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Addio a Gigi Mannelli il cucciolo del settebello olimpico

Giocò alle Olimpiadi di Melbourne a 17 anni, fu oro a Roma nel 196o con la Nazionale di pallanuoto e contribuì nel 1958 al primo scudetto della Canottieri Napoli.

Addio a Gigi Mannelli il cucciolo del settebello olimpico
La Nazionale di pallanuoto che vinse l'oro olimpico a Roma - foto tratta dal sito waterpoloitaly.com

Il cucciolo a Melbourne

A Melbourne – Olimpiade del 1956 – era il cucciolo della squadra, diciassette anni e un velo di malinconia che offuscava il sorriso di eterno fanciullone che ha conservato fino a che il male non lo ha costretto a reclinare il capo. E, infine, ad uscire di scena. È accaduto ieri a tarda sera; era ricoverato all’ospedale Pellegrini. Aveva 77 anni e fino a qualche mese fa è stato un assiduo frequentatore della piscina del “suo” unico team: la Canottieri Napoli. Lui, oro olimpico a Roma col Settebello, solo quest’anno aveva rinunciato a partecipare alla partita che le vecchie glorie giocano con i campioni in carica per festeggiare il compleanno del sodalizio: non lo vedemmo e fu come un triste presagio.

Quando la Canottieri era una grande famiglia

Un grande Gigi, un grandissimo, dotato di una classe e di una acquaticità paragonabile solo a quella di Fritz Dennerlein l’altro dioscuro giallorosso. Quando la Canottieri Napoli era una sorta di grande e allegra famiglia pallanuotistica, si potrebbe dire: lo scudetto del 1958, il primo della storia giallorossa diventata gloriosa con la conquista venti anni dopo della Coppa dei Campioni, lo vinse la squadra nella quale giocavano i fratelli Dennerlein, i fratelli Mannelli, i fratelli De Stefano e, infine, Fofò Buonocore che ha fatto ancora meglio allevando in casa un altro grande difensore, suo figlio Fabrizio che ancora oggi, a 40 anni, è la colonna e la bandiera della squadra. Altri tempi, altre emozioni, la piscina non era quella splendida di oggi, ma una baracca di legno al centro della baia del Circolo e per la doccia si utilizzava il sapone di piazza che nessuno ha mai capito con quali ingredienti era confezionato.

Mannellino

Per tutti è stato Mannellino e basta, il cucciolo di casa, anche quando si laureò ingegnere e continuò a lavorare nell’impresa messa su dal padre che ha collaborato con i più titolati immobiliaristi del tempo, compreso Corrado Ferlaino. Gigi è stato, come usa dire, un pezzo di pane, e dovette pagare dazio subito alla sua mancanza di malizia. Accade a Melbourne quando venne accusato, pensate, di aver rubato il posto in squadra al fratello maggiore, Maurizio al quale era legatissimo al punto da considerarlo il suo vero allenatore in acqua. Anche se ha avuto il privilegio di avere come “maestro” Bandy Zolyiomy un giramondo gitano al quale Napoli e l’Italia pallanuotistica deve moltissimo.

La bugia

A Bandy bastò vederlo giocare una sola vola, al termini disse: Gigi vieni con me. E lo portò a Melbourne dove, però, gli mollarono un colpo basso al quale lui, inesperta mascotte, non seppe reagire. Fu accusato di aver “rubato” il posto in squadra al fratello Maurizio. L’accusa che non stava in piedi né moralmente né tanto meno tecnicamente perché Maurizio era un difensore universale – come Paolo Maldini per intenderci – mentre lui era un attaccante dotato di un braccio fenomenale per potenza ed eleganza. Un braccio che gli valse tre titoli da capocannoniere e tantissime altre gioie. Gigi, però, non seppe reagire, ma l’abbraccio di Maurizio lo ricompensò della cattiveria subita. Ora siamo qui a piangere la sua scomparsa e l’unica cosa che ci viene da dire è la più banale ma la più autentica: se Maradona avesse saputo giocare anche in acqua, si sarebbe ispirato a Gigi Mannelli.
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