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Per la Procura Figc, Agnelli sapeva degli striscioni su Superga. Disse a D’Angelo: “Bucci è un ciuccio, lo hanno beccato”

ESCLUSIVA, LE CARTE INCHIESTA PROCURA FIGC – «Bucci e D’Angelo introdussero gli striscioni nello stadio, furono beccati dalle telecamere di sorveglianza. Agnelli era tutt’altro che inalberato al telefono».

Per la Procura Figc, Agnelli sapeva degli striscioni su Superga. Disse a D’Angelo: “Bucci è un ciuccio, lo hanno beccato”
Uno dei due striscioni su Superga esposti al derby del febbraio 2014

Le carte dell’inchiesta della Procura Figc

È vero, la notizia del provino alla Juve di un giovane Bellocco, cognome pesante a Rosarno e dintorni, Piana di Gioia Tauro, era già uscita. E poi uno potrebbe sempre dire che la colpa dei padri non deve ricadere sui figli. Un “provino” fu chiesto, per esempio, nel 1994 anche dai fratelli Graviano di Brancaccio, esponenti di punta dei Corleonesi coinvolti nella strategia stragista di Cosa Nostra, al Milan, attraverso Marcello Dell’Utri. Il prescelto era un promettente centrocampista offensivo Gaetano D’Agostino.

Dunque, anche se già filtrata, la storia di Mario Bellocco e la raccomandazione arrivata al direttore della Juve, Marotta, nelle diverse carte delle inchieste sulla Juve, la curva e la ndrangheta, si racconta anche questa storia a mo’ di esempio «dello stretto legame fra Rocco Dominello e Fabio Germani e i vertici della Juventus».

Gli striscioni su Superga

Un rapporto che sfiora il masochismo, sembra di capire leggendo gli atti. Ricordate la indicibile vicenda dei fuochi pirotecnici e degli striscioni inneggianti alla sciagura di Superga (quando l’aereo che riportava a casa la squadra del Torino precipitò), portati nella curva in occasione del derby dai dirigenti della Juventus?

Nella relazione di polizia giudiziaria sul derby Juventus-Torino del 23 febbraio 2014 si legge che «gli striscioni clandestinamente introdotti, pur nella consapevolezza che la loro esposizione avrebbe comportato una salata ammenda per la Società, inneggiavano alla tragedia di Superga e comportarono il sanzionamento della Juventus da parte del giudice sportivo, con una ammenda di 25.000 euro».

Agnelli dice di Bucci: “Ale sei un ciuccio, ti hanno beccato”

Alessandro D’Angelo e Raffaele Bucci (poi suicidatosi, ndr), «al fine di evitare lo sciopero del tifo ed eventuali ritorsioni nei confronti della propria Società di appartenenza, si prestarono a introdurre personalmente, all’interno dello stadio, degli zaini contenenti striscioni e fumogeni, così eludendo la sorveglianza delle forze dell’ordine».

Tale “condotta” fu però ripresa dalle telecamere di sorveglianza come dimostrato dalla conversazione del 25 febbraio del 2014 nella quale, per l’appunto, «D’Angelo informa Bucci che ė stato beccato e gli riferisce che il Presidente l’aveva apostrofato con la frase “Ale sei un ciuccio, ti hanno beccato”. Per altro – annota il procuratore federale Pecoraro – il presidente Agnelli era perfettamente a conoscenza dell’introduzione di materiale vietato all’interno dello stadio perché di ciò informato dal D’Angelo con il quale risulta intrattenere un rapporto personale di amicizia oltre che rapporti di natura professionale».

“Sono dei coglioni”

Sapeva, Agnelli. Il 23 febbraio del 2014 il presidente Agnelli è al telefono con D’Angelo. È appena finito il derby. E il Security Manager della Juve racconta che gli ultras non avevano mantenuto i patti nonostante gli zaini con gli striscioni e i fuochi pirotecnici. «Il presidente Agnelli si limitava a rispondere “ma no no sono dei coglioni” senza altro commento, con ciò dimostrando di essere perfettamente al corrente dei rapporti fra i propri collaboratori ed esponenti del tifo organizzato e della malavita, gestiti al fine di assecondare i tifosi».

Uno dei due striscioni esposti dagli juventini nel derby del 23 febbraio 2014. Per la Procura Figc, la Juve autorizzò gli striscioni

Interrogato, Agnelli addebita ogni responsabilità a D’Angelo

Il 16 febbraio scorso (2017), Andrea Agnelli chiede di essere sentito dalla procura federale e a proposito della vicenda del derby con il Torino, «addebita la responsabilità della introduzione ddi gli zaini al solo D’Angelo, sostenendo: “Mi inalberai molto e gli dissi che quel che era accaduto non avrebbe dovuto più verificarsi”. Al di là del fatto – scrive la Procura – che la riferita arrabbiatura ė smentita dal tenore delle telefonate intercettate, non v’è chi non veda come il semplice inalberarsi a fronte di tanto improvvida quanto pericolosa e autolesionistica condotta, come già detto, non costituisce di certo condotta consona di colui che, in qualità di Presidente rappresenta la società e riveste una posizione di garanzia, viene a sapere che un proprio dipendente ha commesso un fatto di tale gravità che avrebbe potuto certamente condurre a risvolti di natura penale e a conseguenze ben più gravi».

Agnelli non ha mai denunciato né allontanato i suoi collaboratori

Ma c’ė una considerazione generale che inchioda Agnelli. Nell’atto di deferimento al Tribunale sportivo, il procuratore Pecoraro scrive: «Ulteriore conferma del fatto che il Presidente non solo fosse consapevole dei rapporti strutturati e delle concessioni fatte in favore dei gruppi del tifo organizzato e di esponenti malavitosi, ma che acconsentiva a tale condotta, è la circostanza che il Presidente della società non ha mai denunciato tali condotte alle Autorità – statuali e di settore – competenti, né ha mai allontanato dalla compagine sociale i propri collaboratori e dipendenti che attuavano questo sistema».

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