la Roma riscritta da Spalletti – rispetto alle ultime uscite – in modo da creare parità numerica in diverse zone di campo, diventano fondamentali le prestazioni difensive e individuali dei due centrocampisti centrali e mezzo. In fase di impostazione, la media di passaggi riusciti del trio Nainggolan-Strootman-De Rossi è di poco superiore al 77%. Con Capitan Futuro che arriva fino all’84%. In tutto, quattro passaggi chiave. Troppo poco in fase di costruzione per poter creare problemi reali al Napoli.
I dati della fase difensiva dicono invece che i tre centrocampisti della Roma mettono insieme 19 eventi difensivi, di cui solo 9 sono di Strootman (nettamente il migliore del lotto). Molti di più di quelli dei centrocampisti del Napoli (12 in tutto), sintomo di una partita più reattiva che proattiva. Nonostante, al 90esimo, il possesso palla sarà favorevole ai giallorossi (55%-45%). Il punto è proprio questo. In una partita fondamentalmente equilibrata, la differenza sta soprattutto nella qualità delle giocate che costruiscono l’azione offensiva. Il coraggio, l’ha definito Spalletti nel postpartita. Quello che non è mancato al Napoli, nell’insistere sulle sue caratteristiche storiche dopo tre sconfitte in quattro partite. Quello che non è mancato al reparto mediano azzurro: 82% di pass accuracy e 7 key passes. Di cui 5 solo di Marek Hamsik. Che, dopo due partite di appannamento, è tornato ai (sontuosi) livelli di questa stagione.
Il finale
Proprio l’uscita dal campo dello slovacco ha rappresentato un momento chiave della partita. Prima dell’80esimo, la Roma ha tirato 17 volte verso la porta. Di queste 17 conclusioni, 10 non sono state ribattute dai difensori. Di queste 10, solo 2 sono entrate nello specchio della porta. Sotto, la rappresentazione grafica di tutte le conclusioni finite, ovvero non ribattute dai difensori del Napoli.
Questi numeri dimostrano che il Napoli ha risolto, almeno fino all’80esimo minuto, il suo più grande problema difensivo: concedere agli avversari conclusioni facili da concretizzare. Il fatto che calciatori importanti come quelli della Roma abbiano centrato la porta in sole due occasioni in 80′ vuol dire che la giornata dei giallorossi non è stata delle migliori. Ma identifica anche una partita di grande concentrazione difensiva da parte del Napoli. È un giudizio che possiamo “leggere” anche nei 7 tiri respinti.
Dalla sostituzione dello slovacco fino al termine della partita, il Napoli ha concesso due conclusioni nello specchio, un palo e un tiro alto. Frutto della pressione alta della Roma, cero. Ma anche di una difesa che aveva perso riferimenti interni, per uscire palla al piede (le ripartenze ragionate di Hamsik), ed esterni, con la Roma che si schierava con due esterni veri e più uomini ad attaccare l’area.
Conclusioni
Se all’andata Sarri aveva perso la sfida tattica con Spalletti, contando anche su episodi favorevoli, il match di ritorno ha avuto uno sviluppo similare. A favore, però, di un Napoli concentrato, attento. Bravo ad adattare il suo solito gioco di possesso alle caratteristiche dei giocatori schierati da titolare Mertens su tutti, e alle difficoltà della Roma (Fazio in primis). Lo dicono i dati: i 13 cross degli azzurri, dato “normale” (22 quelli della Roma) fanno il paio con i 14 key passes in verticale.
Partite simili, si diceva, ma con quale differenza. Più netto il senso di superiorità del Napoli al ritorno, più fortunata la squadra azzurra nel finale dell’Olimpico. La super-parata di Reina, con l’aiuto della traversa, pesa molto di più dell’errore in appoggio di Koulibaly all’andata.
Resta, però, che il tecnico azzurro è riuscito a venir fuori dall’Olimpico con un certo sentore di consapevolezza. Il Napoli è una squadra che non ha smarrito identità e smalto; che non ha rotto il filo del suo gioco; che riesce anche a contro-rispondere a chi, timoroso della sua forza, gioca sulle sue debolezze storiche. Il match con la Roma è la migliore risposta preventiva per il Real Madrid. Ovvero, la prima squadra che giocando sul Napoli era riuscita a disinnescare – con la qualità – il gioco di Sarri. Tre settimane e tre schiaffoni dopo, il Napoli è ancora in piedi.
Anzi, forse è anche più forte sulle gambe: la Roma ha una qualità assoluta altissima, forse anche superiore a quella degli azzurri. Ha provato a giocare addosso alla squadra di Sarri, è rimasta scottata soprattutto nel primo tempo. È rimasta scottata da questa scelta. Potrebbe essere un turning point nella nostra crescita.