ilNapolista

Juventus ultras ‘ndrangheta, Andrea Agnelli rischia la decadenza

La Juventus sa che la violazione dell’articolo 12 è certa: uno o due anni di decadenza A livello penale, la “non cosapevolezza” ha evitato ad Agnelli l’avviso di garanzia.

Juventus ultras ‘ndrangheta, Andrea Agnelli rischia la decadenza
Andrea Agnelli al San Paolo

Le continue rettifiche della Juventus

Giurava, il presidente Andrea Agnelli, di non aver mai incontrato boss mafiosi. E durante i primi giorni dello scandalo della inchiesta torinese sulla curva della Juve e i suoi rapporti con la ‘ndrangheta, il giovane presidente della “Vecchia Signora” scriveva su Twitter: «Quello che leggo ė tutto falso, è tutto falso».

Poi i suoi legali hanno cominciato a riconoscere che effettivamente degli incontri con gli ultrà c’erano stati (riconoscendo nei fatti la violazione dell’articolo 12 della “legge” sportiva). E infine che sì, il presidente della Juve aveva incontrato Rocco Dominello, «ma non da solo».

Mamma mia quante rettifiche in corso d’opera. Ben sapendo, gli avvocati di Agnelli e della Juve, di aver imboccato così la strada della decadenza di Andrea Agnelli da presidente della società calcistica torinese. Perché è questo che prevede la “legge” sportiva. Fosse anche per un solo anno, o due, per la Juve sarebbe comunque uno smacco, una disonorevole medaglia che si va ad aggiungere a calciopoli: condotta antisportiva, bagarinaggio, profitti per ultras e malavitosi in cambio della pax nelle curve.

La “non consapevolezza” ha evitato il coinvolgimento penale

Ma se così è, perché la Procura di Torino, che sospetta Rocco Dominello di essere il rappresentante torinese della famiglia della ‘ndrangheta Pesce-Bellocco di Rosarno, Piana di Gioia Tauro, non ha indagato Agnelli o la dirigenza della Juve per riciclaggio?
Auditi dalla commissione Antimafia a palazzo San Macuto, i due pm torinesi Monica Abbatecolo e Paolo Tosi hanno ammesso in sostanza di non aver trovato la prova per dimostrare che Agnelli e la Juve fossero consapevoli che i loro interlocutori nella gestione dei biglietti della curva fossero esponenti della ‘ndrangheta.

Andrea Agnelli deve ringraziare la non «consapevolezza» e una sterzata garantista della procura di Torino che ha deciso di graziare la Vecchia Signora.

Per la giustizia sportiva conta l’intreccio con gli ultras

Ma l’Antimafia e la giustizia sportiva si muovono su altre lunghezze d’onda. Gli elementi emersi finora sono sufficienti per aprire un processo alla Juve. Il gruppo di lavoro mafia e sport coordinato dal commissario di San Macuto, Marco Di Lello, vuole indagare sugli intrecci tra ultras, società sportive e criminalità organizzata. A gennaio ha sentito i due pm torinesi che, sebbene tormentati dal dubbio sulla «consapevolezza», anzi sulla non consapevolezza di Agnelli della natura criminale e ‘ndraghetista della organizzazione di Rocco Dominello, hanno proposto uno scenario che racconta di un accordo consapevole di collaborazione tra Juve e Dominello.

La commissione Di Lello ha poi convocato i magistrati di Catania per la compravendita delle partite e anche il procuratore di Napoli in uscita, Giovanni Colangelo, che ha assicurato che rapporti tra camorra e Napoli calcio non sono (finora) emersi. I commissari di San Macuto si sono concentrati sulla Juventus, e hanno convocato il prefetto Giuseppe Pecoraro, procuratore della Federcalcio, e l’avvocato Chiappero, legale della Juve. E ora aspettano di sentire anche Andrea Agnelli.

Il tarlo della «non consapevolezza» ha convinto i commissari di San Macuto a voler andare fino in fondo nella loro indagine. Dalle carte torinesi emerge il sospetto che il business del bagarinaggio, della vendita dei biglietti sia servito alla ‘ndrangheta a finanziare le famiglie dei detenuti e a comprare partite di droga.

Tutto è cominciato con un biglietto pagato 620 euro

Questa storia era iniziata con la denuncia di un cittadino svizzero che si lamentava di aver comprato un biglietto per Juve-Real Madrid pagandolo ben dieci volte in più: 620 euro. Intercettazioni telefoniche, testimoni anzi, indagini a tutto campo. E lo scenario che gli investigatori hanno delineato racconta di un accordo molto stretto che risale al campionato 2012-2013 fino al 2015 tra dirigenti della Juve e personaggi del mondo degli ultras. Sembra che sia stato l’allora allenatore della Juve, Antonio Conte, a chiedere un intervento risolutivo al presidente Agnelli per normalizzare le curve sofferenti.

C’è anche un suicidio

C’è anche un suicidio in questa storia. È quello del capo degli ultras Raffaele Bucci, che si è tolto la vita dopo essere stato interrogato. Lo aspettava un altro incontro ravvicinato con gli inquirenti e investigatori che indagavano sulla cosca dominante di Taranto, quella dei Crea. Sembra essere passato un secolo. A difendere la Vecchia Signora sono scesi in campo i poteri forti del calcio, i parlamentari che contano. Tutto un mondo destinato a uscire di scena.

ilnapolista © riproduzione riservata