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L’affaire Juve-‘ndrangheta è grave. Ma intercettare Agnelli col suo avvocato è orribile

C’è un limite anche per il tifoso: non è un cavillo, ma la violazione di un fondamentale principio di civiltà giuridica. Non servono queste scorciatoie per smascherare lo stile Juve

L’affaire Juve-‘ndrangheta è grave. Ma intercettare Agnelli col suo avvocato è orribile
Andrea Agnelli

Cosa sarebbe accaduto col Napoli coinvolto

L’ affaire Juve – Ndrangheta è grave, serio e preoccupante. Nel silenzio quasi generalizzato della stampa nazionale si consente invece, ancora una volta, ai vertici bianconeri di minimizzare e reagire con arrogante impudenza. Non oso immaginare che cosa sarebbe accaduto se fosse rimasto coinvolto il Napoli dentro una storiaccia del genere, ci avrebbero invaso centinaia di inviati per raccontare al mondo di pizza, camorra e pallone. L’anti-juventinismo è uno stato d’animo diffuso che va rispettato e compreso perché ha una sua ragione di essere antica e motivata.

Una vicenda da raccontare

Sarebbe ipocrita nascondere quanto può farci godere vedere Agnelli & c. sfilare davanti alla Commissione Antimafia per i rapporti intrattenuti con esponenti della più efferata e potente delle organizzazioni criminali operanti sul territorio nazionale, quasi come un autogol di Chiellini al novantesimo. Si ha il dovere di raccontare e spiegare questa vicenda, soprattutto perché troppi non lo fanno e bisogna ringraziare il Napolista che lo sta facendo con rigore ed equilibrio.

Ma c’è un limite a tutto

Ma c’è un limite a tutto e mi fa orrore leggere del contenuto di conversazioni intercettate – abusivamente – tra Andrea Agnelli ed il suo avvocato. La passione del tifoso e persino il diritto/dovere di cronaca devono fermarsi di fronte ad un fondamentale principio di civiltà giuridica che dovrebbe sempre contraddistinguere la cultura giudiziaria ed investigativa di uno stato liberale e democratico.

Quanto si dicono tra loro i difensori ed i loro assistiti, in qualsiasi modo e in qualsiasi contesto, deve rimanere segreto e non può mai rappresentare – per nessun altro – una forma di conoscenza, diretta o indiretta, dei fatti su cui si indaga.

Un divieto sancito da regole processuali e costituzionali

Non si tratta di un cavillo ma di un divieto assoluto sancito da regole processuali e costituzionali, troppo spesso violate da investigatori scorretti e giornalisti spregiudicati. Il rispetto di queste regole rappresenta un dovere inderogabile per tutti, a prescindere da chi ne possa beneficiare. D’altronde non servono queste scorciatoie per scoprire quanto il leggendario stile Juve appartenga più ai luoghi comuni ed alla informazione servile che alla realtà.

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